Sanzioni disciplinari, una nuova circolare rivolta al personale della scuola
Emanata dal Ministro della Pubblica Istruzione la Circolare n. 72/2006 sulle sanzioni disciplinari per il personale della scuola, che in gran parte ripercorre la vecchissima normativa in vigore sulla cui base richiede "controllo, prevenzione e repressione" derogando dalle responsabilità che proprio quelle leggi affidano alla sua diretta responsabilità.
Pagine intere sono state, e potrebbero ancora, essere occupate per analizzare il peso dell’effetto emotivo delle notizie nell’era della comunicazione mediatica.
Il mondo della politica e chi governa dovrebbe assumere decisioni ponderate, non sulla spinta immediata delle notizie, per quanto dolorose e gravi, ma con la sapienza dei dati, dei tempi, e degli effetti delle scelte che si compiono.
Capita anche con questa circolare palesemente dettata dallo sgomento determinato da episodi gravi che tutti vorrebbero non accadessero mai.
Proprio la gravità degli episodi recentemente appresi dalla stampa avrebbe meritato una attenta disamina di una materia che da anni deve essere affrontata in una scuola cambiata nelle leggi ma non nella cultura amministrativa.
Per lo spessore delle questioni, le profonde implicazioni costituzionali tra la libertà d’insegnamento, il diritto all’istruzione e la prioritaria tutela dei minori sarebbe stato necessario un confronto pacato e competente, una approfondita riflessione sulle esperienze pluriennali, un dibattito ed una ampia condivisione e responsabilizzazione del personale.
Lo stesso strumento, la circolare amministrativa, appare inadeguato rispetto ai problemi pedagogici, didattici educativi che gli episodi evidenziano.
In nessun contesto educativo si possono legittimare frasi, di triste memoria, come il “colpirne uno per educarne cento” e ritenere seriamente che la “repressione” determini di per se l’inibizione dei comportamenti, per quanto essi ci indignino e debbano essere indubbiamente e severamente sanzionati.
La Circolare infatti in gran parte riepiloga le norme in vigore e molte risalgono al 1957, ad una scuola ed amministrazione scolastica lontana anni luce da quella odierna e svela l’obsolescenza normativa su cui si poggiano oggi le sanzioni disciplinari.
Dal 1993, invece, anno di emanazione del D.lgs. n. 29 che avviò la contrattualizzazione del rapporto di lavoro (oggi definita compiutamente dal D.lgs n. 165 del 30 marzo 2001) si applicano anche ai dipendenti pubblici le norme del Codice Civile.
Per amor di storia va ricordato che quel percorso legislativo si avviò a partire dall’ art. 97 della Costituzione che definisce una Pubblica Amministrazione “ispirata ai principi della legalità, del buon andamento e dell’imparzialità” e proprio in nome di quel principio si è ritenuto necessario spostare il rapporto di lavoro pubblico dai rigidi canoni del diritto amministrativo a quelli del Codice Civile, più consono all’immagine di un’amministrazione pronta ad adeguarsi rapidamente alle istanze della società in continua evoluzione.
Le norme disciplinari, le procedure e le tutele che le regolano, sono invece rimaste “congelate”, il loro adeguamento ad un contesto giuridico rinnovato è stato perennemente rinviato e condizionato a riforme mai realizzate nonostante la produzione legislativa, pur acquisendo i principi e le regole del Codice Civile, abbia sempre teso a definire le specificità del lavoro pubblico, in relazione ai servizi forniti dalle Amministrazioni.
La“novità”che introduce la Circolare è nello spostamento della responsabilità di adozione dei provvedimenti di destituzione e licenziamento, affidati finora al Ministro, al Direttore Regionale.
In nome del decentramento ci si arrende alla vetustà delle norme, si compie una deroga di dubbia legittimità, che può produrre, proprio nei casi più gravi, difformità di comportamenti e di soluzioni, introdurre parzialità e “condizionamenti locali”.
La possibilità di ulteriori deleghe ai livelli territoriali di fatto affida alla interpretazioni del funzionario locale il destino delle persone, proprio quando sarebbe necessario, per amor di giustizia “giusta”, anche se amministrativa, oggettività e coerenza tali da potersi iscrivere tra i “livelli essenziali delle prestazioni” , cioè da mantenere ad un livello nazionale, anche se da riprogettare.
Lo stesso contributo profondo, denso di riflessioni e suggerimenti che il CNPI ha recentemente prodotto viene disinvoltamente accantonato invece che rappresentare la base di avvio di un più ampio e approfondito, anche se non facile, confronto.
Una circolare che in sintesi pensa all’immagine dell’amministrazione più che alla sostanza dei problemi, e risponde allo sgomento degli eventi sposando, senza interrogarsi neppure, la tesi del lassismo dei dipendenti pubblici, impuniti nei loro comportamenti.
La scuola, come Cartagine, “reprimenda est”: peccato che il Ministro governi un milione di lavoratori che quotidianamente “fanno scuola”, anzi una buona scuola che non fa notizia.
Roma, 20 dicembre 2006
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