Firenze. In 38 dentro una classe. La scuola pubblica al tempo della Gelmini
Studenti disabili senza sostegno, cattedre vacanti senza supplenti, bavaglio al dissenso. I sindacati invitano alla protesta: «Blocco delle gite e manifestazione a dicembre»
Nelle classi gli studenti stanno come sardine, stipati l’uno accanto all’altro fino a38 teste per sezione. Molte cattedre rimangono vuote se il docente di ruolo manca per qualche motivo: i supplenti sono come fantasmi, nessuno si prende la briga di assumerli per le sostituzioni. 78 studenti disabili su 135 sono ancora senza insegnante di sostegno (l’ufficio scolastico regionale ne ha inviati solo 57), l’alternativa forzata per loro sarà rimanere a casa tutto l’anno scolastico. Il personale tecnico e amministrativo è stato decimato (via 148 Ata) e poca cosa è il reintegro recentemente previsto per 6 bidelli su tutto il territorio provinciale. Difficile essere ottimisti davanti alla fotografia della scuola pubblica fiorentina reduce dalla riforma Gelmini, scattata a un mese esatto dalla prima campanella dai sindacati Cgil, Cisl, e Gilda Scuola. Contro i tagli della 133, le parti sociali invitano le scuole a attuare il blocco delle gite e hanno in mente di scendere in piazza a inizio dicembre con una grande manifestazione che unisca docenti, studenti e genitori. «La situazione sull’organico di fatto ancora non è definita - denuncia Alessandro Rapezzi della Cgil -. Le chiamate dell’ultima ora per coprire le primaria di Firenze, le serali e le scuole carcerarie non bastano. Le classi straripano, specie nell’Empolese, dove 3 sezioni fuorilegge arrivano a quasi 40 studenti. I disabili non hanno il sostegno, il personale Ata è carente e non si sa chi potrà sorvegliare gli istituti. Tutto questo a scapito dei lavoratori,ma soprattutto degli studenti, a cui è negata un’offerta formativa adeguata». Non è finita. C’è dell’altro a corredo di un quadro di per sè già critico in cui gli studenti sono costretti a improvvisarsi carpentieri o imbianchini per rimettere in sesto classi che cadono a pezzi o ad autotassarsi per avere risme per le fotocopie o carta igienica. C’è da fare i conti ad esempio con la ritrosia dei dirigenti scolastici nell’avviare le procedure di contrattazione dei fondi di istituto che decidono, di concerto con gli insegnanti, le attività correlate a quella didattica (visite guidate, corsi di formazione o di recupero). «La contrattazione dovrebbe finire il 30 novembre, ma i presidi se la stanno prendendo comoda. Su 151 istituti, la metà non l’ha ancora avviata. Forse perchè i presidi sperano di arrivare a gennaio, quando in base alla normativa Brunetta potranno decidere da soli come usare i fondi, senza il parere dei docenti» spiega Antonella Velani della Cisl. Ritardi contro cui le parti sociali «hanno presentato un formale documento di diffida per comportamento antisindacale» dice Valerio Cai di Gilda. Ma ai presidi i sindacati contestano anche un altro atteggiamento: la dura repressione del dissenso. «Riceviamo continue segnalazioni da docenti colpiti da sanzioni per aver protestato contro la riforma. È un bavaglio vero e proprio alla protesta che ha fatto schizzare alle stelle i contenziosi per provvedimenti disciplinari: dai 5-6 all’anno del passato ai 5-6 al mese di ora» dicono i sindacati. Insomma, «mai come oggi si è toccato il fondo nella scuola pubblica» è l’amara constatazione delle parti sociali. Che poi ci ripensano. «Il peggio arriverà l’anno prossimo, l’ultimo del triennio di tagli previsto dalla riforma Gelmini..».