L'8 marzo della Gelmini
di Pippo Frisone
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Nel 1908 in una fabbrica di New York, 129 operaie che scioperavano da giorni contro le terribili condizioni di lavoro, venivano dal padrone prima rinchiuse dentro e poi lasciate morire, bruciate vive.
Fu Rosa Luxemburg a proporre la data dell’8 marzo, in memoria di quel tragico evento, quale giornata di lotta internazionale delle donne.
Da allora in poi le donne hanno sempre lottato per l’uguaglianza e l’emancipazione in ogni parte del mondo.
La ministra Gelmini, dopo il pieno appoggio dato al premier contro gli insegnanti della scuola pubblica, inculcatori e seminatori di valori contrari alla famiglia, torna alla carica con le sue colleghe, al chiuso d’un auditorium romano, perché “ qualcosa il Pdl doveva pur fare per l’8 marzo“.
E cosi, assieme ad altre parlamentari e ministre del Pdl , prende a pretesto l’8 marzo per scagliarsi contro le donne del 13 febbraio e la manifestazione che portò in piazza oltre un milione di manifestanti.
“Strumentalizzate, per attaccare Berlusconi” quelle del 13 febbraio, “donne indignate ma l’indignazione non è l’undicesimo comandamento”, sottolinea la Gelmini.
“La dignità non è di destra né di sinistra”, chiosa ancora la ministra ma non la sfiora nemmeno il dubbio di difendere la dignità della scuola pubblica, messa in ginocchio, mortificata e vilipesa, in questi tre anni, proprio dal suo ministero e dal suo premier.
Mentre è più facile per la ministra parlare solo di dignità che non ha colore politico.
Ma quando alle donne togli il lavoro, compreso quello precario, come si fa a parlare di dignità?
Si, perché quando la scure del suo ministero si abbatte sulla scuola pubblica, è
soprattutto il lavoro delle donne che viene colpito senza pietà.
Sono loro, le donne, ad essere espulse per prime e a pagare il conto salato del precariato.
Nella scuola pubblica il lavoro dell’insegnante è sempre più donna:
-nella scuola dell’Infanzia al 99,57%
-nella scuola primaria al 95,38%
-nella media al 75,48%
-nelle superiori al 59,18%
Se poi guardiamo le Graduatorie ad esaurimento, lì addirittura le insegnanti-donne-precarie
raggiungono l’83%, col 62% proveniente dal sud e isole, il 53% concentrato nell’area umanistica,
mentre il 51% ha un’età tra i 35 e i 40 anni.
Ecco, se la ministra volesse onorare l’8 marzo nella scuola e la dignità delle donne , allora provi a
convincere il suo collega di governo Tremonti a ritirare l’ultima tranche di tagli (-28mila cattedre) e
a varare un serio piano di assunzioni dei precari a copertura di tutti i posti vacanti e disponibili.
Soprattutto le precarie della scuola, sia quelle scese in piazza il 13 febbraio sia quelle che
scenderanno l’8 marzo, anche se ancora indignate, almeno per una volta, potrebbero esserle grate.