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Repubblica-Palermo-"Ragazzi inafferrabili, leggi sbagliate referisco occuparmi della famiglia"

L'INTERVISTA Antonino Petrucci, vice preside del tecnico industriale Volta, spiega perché dopo trent'anni ha gettato la spugna "Ragazzi inafferrabili, leggi sbagliate referisco occup...

31/01/2006
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la Repubblica

L'INTERVISTA
Antonino Petrucci, vice preside del tecnico industriale Volta, spiega perché dopo trent'anni ha gettato la spugna
"Ragazzi inafferrabili, leggi sbagliate referisco occuparmi della famiglia"
"Gli studenti ricevono sempre più stimoli dall'esterno, catturare la loro attenzione è ormai un'impresa"
"Abolire gli esami di riparazione è stato controproducente E non tutti possono andare all'università"


È stanco della scuola e non è affatto pentito di avere presentato domanda per andare in pensione dal prossimo 1° settembre. "Stare in classe - spiega - è sempre più difficile e alcune delle ultime disposizioni di legge non hanno certamente aiutato i ragazzi". Antonino Petrucci, 62 anni, professore di Fisica e vice preside dell'istituto tecnico industriale Volta, ha deciso di lasciare la cattedra: avrebbe potuto continuare per altri due anni.
Perché se ne va in anticipo?
"I miei impegni negli ultimi anni sono aumentati, sono stanco e comincio ad avere un certo rigetto".
Quando ha cominciato a insegnare?
"Nel 1973, come supplente temporaneo all'istituto tecnico commerciale Crispi".
E poi?
"Due anni a Saronno, nel Varesotto, otto a Cammarata, un anno a Bagheria e poi a Palermo".
Poi di ruolo...
"Nel 1984, dopo un corso abilitante e gli esami scritti e orali".
Ha sempre insegnato?
"No. Sono ingegnere, e all'inizio lavoravo nello studio di geofisica di mio padre che si occupava di indagini sui terreni".
Perché ha scelto la scuola?
"Perché mi lasciava il tempo di lavorare con mio padre: la mattina a scuola, il pomeriggio allo studio".
Rispetto a vent'anni fa, oggi è più difficile insegnare?
"Certamente sì".
Perché?
"Il segreto è tenere continuamente impegnati i ragazzi. Ma non è facile farlo".
Come mai?
"Gli alunni sono più vivaci. Per carità, convincere gli studenti a studiare è sempre stato difficile a tutte le latitudini, ma oggi i ragazzi sono cambiati. Ricevono più stimoli dall'esterno (televisione, videogiochi, Internet) e catturare la loro attenzione è ormai un'impresa".
Ma lei da qualche anno è vice preside e non insegna.
"Sì, ma ho l'opportunità di ascoltare tutti i miei colleghi".
Un osservatorio privilegiato: secondo lei, da cosa deriva la stanchezza dell'insegnante?
"Si comincia col precariato, nel mio caso dieci anni. Poi si entra di ruolo. Essere precario stressa. E tanti anni di insegnamento finiscono per stancarti. Questo lavoro è senza dubbio usurante e le cose negli ultimi anni sono peggiorate".
Com'è cambiata la scuola in trent'anni?
"I ragazzi sono sempre più ribelli, e alcune delle ultime novità normative non mi convincono affatto".
Per esempio?
"Abolire gli esami di riparazione è stato controproducente per gli stessi alunni. Stesso discorso per la licealizzazione degli istituti tecnici. Questi ragazzi iscritti negli otto licei della riforma Moratti saranno costretti ad andare tutti all'università? Prima uscivano con un diploma specializzante".
E le famiglie?
"Anche il loro atteggiamento è cambiato. Prima quasi sempre erano dalla nostra parte. Oggi diciamo che non sempre ci aiutano".
Perché, secondo lei, questa fuga dalla scuola?
"Parecchi sono stanchi di insegnare e, secondo me, hanno paura".
Di cosa?
"Intanto di non poter andare in pensione dal 2008. Poi si sentono tante cose. Molti colleghi temono di non ricevere la liquidazione o di riceverla in Bot".
Non rimpiangerà la scuola?
"Non credo proprio. Anzi, considero i miei colleghi costretti a rimanere".
Cosa farà dopo?
"Voglio pensare alla famiglia, aiutare mia figlia e dedicarmi ai miei terreni".
s. i.


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