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"Mascherine e 170 mila litri di gel Così i ragazzi torneranno a lezione"

Domenico Arcuri . Il commissario per l'emergenza: "Vergognose le speculazioni denunciate dall'Anticorruzione"

22/08/2020
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La Stampa

marcello sorgi

roma

Commissario Arcuri, che effetto le fa l'indagine dell'Anac, l'Autorità anticorruzione, che denuncia rialzi nel prezzo dei camici tra Legnano e Lodi, in Lombardia, fino al 339 per cento? Un copricalzare a Genova costava allo Stato 0,03 euro a Genova e 1,28 a Foggia. L'emergenza Covid non è ancora finita e già si scopre che per qualcuno è stata un affare.

«Ho già detto che si tratta di vergognose speculazioni e che la libertà del mercato ha un limite insormontabile: il diritto alla salute dei cittadini. Da sempre aleggia nella storia delle emergenze la consapevolezza o il sospetto che siano un grande affare per pochi a scapito della vita di molti. Non a caso da quando mi sono insediato e mi sono trovato ad acquistare dispositivi di sicurezza o strumenti di cura, tutte le volte che ho potuto l'ho fatto attraverso lo strumento delle gare europee. Gare accelerate, che sono garanzia di tracciabilità e trasparenza. E non ero obbligato a farlo».

Anche se non sempre garantiscono velocità. S'è visto con le mascherine, rispetto alle quali lei s'è impuntato sul prezzo, provocando polemiche e file nelle farmacie, ma alla fine l'ha avuta vinta e adesso si trovano a 50 centesimi.

«Al di là delle polemiche, delle quali, se vuole, possiamo parlare, io anche nei momenti più drammatici, quando facevamo fatica a trovare le mascherine per i medici e i ventilatori per i pazienti da mandare in terapia intensiva, agli appalti che abbiamo fatto ho applicato la regola ferrea che non si davano acconti. Chi li ha dati, qualche volta non ha ricevuto i dispositivi che aveva ordinato, e li ha persi. Sono ancora convinto che la mia sia la regola migliore».

L'Anac dice che anche nella circostanza drammatica dell'emergenza Covid ci sono state 37mila stazioni appaltanti. In Francia, alle prese con la stessa pandemia, solo 1100. Non è tutto lì il problema?

«L'Anac dice una cosa molto giusta. Aggiungerei che il proliferare della spinta verso il federalismo non ha prodotto alcun beneficio al nostro sistema di acquisti pubblici. Specie in una circostanza drammatica come questa».

Ma con il senno di poi, visto che lei stesso ammette che ci sono stati momenti in cui eravate a corto di mascherine, almeno su quelle non sarebbe stato meglio glissare, in attesa di mettere a punto la macchina produttiva?

«Guardi, una mascherina costa a chi è bravo 12 centesimi e a chi lo è meno 20. Nel momento più difficile, all'inizio dell'emergenza, in Italia non le produceva nessuno e si vendevano anche a 5 euro. E poi parliamo di speculazione! Io ho imposto il prezzo a 50 centesimi e sono stato accusato da economisti liberisti di voler fare dello statalismo. Sono passati due mesi, ormai ne produciamo 30 milioni al giorno, si trovano nelle farmacie, nei supermercati, nelle tabaccherie, siamo in grado di accontentare tutto il fabbisogno e

anche di darle ai Paesi che sono in difficoltà. I liberisti non li ho più sentiti, tranne uno, ora si sono azzittiti».

Commissario, ma adesso ci risiamo.

«In che senso, scusi?».

Con la scuola, i banchi monoposto ordinati in ritardo, l'apertura fissata inderogabilmente il 14 settembre. È sicuro di farcela?

«Certamente sì. Stiamo facendo di tutto per essere pronti alla scadenza del 14 settembre».

Sarà, Commissario Arcuri, ma in Italia l'apertura dell'anno scolastico si trascina per settimane, e lei mi vorrebbe far credere che giusto stavolta, con tutti i problemi che ci sono, sarà una perfezione.

«Posso già dirle che ad oggi noi siamo pronti per distribuire 11 milioni di mascherine al giorno e 170 mila litri di gel igienizzante la settimana nelle scuole. Lunedì comincerà il test sierologico gratuito per tutto il personale docente e non docente, a cura dei medici di base. La loro collaborazione, della quale sono certo, sarà fondamentale per la riapertura delle scuole in sicurezza. E tra poco partirà la distribuzione dei nuovi banchi. Ma anche in questo caso, conosco l'obiezione: non potevate pensarci prima?».

Appunto: non potevate pensarci prima?

«La domanda ha due risposte. Una tecnica: dovevamo o no fare la gara? Secondo me, e anche secondo i liberisti, era fondamentale farla. Tutti dicevano di no, che sarebbe andata deserta e nessuno avrebbe partecipato. Invece l'abbiamo fatta e si sono presentate 14 aziende. Undici stanno realizzando i banchi. Sono tutte aziende italiane o dell'Unione europea. Sempre a proposito di polemiche inutili, nessun banco cinese. Poi dovevamo soddisfare tutte le richieste dalle Regioni. In Italia si producono duecentomila banchi l'anno, e noi ne abbiamo trovato due milioni e mezzo in due mesi. Il Trentino ci ha chiesto il 12 per cento dei banchi, il resto lo riutilizzerà. La Val d'Aosta l'8 per cento. Il Veneto il 15 per cento. L'Emilia-Romagna il 16. La Campania il 61. La Sicilia il 69. Dall'analisi di queste differenze viene la risposta politica: se qualcuno ha anche deciso di rifare gli arredi scolastici cogliendo l'occasione del Covid, io che ci posso fare? Trovarglieli».

In base a questi dati, qual è la sua previsione più attendibile per il 14 settembre?

«Le cose andranno bene, considerando il tempo a disposizione e la dimensione di quest'operazione: due milioni e mezzo di banchi da mandare in 43mila scuole, dall'inizio di settembre ed entro la fine di ottobre».

Quindi ci sarà una gradualità. E nell'attesa le scuole che aspettano i banchi, che faranno?

«Su consiglio del Comitato tecnico-scientifico, adopereranno il distanziamento».

Commissario Arcuri, insisto: da sempre in Italia la riapertura delle scuole avviene in un caos. Lei garantisce che quest'anno non sarà così. Questo vuol dire che mette la mano sul fuoco sugli oltre ottantamila insegnanti che la ministra Azzolina dovrebbe assumere per tempo?

«Ci mancherebbe. E anche sui nuovi spazi che i sindaci dovrebbero trovare per assicurare il distanziamento degli alunni».

Ma si rende conto di cosa vuol dire riaprire le scuole? Centinaia di migliaia di ragazzi che tornano in classe, altrettanti genitori che, nel caso degli adolescenti, si organizzano per andarli a prendere e lasciare.

«È chiaro che me ne rendo conto, sennò che ci sto a fare?».

E se le cose vanno bene, come dice lei, nel senso che grazie alle regole da seguire e ai supporti per l'emergenza che lei si appresta a fornire, i contagi non risalgono o non risalgono in modo allarmante, dopo qualche giorno si potrà dire che l'emergenza è finita? Se i ragazzi vanno a scuola e si comportano diversamente da come hanno fatto quest'estate nelle discoteche, perché i genitori non dovrebbero tornare al lavoro?

«No, mi dispiace, la sua domanda la capisco, ma la risposta è no. Un no secco, e immagini quanto mi costi dirle così. Se il ritorno a scuola, come tutti ci auguriamo, andrà bene, avremo fatto un passo decisivo verso il ritorno alla normalità. Perché la normalità è questa: i ragazzi che vanno a scuola e il pomeriggio stanno a casa a studiare, e i genitori che gradualmente possono tornare al lavoro. Ma la vera normalità, me lo lasci dire, si raggiungerà, speriamo presto, quando miliardi di dosi di vaccino anti-Covid potranno essere somministrate, magari gratuitamente e proprio a partire dalle persone più deboli e dalle scuole. Allora, questa storia terribile di un Paese come l'Italia, che era secondo nella diffusione della pandemia, e grazie agli sforzi di tutti è diventato sedicesimo, potrà dirsi finita. E tutti potremo tirare un sospiro di sollievo». —


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