Manifesto: Movimenti uniti contro la crisi
Studenti, ricercatori e professori precari, movimenti per la casa, migranti e centri sociali. Il tentativo (riuscito) di ricostruire uno spazio comune con il sindacato
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Roberto Ciccarelli
ROMA
Covavano diritti, non violenza. Lo slogan che spiccava ieri su uno degli striscioni di Action, oltre che su centinaia di magliette indossate da migranti, è stata la risposta a chi per un lunghissimo istante ha sperato che il corteo Fiom si trasformasse in un riot metropolitano. L'unico retaggio degli anni Settanta è stato quello del ministro del Lavoro Sacconi quando ha immaginato che il corteo del movimento di lotta per la casa, per i diritti dei migranti e dei centri sociali schierato dietro lo striscione «uniti contro la crisi» fosse popolato di «cose passate». «Lanciare strali contro questa manifestazione, che è politica e non solo sindacale, - ha spiegato Andrea Alzetta - è il solito vecchio schema. Noi invece diciamo al sindacato che non è più possibile difendere solo il lavoro dipendente garantito ma anche quello delle generazioni future e dei migranti».
Nemmeno il tentativo di denunciare una spaccatura tra gli eredi del movimento no-global - da un lato «pericolosi facinorosi» che tacciono e distruggono, dall'altro lato pacifici costruttori di volenterose idee - è tornato utile per comprendere lo spirito della nuova generazione di studenti medi e universitari, di ricercatori e docenti della scuola che ha composto il nutrito spezzone di diecimila persone partito di buon'ora dalla Sapienza dietro lo striscione «sapere bene comune».
E non era un'«accozzaglia» il corteo che ha aspettato più di tre ore prima di avanzare da piazza dei Cinquecento in direzione dell'Esquilino e di piazza San Giovanni, ma il risultato di un movimento che negli ultimi mesi si è mosso efficacemente contro il progetto di ridimensionamento dell'università pubblica e di precarizzazione del lavoro della conoscenza. Nessuna reminescenza del passato, come invece pensano i cinici laburisti passati tra le file della destra berlusconiana, ma al contrario prodotto della ricerca unitaria di un futuro diverso. «In questo paese vengono negate le garanzie sociali agli operai e a chi lavora con i saperi - ha detto Luca Cafagna, studente della facoltà di Scienze Politiche della Sapienza - Questa manifestazione è l'occasione per ricostruire uno spazio pubblico con il sindacato, con il movimento dei beni comuni, con quello studentesco. È ormai tempo di costruire un nuovo stato sociale per i lavoratori dipendenti e per quelli che non hanno le stesse garanzie».
In tutti i discorsi ascoltati dall'amplificazione ad «impatto zero» montata sul camion elettrico che avanzava a fatica tra le strade dell'Esquilino è tornata, pesante come un macigno, l'affermazione del presidente dell'Inps Antonio Mastropasqua secondo il quale i «lavoratori parasubordinati» non avranno una pensione tra 30 anni. La stragrande maggioranza dei partecipanti al corteo dedicato ai saperi e ai diritti sociali erano giovani iscritti alla gestione separata dell'Inps oppure lavoratori autonomi che hanno iniziato a lavorare prima del 1995 (anno di applicazione della riforma delle pensioni). «Fare come in Francia» è la loro risposta ad un problema epocale che tutti in Italia sembrano volere nascondere sotto il tappeto. I grandi scioperi francesi di questi giorni vedono liceali e pensionati chiedere l'allargamento delle garanzie sociali alle nuove forme del lavoro non garantito.
Ispirati da questo modello, i movimenti chiedono al sindacato un nuovo progetto di società e di sviluppo basato sul lavoro della conoscenza che metta finalmente sullo stesso piano i diritti del lavoro dipendente e di quello indipendente. «Il sindacato deve avere la forza di parlare con ciò che di nuovo si muove nella società - ha riconosciuto Francesco Sinopoli, componente della segreteria nazionale Flc-Cgil - l'università e la scuola sono l'avanguardia di un movimento che ieri è riuscito a rinviare la riforma Gelmini, ma che oggi dovrà affrontare il futuro di un'intera generazione».
A questa sfida culturale, prima ancora che politica, sarà dedicata l'assemblea organizzata stamattina nell'aula A della facoltà di scienze politiche della Sapienza alla quale parteciperanno tra gli altri il segretario Fiom Maurizio Landini e Gianni Rinaldini.
Il progetto, ambizioso, è quello di rompere l'egemonia del berlusconismo che ha investito il ceto medio e quello popolare, i garantiti e i non-garantiti attraverso un patto intergenerazionale che superi il conflitto tra i vecchi e i giovani, i bianchi e i neri. «Il percorso che abbiamo iniziato con la Cgil - afferma Luca Casarini - non è una semplice alleanza, ma la ricerca di un terreno comune tra istanze sociali e soggettività che spesso restano isolate. È importante che Landini abbia richiamato la necessità del reddito di cittadinanza, per noi è l'unico strumento per affrontare gli effetti di questa crisi che produrrà una crescita ridotta senza occupazione».
Altro capitolo è il problema fiscale che ai lavoratori autonomi, come a quelli parasubordinati, impone tassi alti «ai limiti della rapina e questo vale anche per il lavoro dipendente - continua Casarini - Non lo considero un problema corporativo, riguarda al contrario la redistribuzione della ricchezza».