Ma questa scuola è proprio tutta da buttare?
Un'iniziativa della rivista "Articolo 33" per far conoscere la scuola che fa bene. Le numerose buone pratiche che quotidianamente fanno crescere ed educano milioni di giovani italiani. La scuola ha bisogno di tante cose, ma per sapere quali bisogna partire da quello che funziona.
Da un po' di tempo a questa parte si è diffuso un convincimento, quasi un senso comune, che gran parte dei mali della nostra società derivino da un sistema di istruzione ormai superato e incapace di formare persone moderne. E giù a sciorinare dati sulle performance dei nostri studenti ai test internazionali, sui costi, sul numero dei docenti e dell'altro personale scolastico... E giù a sciorinare riforme e riformicchie vere o finte che siano.
La scuola, come tutti i sistemi formativi, è un corpo vivo e come tale va curata e nutrita, e naturalmente vive mille e mille problemi che non stiamo qui a elencare. Non perché sia inutile farlo, molti problemi non sono mai abbastanza discussi e affrontati, tanto meno risolti (uno per tutti l'edilizia scolastica).
Ma la scuola è anche l'impegno quotidiano di quasi un milione di addetti, di milioni di alunni e milioni di famiglie. È un impegno spesso impari che quando dà dei risultati resta nell'ombra, mentre quando la scuola sbaglia – e sbaglia (ci mancherebbe altro) – si fa a gara per farne scempio.
Ecco perché a partire da gennaio scorso il mensile "Articolo 33" pubblica una rubrica dal titolo significativo "L'altra Paideia, La scuola che fa bene", nella quale un grande esperto, Alberto Alberti, raccoglie e commenta le "buone pratiche" della scuola italiana, le belle esperienze. Di che si tratta? Si tratta di attività quotidiane che nascono dalla buona volontà di tanti insegnanti, tanti dirigenti, altrettanti amministrativi, tecnici e ausiliari (i tanto vituperati bidelli) che riguardano il curricolo, l'integrazione, lo studio della matematica e della lingua, le scienze... e che producono risultati straordinari non solo nell'arricchimento delle competenze e delle conoscenze degli alunni, non solo nel metodo di insegnamento e apprendimento, ma anche nella costruzione di un rapporto virtuoso con il territorio.
Ma è bene che siano le esperienze stesse a parlare. Chi non è abbonato alla rivista può leggerle sul sito. Sono iniziative molto più diffuse di quanto si pensi, che però non potranno mai essere valorizzate nei test e nei quiz delle rilevazioni internazionali. Le quali sono molto importanti e indicative, ma vanno considerate anche nei loro limiti.
Questa iniziativa è nata anche come ribellione. La ribellione della scuola che funziona contro questa cappa di piombo che, più o meno consapevolmente, anche i media le stanno calando addosso. Una cappa che demotiva persino i più attivi e geniali e diffonde depressione e malavoglia.
Anche questa scuola che fa bene verrà sbaragliata dalle cure Tremonti-Gelmini e dal senso di rassegnazione che si va diffondendo.
L'invito, allora, è di continuare a ribellarsi, in tutte le forme consentite. E anche diffondendo, disseminando, raccontando le buone pratiche.
Chi vuole può inviarle a: redazione@edizioniconoscenza.it
Contro chi vuole distruggere la scuola, scambiamoci le esperienze positive.
Roma, 27 marzo 2009
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