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La scuola a doppia velocità

Andrea Gavosto

03/05/2020
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La Stampa

Andrea Gavosto

La scuola riaprirà a settembre, con un'alternanza fra didattica in aula e online. L'intervento di ieri della ministra Azzolina era dovuto: dopo una reazione iniziale di grande disponibilità, il mondo della scuola si stava ingolfando in un dibattito senza costrutto sulla Fase 2. Il virus non si può spegnere per decreto e le scuole rischiano di essere focolai di una seconda ondata dei contagi, che si trasmetterebbero a insegnanti, genitori e nonni. La prudenza del governo è, dunque, giustificata: non scordiamoci che in Piemonte e Lombardia si è verificato il 7% dei decessi al mondo.
Rimane solo incomprensibile la scelta di non proseguire con la didattica a distanza fino a luglio, per rimediare in parte alle lacune causate dall'emergenza.
Come si riaprirà? Il punto fermo è che le dimensioni delle aule non consentono il distanziamento degli attuali allievi. Certo, si potranno trovare soluzioni intelligenti e creative per usare altri spazi: corridoi, palestre, cortili. Quasi impossibile, invece, fare in una sola estate lavori importanti sugli edifici. Rinnovare l'edilizia scolastica è necessario: ma chi ha avuto modo di provarci sa che servono risorse enormi e tempi lunghi.
Di fatto, occorrerà quindi dimezzare il numero di studenti in classe, che è in media di 20-21. Come farlo? Azzolina ha scartato i turni mattina-pomeriggio. Questa opzione avrebbe richiesto migliaia di altre nuove assunzioni, oltre alle 24 mila già deliberate, come già stanno chiedendo sindacati e forze politiche. In una riorganizzazione destinata a non essere permanente, è però preferibile ricorrere al lavoro straordinario, piuttosto che immettere – in maniera inevitabilmente poco selettiva – tanti nuovi docenti.
La soluzione scelta sembra, invece, essere che una parte della classe seguirà la lezione in aula, mentre gli altri lo faranno da casa attraverso le piattaforme digitali. Anche qui naturalmente i problemi non mancano. Chi va in aula e chi sta a casa? Si dà la precedenza agli studenti privi di connessione o con difficoltà scolastiche? I docenti saranno in grado di mantenere viva l'attenzione di chi sta a casa? Di sicuro, ci sarà il problema di conciliare le due modalità di seguire la lezione. Altre ipotesi sarebbero possibili, didatticamente più innovative e flessibili. In ogni caso, i docenti dovranno provare – ed essere aiutati – a cambiare le loro pratiche, lavorando di più in squadra, per evitare di riproporre in presenza e online sempre e solo lezioni di tipo frontale.
L'alternanza fra aula e casa riguarderà certamente gli studenti delle secondarie. Non è chiaro, invece, se i più piccoli siano destinati a ritornare tutti in classe. Farlo per gli allievi fino a 11 anni – come altrove in Europa – sarebbe ragionevole: non possono rimanere da soli a casa, la didattica a distanza con loro è poco efficace, rischiano meno di ammalarsi. Per quanto difficile, anche gli allievi con disabilità e quelli del tutto esclusi dalla didattica a distanza dovrebbero tornare al più presto.
Occorrono infine due altre condizioni, affinché la soluzione che sembra delinearsi funzioni. Tutti gli studenti dovranno essere messi in condizione di connettersi: i dati ufficiali non ci permettono oggi di sapere quanti siano stati esclusi dalla didattica a distanza, ma temiamo siano almeno un terzo. Inoltre, se si vuole recuperare il tempo perduto, sarà necessario a settembre avere subito tutti i docenti in cattedra, senza le solite interruzioni della continuità didattica. Ma per questo serve la volontà politica. —
*Direttore Fondazione Agnelli


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