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Repubblica: Ha mille occhi e si è fatto da solo. Così i bambini raccontano dio

In un volume le testimonianze dei piccoli cristiani, ebrei e musulmani delle scuole di Roma Tra candore e buffe definizioni i piccoli alunni raccontano la loro visione delle tre religioni

20/11/2008
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la Repubblica

A Roma, come altrove, bastano pochi chilometri per attraversare i millenni

MARIA NOVELLA DE LUCA

«In principio era il Verbo. Di un bambino». C´era una volta cioè la creazione del mondo, vista da sotto in su, da chi è poco più alto di un metro e della vita deve ancora scoprire tutto. A cinque, sei, sette anni, quando nulla è improbabile: né che Dio sia nato con le parole, né che assomigli a Giulio, il tuo compagno di banco, e nemmeno che l´arca di Noè altro non sia che uno Zoo Marine dell´antichità... Perché se a parlare di Dio sono i bambini, cristiani, ebrei, musulmani, tutto sembra davvero più semplice. Il perdono, la colpa, il peccato, il Ramadan, Adamo ed Eva, l´amore e San Francesco, la Bibbia, la Torah, il Vangelo, indossare l´hijab o la kippà. E se il concetto di divinità può sembrare troppo grande, addirittura schiacciante a volte, basta ascoltare Jonatan, che ha sei anni e frequenta la scuola ebraica di Roma. «Il Signore - dice Jonatan rispondendo alla maestra (la morà) Giuditta - è grande e non si può disegnare... perché nel foglio non ci sta». E c´è tutta la semplicità dell´origine del pensiero religioso in questa frase di Jonatan, che è anche il titolo del libro scritto da Gualtiero Peirce per la casa editrice Einaudi (da ieri in libreria) un intenso reportage nelle tre scuole elementari confessionali di Roma. L´ebraica Vittorio Polacco, nel cuore del centro storico, a pochi passi dalla sinagoga, quella musulmana-integrativa nei locali della moschea El Fath, e l´istituto cattolico Antonio Rosmini, in un grande parco sulla via Aurelia. In "religioso" silenzio Peirce ha passato oltre cento ore ascoltando i bambini delle tre grandi fedi monoteiste discutere di Dio e dell´assoluto. Un lavoro immenso, una miniera di racconti, confluiti prima in un film documentario e adesso in un libro, dove con comicità e profondità quelle distanze che agli adulti sembrano abissali, vengono risolte dai bambini con trovate buffe, inedite, a volte incredibili.
Con delicatezza Peirce affronta un tema spinoso, quello delle scuole confessionali, spesso viste e considerate come il primo elemento di disturbo alla laicità dello Stato, e che invece sono una realtà radicata e crescente in tutto l´Occidente. Non solo gli istituti cattolici, con i loro 250mila alunni, ma le tredici scuole ebraiche di Roma, Milano, Torino e Trieste, e la galassia delle scuole-integrative islamiche, diffuse capillarmente in tutta Italia, e che i bambini della comunità frequentano oltre alle elementari pubbliche, il sabato e la domenica. Racconta Peirce, che è giornalista, autore e regista televisivo: «Ho passato quasi un anno con questi bambini, cercando di rendermi invisibile e senza mai manipolare quello che vedevo e sentivo. Mi hanno fatto capire quanto siamo tutti uguali prima di diventare diversi. Ci sono bambini che vanno a scuola nello stesso momento, nella stessa città, ma... a migliaia di anni di distanza. A Roma, come in tante altre metropoli del mondo, bastano pochi chilometri per attraversare i millenni». E se la scuola ebraica, ragiona Peirce, «è la scuola di un popolo, quella nella moschea è il luogo d´incontro di una comunità di figli che arrivano da ogni parte del mondo, i cui genitori cercano di mantenere viva lingua e identità religiosa». Non molto dissimile in fondo da quanto avviene nella scuola cattolica, dove suore e maestre, ispirandosi al pensiero del filosofo e sacerdote Antonio Rosmini cercano di portare i bambini del terzo millennio all´incontro con Dio attraverso le tre "strade" della fiducia, dell´amore, e della gioia. Poi però nelle parole dei più piccoli è la risata che prevale: Dio per Sara, ad esempio, è una sorta di amico di matita a cui si possono dire i segreti. Khaled confessa invece che per non sentire i morsi del digiuno nel Ramadan gioca al computer, così mescolando candidamente sacro e profano, storia e futuro.


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