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Mattino/Padova: La scuola non è il luogo dell’evangelizzazione

Antonio Giacobbi -Segretario regionale Flc-Cgil

21/11/2006
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Il Mattino

Il mattino e alcuni giornali nazionali hanno dato ampio spazio in queste settimane alla decisione del dirigente scolastico di Vigodarzere, il dottor Amato, di non consentire al vescovo di Padova la visita pastorale nelle scuole. Con l’intervento del Direttore Scolastico Regionale che, come recita un comunicato, «unitamente al dirigente scolastico» ha invitato il vescovo all’inaugurazione di una scuola, sembra essersi chiusa una vicenda che ha diviso i commentatori ed ha creato tensioni.

Penso invece che la vicenda non debba considerarsi chiusa, così come penso che il dirigente scolastico abbia agito correttamente, apprezzato in questo dalla maggioranza del personale della scuola. Tranne poche eccezioni, si è poi notato l’assordante silenzio della cultura laica. Qual è il tema centrale che la vicenda ha riproposto? Non è il desiderio del vescovo di visitare una scuola.

Il vescovo è la massima autorità diocesana della Chiesa cattolica, nei cui valori e nella cui dottrina si riconosce una parte ampia della nostra gente. Un vescovo che, come ogni altra autorità civile o religiosa, volesse visitare e conoscere le nostre scuole, non potrebbe essere che il benvenuto. Fatta salva ovviamente la possibilità, quando la scuola lo ritenga necessario, di costruire un percorso e un progetto educativo. Non si tratta nemmeno della presenza di alunni di altre religioni.

Proprio per la sua natura di luogo di «educazione alla convivenza democratica», e quindi di «contaminazione» e di arricchimento di ciascuno, la conoscenza e la presenza di alunni di altre religioni oltre a quella maggioritaria nel Paese è fondamentale. Concretamente: possono essere ben accolti nelle scuole il vescovo cattolico, il pastore protestante, il rabbino ebreo, l’iman mussulmano... L’unica condizione: devono entrare a scuola per conoscere e per far conoscere, non per evangelizzare, per predicare la loro religione, per convincere, per convertire, per pregare, per atti di culto. Perché la scuola non è il luogo dell’evangelizzazione, della predicazione, della catechesi, della missione.

E non si tratta (ma occorre dirlo?) nemmeno di guerre di religione, che non ci sono proprio, né di negazione dell’identità cattolica della maggioranza della popolazione, e tanto meno di «scuole di comunisti» (a Vigodarzere?)... Non ci spendo parole: alcuni argomenti sono risibili, altri non c’entrano niente, altri sono solo provocazioni. Lasciamo perdere.

Il punto, più complesso e delicato, è invece questo: il vescovo chiede di incontrare gli alunni nell’ambito della visita pastorale alle parrocchie di Vigodarzere.

Ma la visita pastorale del vescovo non è un qualunque momento di conoscenza e di incontro; è, per sua natura, missione, fa parte delle funzioni che il vescovo esercita come pastore, rientra nella sua missione evangelizzatrice. Ed è esattamente questo che non può fare nelle scuole, dopo la revisione del Concordato del 1985. Da allora la scuola è laica, la religione cattolica non è più «fondamento e coronamento» dell’insegnamento nella scuola. Questo è l’errore che è stato fatto e nel quale a mio avviso sono caduti, in buona o in malafede, quanti hanno affrettatamente criticato l’operato del dirigente scolastico, ivi compreso l’Ufficio scolastico regionale.

Nel suo comunicato la dottoressa Palumbo, direttore regionale, invita il vescovo ad inaugurare la scuola e «a svolgere con la massima libertà e serenità la sua missione pastorale».

Niente da dire per la prima parte dell’invito: quando si inaugura una scuola è una festa perché si forniscono mezzi per la conoscenza e per i saperi, è bene che vi partecipino anche le autorità, ivi compreso il vescovo (in realtà a Terraglione non c’era niente da inaugurare, c’è solo il cantiere aperto (!), la scuola sarà pronta tra qualche mese, ma questo è un altro discorso).

Sbaglia però la dottoressa Palumbo quando aggiunge l’invito a «svolgere con la massima libertà e serenità la sua missione pastorale». No, dottoressa Palumbo: perché se si tratta di svolgere la missione pastorale nelle parrocchie di Vigodarzere, del suo invito non c’è bisogno; se invece, com’è evidente, si riferisce alle scuole, lei si colloca fuori dalle previsioni normative: il vescovo non può svolgere nella scuola statale la sua missione pastorale.

Forse è anche bene aggiungere alcune informazioni che consentono di valutare meglio quanto avvenuto. Ai primi di settembre nelle case di Vigodarzere era giunto il giornalino delle parrocchie che annunciava la visita pastorale e nel quale era già prevista e calendarizzata la visita del vescovo alle scuole. Nessuna informazione e nessun accordo era stato preso con il dirigente scolastico, che ignorava il tutto. A fine settembre, un parroco scrive al dirigente comunicandogli che il Vescovo in visita pastorale incontrerà gli alunni a scuola e gli indica anche il giorno, aggiungendo l’invito a concordare le modalità. Come commentare? Le parrocchie di Vigodarzere ritengono evidentemente «normale» che il vescovo comprenda anche le scuole statali nelle visite pastorali, come se niente nientefosse cambiato dal concordato in poi e nella cultura del paese. Non è così, in altre parti del paese si è compreso, a Padova no. Ma c’è di peggio: i parroci ritengono anche di poter disporre del calendario e dell’organizzazione della scuola come se fosse casa loro. Cosa doveva fare il dirigente scolastico? Dire che andava bene così? La dr.ssa Palumbo può spiegare perché di questo non parla il suo comunicato e perché non ha difeso, nemmeno su questo punto elementare, un dirigente dello Stato e l’autonomia della scuola? Il dr.Amato una mediazione l’ha cercata: ha proposto che il Vescovo incontri gli alunni nelle scuole fuori dall’orario scolastico, al pomeriggio oppure anche un sabato mattina in una scuola dove le lezioni si svolgono dal lunedì al venerdì, mettendo a disposizione non solo gli edifici ma anche il personale per l’apertura, la vigilanza, la pulizia. A me risulta che le parrocchie e il vescovo hanno rifiutato. Perché? Trovo davvero che qualcuno, e non è il dirigente Amato, abbia voluto forzare la situazione fino ad imporre un’idea: non è cambiato niente dal concordato ad oggi, il vescovo e le parrocchie dispongono e la scuola deve accettare perché la scuola statale è solo uno dei tanti luoghi in cui la Chiesa esercita la sua missione. Ma non è più così. Da più di vent’anni. Lo dico con molta attenzione e molto rispetto per la Chiesa e per il Vescovo, e insieme con la precisa convinzione che la laicità della scuola e dello Stato sono una valore: è stata una brutta pagina per le istituzioni (difese solo dal dr. Amato) e per la Chiesa padovana che è sembrata voler esercitare, anzi riprendersi, un potere che non ha.

Una pagina resa ancora più brutta, da quanto dichiarato dal vescovo che ha accusato gli insegnanti di Vigodarzere di essere «sleali» e di «educare all’intolleranza», se è vero quanto riportato dal Mattino di Padova di sabato 18 novembre. Anche agli insegnanti la mia solidarietà per un’accusa del tutto ingiustificata, come dimostra la nota, serena, pacata e argomentata sottoscritta da 75 tra docenti e ata dell’istituto. Infine: nel suo comunicato ufficiale il direttore regionale dice di essere, sul punto, in piena sintonia con il ministro Fioroni. Se è così, sarebbe bene che qualcuno ricordasse al ministro il patto che regola in Italia i rapporti tra lo Stato e la Chiesa


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