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Londra, pronti bonus "ad hoc" per attrarre i ricercatori italiani

«We want you to stay», «Vogliamo che restiate». È il messaggio lanciato ieri da Jill Morris, ambasciatore britannico a Roma, che, a poche ore dalla separazione definitiva tra Regno Unito e Unione Europea, ha voluto rassicurare i circa 700mila italiani che vivono al di là della Manica

31/01/2020
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Il Messaggero

«We want you to stay», «Vogliamo che restiate». È il messaggio lanciato ieri da Jill Morris, ambasciatore britannico a Roma, che, a poche ore dalla separazione definitiva tra Regno Unito e Unione Europea, ha voluto rassicurare i circa 700mila italiani che vivono al di là della Manica. A suo dire, dalla mezzanotte di oggi, dopo 43 mesi di trattative, negoziati, crisi e passi indietro, per gli expat del Bel Paese cambierà ben poco. «La vita continuerà ad essere sostanzialmente la stessa di sempre», ha detto Morris in conferenza stampa a villa Wolkonsky, sua residenza capitolina. Una tranquillità che però riguarderà soprattutto gli immigrati altamente specializzati e cioé molti degli italiani che vivono in Uk. I nostri connazionali infatti compongono «la più numerosa comunità scientifica straniera impiegata negli atenei e nei centri di ricerca britannici» e quindi rappresentano il tipo di immigrati per cui Boris Johnson vuole mantenere aperte le porte del Regno. Non a caso, a differenza di gran parte degli aspetti pratici della Brexit che saranno definiti o ufficializzati negli accordi negoziali siglati nel periodo di transizione (dal 1 febbraio al 31 dicembre 2020), l'esecutivo inglese ha già predisposto un programma di visti dedicato alla comunità scientifica. «Le menti più brillanti» come le ha definite Priti Pratel, segretario di Stato di Sua Maestà che si è occupata della faccenda, beneficeranno di «procedure accelerate» e slegate «dalla necessità di avere una proposta di lavoro specifica». In pratica sfuggiranno al piano per l'immigrazione ispirato al modello australiano a cui starebbe lavorando il governo di BoJo e a cui saranno invece sottoposti tutti gli altri italiani che vorranno vivere e lavorare in Uk. Un sistema basato su dei punteggi che dal 2021 in poi permetterà al Paese di accogliere solo immigrati funzionali alla propria economia. 
LE AGEVOLAZIONIIn ogni caso, precisa l'ambasciatore a Roma, «i diritti di chi si trova già nel Regno Unito saranno tutelati» e «gli stessi diritti verranno acquisiti da quanti arriveranno nei prossimi mesi, fino alla fine di quest'anno». Non è invece chiaro cosa accadrà per gli oltre 16mila connazionali che nell'anno accademico in corso si sono iscritti agli atenei britannici. Sebbene per il momento questi non appaiano intimoriti dalla Brexit (le iscrizioni sono aumentate del 3%), c'è la possibilità concreta che dal prossimo anno le loro tasse lievitino. Dalle circa 9mila sterline all'anno necessarie oggi - le stesse dei colleghi britannici - potrebbero passare a circa 36mila come gli altri studenti extra Ue. Non solo, per gli universitari italiani ed europei dal prossimo settembre potrebbe anche manifestarsi un'altra occasione in meno dato che il Parlamento britannico ha appena detto no al prolungamento automatico del programma Erasmus. 
LO SCAMBIOLo scambio studentesco sarà uno dei tanti tasselli per i quali bisognerà trovare un posto nel periodo di transizione che si annuncia fitto di trattative. Per il momento, sottolinea Morris, sono stati «definiti i principi che riteniamo debbano sostenere la relazione futura» tra Unione Europea e Regno Unito e, nei prossimi giorni, BoJo «esporrà i dettagli della nostra posizione negoziale». Al biondo inquilino di Downing Street toccherà iniziare a fare chiarezza mantenendo come obiettivi quelli di «costruire una nuova partnership con l'Ue», «essere in prima linea nella promozione del libero commercio a livello globale», rappresentare «una forza positiva nel mondo difendendo i valori di democrazia e i diritti umani, e proteggendo l'ambiente». Il tutto, ha spiegato Morris, cercando di mantenere la «relazione speciale» esistente tra Roma e Londra su diversi fronti come sicurezza e ambiente (l'organizzazione della prossima Cop26 è condivisa) ma, soprattutto, su quello economico. E cioè continuare a lavorare insieme sulla scia di quanto di buono fatto negli ultimi anni che «non hanno smesso di essere proficui e prolifici» con gli scambi di beni e servizi che hanno raggiunto il valore di 44,5 miliardi di euro e quelli commerciali cresciuti del 3,4% nel 2018. Una formula vincente che, si spera, possa non allontanare troppo il Regno Unito dall'Europa. Anche perché «Storia, tradizioni e geografia continueranno a tenerci vicini». 
Francesco Malfetano


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