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Ammaniti: sarà dura Insegnanti e genitori dicano ai bambini che il loro aiuto servirà

«Sostenere gli alunni, disabituati alle lezioni»

21/08/2020
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Corriere della sera

Clarida Salvatori

roma «A scuola servono mascherine trasparenti, specie per chi lavora con i più piccoli. E con loro le maestre devono inventare giochi: “Giovanni, sai dire chi è il compagno seduto laggiù?”». Massimo Ammaniti, noto psicoanalista dell’età evolutiva, si dice sconcertato dall’assenza di proposte in merito a un aspetto fondamentale del tornare in classe in sicurezza, quello legato alle conseguenze psicologiche per i bambini. «Si parla tanto di distanziamento, mascherine obbligatorie, cosa fare se le aule sono troppo piccole: tutti provvedimenti giustificabili dalla necessità di fermare i contagi da Covid, naturalmente. Ma ci sono anche altri problemi dei quali prendere coscienza. E mi fa un certo effetto che nessuno ci pensi o ne parli».

Lo spieghi lei: come cambierà la vita tra i banchi per i bambini?

«Nessuno riflette in merito al fatto che quest’anno l’organizzazione della scuola sarà rigida, un po’ come quella del passato, e porrà grossi limiti».

Ma nella pratica cosa cambia, ci faccia capire.

«Per dei bambini di 6 anni, che iniziano le scuole elementari, già rimanere seduti per ore non è facile. Hanno la loro vitalità da gestire, hanno bisogno di muoversi, di partecipare, figuriamoci se ogni volta devono indossare la mascherina...».

Quali risvolti psicologici potrebbero esserci?

«L’unico contatto tra alunni e insegnante sarebbero gli occhi. Invece per i piccoli di quell’età la comunicazione implicita, ovvero tramite il volto e il sorriso per esempio, è fondamentale. Solo in età più adulta si sviluppa la capacità di decodificare l’espressione degli occhi».

Una grande limitazione per i più piccoli, quindi. I docenti inventino dei giochi per allenare i più piccoli a capire le espressioni soltanto dagli occhi

E si usino mascherine trasparenti

«Grandissima. Diventerà difficile capire le intenzioni e gli stati d’animo degli altri, dei compagni come delle maestre. Anche vedere i movimenti della bocca è fondamentale per la comprensione».

Come si può superare il problema?

«Io propongo l’utilizzo di mascherine trasparenti. In commercio esistono. E potrebbero utilizzarle sia bambini sia insegnanti. Aiuterebbe con quella che noi definiamo “intersoggettività”, per capire il punto di vista dell’altro. Che poi è fondamentale per lo sviluppo dell’empatia».

Spesso viene consigliato di «esorcizzare» ciò che fa paura con qualcosa di divertente. Qui come si potrebbe applicare questo principio?

«Per esempio, si potrebbe inventare un gioco: indovina chi si nasconde dietro la mascherina. E si potrebbe chiedere ai bambini di riconoscere i propri compagni. E poi mi viene in mente anche una seconda tappa del gioco che potrebbe consistere nell’iniziare ad allenare la capacità — che, come ho detto, si sviluppa più tardi — di capire le espressioni. È semplice, si chiede al bimbo: “Giovanni, secondo te adesso Marco sorride o è arrabbiato?”».

I genitori hanno neanche un mese di tempo per insegnare ai figli — almeno chi non lo ha fatto prima, magari già dal lockdown — il corretto uso della mascherina. Ma secondo lei esiste un modo giusto per farli arrivare preparati al 14 settembre?

«Le mamme e i papà devono cercare, e trovare, parole giuste e spiegazioni che non facciano paura. Per esempio possono raccontare la storia di quel bimbo che ha la tosse e che la passa a tutti, facendoli ammalare e costringendoli a stare a casa, a prendere medicine e non andare a scuola per tanto tempo. E possono dire ai figli che la loro collaborazione invece può essere importante perché questo non accada a nessuno».

Mamma e papà dovranno abituare i loro figli a usare le protezioni senza spaventarli e spiegando l’utilità di portarle

Altri consigli per le maestre?

«Intanto devono rendersi conto subito che i bimbi sono disabituati, dopo tanti mesi senza scuola, e che avranno delle carenze che andranno colmate. Dovranno essere brave a farsi raccontare i mesi nei quali sono stati distanti. E poi dovrebbero applicare quello che per esempio si fa nei congressi negli Usa: dopo ogni ora di attività o di lezione dedicare qualche minuto a movimenti tipo yoga e a tecniche di respirazione che aiutino a rilassarsi».

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