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Brindisi e mascherine La festa dimezzata della prima Maturità senza abbracci

Insegnanti e ragazzi si ritrovano in aula per l’ultimo rito fra termometri e gel Chi è felice per l’assenza degli scritti, chi già rimpiange questi 5 anni insieme

18/06/2020
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la Repubblica

Brunella Giovara

MILANO — Lazzari, dove sei? Esci allo scoperto e vieni a dare l’esame di maturità, al liceo scientifico Volta ti aspetta lo stravagante esame di Stato post Covid e gli amici della 5 G ti cercano sul cellulare ma tu non rispondi, scende in strada anche la vicepreside Stretti, «Lazzari! Manca un quarto d’ora…», infine arriva, in vero completo blu su camicia blu, zaino e ombrello perché a Milano piove, «sono pronto, vado», e va. Un’ora dopo esce, in trionfo, gli amici stappano lo spumante comprato al Conad, non ci saranno più i riti di una volta ma questo è un rito, si passa la bottiglia agli amici e si beve all’estate che ci aspetta. Giada ha prenotato «a Mykonos, siamo cinque ragazze. Non sarà come speravamo, niente è più come sognavamo. Come saranno le discoteche?», per intanto tutti aspettano di tuffarsi da qualche parte, un tuffo liberatorio dopo la clausura, fosse anche solo nel Lambro, dopo lo studio in solitaria, e la paura, anche.

E la mattina la prima sarà Laura, che ripassa con l’amica Carlotta, cosa è successo nel 1922? «Marcia su Roma. Ulisse di Joyce. Scuola di Francoforte. Muore Verga. Esce Alla ricerca del tempo perduto, ma non l’abbiamo fatta». E cosa fai, dopo? «Medicina, forse». Paolo: «Io vado sul lago di Como perché sono istruttore di vela, spero di avere clienti». Ma dopo dopo? idee poco chiare. Laura entra, la commissione è la 42, collega il computer e sullo schermo appare il suo elaborato Moto di una carica in un campo magnetico. Segue lunga spiegazione sul concetto di derivata, istante T e delta T e altre cose della fisica, fuori intanto demoliscono qualcosa con un martello pneumatico, per il resto c’è grande silenzio, cosa ricorderà Laura della sua maturità, a parte la misurazione della temperatura e il gel sulle mani, forse il rumore del martello.

L’esame ha tempi stretti ma è profondo, la prof Bonservizi attacca con «c’è un caso in cui la carica magnetica… », la risposta è pronta, si passa a D’Annunzio, poi sulla lavagna compare il Mao di Andy Warhol che «estremizzerà alcune icone della società occidentale…». E passa la vicepreside, qui nella veste di preside in quanto il preside Squillace è presidente di commissione al Carducci, ma di fatto lei fa anche il vigile perché bisogna smistare il traffico tra chi entra e chi esce, ritirare le autocertificazioni, magari controllare in sala professori i quattro secchi per raccogliere l’acqua che piove dal tetto, e questa è la scuola italiana, tirata a lucido e disinfettata ma gli intonaci cadono, i controsoffitti pure. «Questa era in origine la Casa del Soldato», parliamo del 1936 e poco è cambiato, dopo ci hanno messo uno dei licei più famosi di Milano, il cemento è corroso, tutto è scrostato e troppo vecchio per ospitare questi ragazzi che pure lo chiamano "casa".

«Questa è la mia casa, in un certo senso», spiega Giovanni. «Dentro c’è anche un pezzo di famiglia, cioè i miei compagni. Che mi sono mancati sì, ma non è andata così male. Si cresce». Matteo, che farà la Bocconi: «Non ci potrà essere niente di meglio che questa scuola, dopo». E nell’aula 33 entra lo studente Gabriele Saia (tranquillo, in camicia bianca). Con lui la nonna Rosa, "accompagnatore". Molti scelgono l’amico, il vicino di banco, un testimone come se fosse di nozze, Giulio ha scelto Matteo, Matteo invece avrà Carlo che è di un’altra scuola «ma glielo avevo promesso». Sono cose importanti, se si hanno 18 anni. Una ragazza si è presentata sola, la testimone è stata una bidella che dopo ha detto: «È stata bravissima». Comunque, tutto è più facile, lo dice Luca: «Niente scritti, con matematica e fisica te la cavi in 10 minuti anziché in più ore. I commissari sono i tuoi insegnanti, che ti conoscono e ti vogliono bene». Vero. La professoressa Paola Frediani ha gli occhi abbastanza lucidi e si complimenta con uno perché ha parlato dei Politics di Orwell, «che non sono certo facili».

Ma torniamo a Gabriele, con la nonna che non mangia «da ieri per la tensione». Gabriele è uscito dal lockdown giusto per l’esame, «mi sono rinchiuso in casa subito dopo Codogno, ho gestito meglio il mio tempo, con una organizzazione più indipendente, in stile universitario». Farà ingegneria, si capisce. Si parla di sessualità, di Freud, di anfetamine, «sperimentate durante la seconda guerra mondiale sui soldati, contro la fatica e il dolore». Domanda: la battaglia di Stalingrado? «Casa per casa, prima battuta d’arresto dei nazisti ». Domanda: chi erano i comandanti in campo? «Hitler». Sbagliato. «Von Ribbentrop». Sbagliato, il commissario corregge in «Von Paulus e Zukov», e si va avanti verso l’inglese, «what is the link?», domanda la prof. È tutto un collegamento, l’esame prevede i link tra materie, qui sarà Joyce e il superego, poi la cosa finisce e c’è solo da sognare quel tuffo.


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