Turchia: continua la repressione antisindacale
Venerdì scorso la polizia ha aggredito un corteo di lavoratori della scuola che chiedeva il diritto alla contrattazione nel pubblico impiego. L'attacco si inquadra in un vasto clima di repressione politica.
Continua in Turchia la repressione antisindacale. Alla fine di maggio avevamo dato notizia dell’irruzione della polizia nei locali della confederazione dei lavoratori delle pubbliche amministrazioni KESK. Venerdì scorso la segreteria nazionale del sindacato dei lavoratori della scuola e dell’università Egitim-Sen, che fa parte della KESK, ci ha mandato delle foto e un comunicato che raccontava come un a manifestazione dei lavoratori della scuola turchi fosse stata aggredita brutalmente dalla polizia.
La manifestazione aveva visto migliaia di insegnanti e altri lavoratori della scuola mettersi in moto da tutta la Turchia per raggiungere Ankara fin dal 3 giugno scorso per chiedere il diritto alla contrattazione collettiva nel pubblico impiego. La polizia ha aggredito la manifestazione che marciava verso il Ministero dell’Educazione con una brutale violenza picchiando selvaggiamente i manifestanti. Uno di questi è persino stato sottoposto a operazione in seguito alle percosse ricevute, molti manifestanti hanno riportato ferite ed anche un membro dell’esecutivo nazionale, Saim Gulketin, è stato portato in ospedale. La polizia ha fatto uso di lacrimogeni ed il centro di Ankara si è trasformato in un campo di battaglia. Nonostante ciò la manifestazione non è stata dispersa ed è continuata con proteste e sit in nella stessa giornata.
Questi atti di repressione colpiscono direttamente le organizzazioni sindacali e segnatamente la KESK e l’Egitim-Sen, ma coincidono anche con una vasta azione di repressione politica che in questi giorni ha colpito soprattutto sedi e esponenti del Partito della Società Democratica (DTP), forte soprattutto nell’etnia curda e “ombrello parlamentare” per buona parte della sinistra. Non è improbabile che il tutto sia effetto della battuta di arresto del partito di governo AKP del presidente Erdogan, conservatore e populisticamente islamista, registrata nelle ultime elezioni amministrative. L’AKP ha cominciato a perdere consensi incalzato sia a sinistra dal DTP e dal partito kemalista CHP sia a destra da formazioni che si ispirano al nazionalismo più radicale e al fondamentalismo islamico. In questa perdita di consensi emergono le contraddizione della società turca, dallo sviluppo economico molto recente e vivace, che la porta ad aspirare all’ingresso nell’Unione Europea, ma anche molto esposto alle intemperie del mercato e alle conseguenze della crisi in atto, e perciò suscettibile di svolte autoritarie che nella storia turca sono ricorrenti.
Roma, 9 giugno 2009
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