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«Il testo era sbagliato Più che le mascherine in classe serve chiarezza»

Bianchi: io prossimo ministro? A disposizione

26/06/2020
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Corriere della sera

Gianna Fregonara

roma Professor Patrizio Bianchi, lei è a capo della task force nominata dal ministro Lucia Azzolina per fare proposte per la riapertura delle scuole: si ritrova nelle linee guida che tutti contestano?

«Apprezzo i riferimenti all’autonomia, alla flessibilità e alla semplificazione che ci sono nel testo, ma per come sono scritti appaiono riferimenti astratti che non corrispondono pienamente al lavoro che abbiamo fatto».

È d’accordo con le critiche del presidente Bonaccini, della cui giunta lei è stato assessore in Emilia-Romagna?

«Le misure che ci sono nella bozza delle linee guida non sono ben giustificate né spiegate. Mi dispiace».

Non siete voi ad aver proposto i patti territoriali per coinvolgere le associazioni e i volontari in modo stabile?

«Abbiamo proposto i patti territoriali nel nostro rapporto intermedio del 27 maggio non per supplire alla mancanza di insegnanti o per trovare spazi aggiuntivi, ma per integrare il lavoro fatto a scuola con esperienze legate alla comunità. L’ispirazione è quella del patto per il lavoro che avevamo fatto con Bonaccini. Nel rapporto proponiamo un aumento strutturale del 10-15 per cento di insegnanti, anche per ridurre il numero di alunni per classe e chiediamo di garantire la sopravvivenza delle scuole più piccole».

Ma non vi siete capiti.

«Credo che sarebbe stato utile accompagnare questo documento anche con una spiegazione e uno stanziamento di risorse chiaro. Detto questo, non è da adesso che la scuola è sottofinanziata o fuori dal dibattito pubblico. Il problema è annoso. Quello che volevamo fare con le nostre proposte è rimetterla al centro: non sarebbe ora di lanciare un dibattito pubblico sulla scuola per tutto il prossimo anno? L’ultimo ministro dell’Istruzione che fece una cosa del genere è stato Sergio Mattarella, era il 1990».

Il dibattito nazionale è un’idea, ma ai genitori e ai presidi non è chiaro neppure come si torna in classe. Che cosa pensa dell’obbligo della mascherina che crea tante polemiche?

«Premesso che non siamo il Cts (Comitato tecnico-scientifico, ndr), la mascherina è un richiamo alla responsabilità e al rispetto degli altri. Se abbiamo chiaro questo e lo insegniamo ai bambini facendo passare il messaggio, può bastare anche il principio».

Le riaperture

«Non possiamo riaprire senza innovare. La scuola del Novecento si deve trasformare»

Dunque si potrebbe anche farne a meno in certi casi.

«Mi sembra che si tenda a pensare che minorenne voglia dire irresponsabile. Proviamo a invertire la prospettiva: io ogni tanto mi siedo per terra e guardo il mondo e gli adulti dalla prospettiva dei bambini, lo consiglio a tutti. Noi in questi mesi abbiamo detto ai nostri figli: state chiusi e attenti che gli amici vi possono contagiare. È venuto il momento di cambiare messaggio: se ti comporti in modo responsabile, puoi stare coi i tuoi amici e i tuoi insegnanti. Discutiamo di centimetri in più o in meno per la sicurezza: ma occorre pensare che ci sono apprendimenti da recuperare».

Dalle linee guida emerge un altro messaggio: sarà un anno difficile, fate come potete. Non la chiamerei autonomia.

«È un messaggio sbagliato sull’autonomia, bisogna superare la scuola del Novecento, quella dei bambini inchiodati al banco, si deve trasformare in multidisciplinare la didattica delle superiori, fare in modo che la scuola sia in grado di rispondere ai bisogni di ogni studente».

Scenario molto ottimista.

«Non possiamo riaprire le scuole senza innovare: senza un pensiero di lungo periodo si finirà per retrocedere».

Lei avrebbe riaperto le scuole già ora?

«Avrei fatto delle prove tecniche di apertura in zone meno colpite o in situazioni più protette».

Si dice che lei potrebbe essere il prossimo ministro.

L’ultimo titolare dell’Istru-zione che mise la scuola al centro fu Mattarella, era il 1990

«Sono a disposizione del mio Paese, come tutti dovrebbero».


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