Decreto secondo ciclo: soluzione venti per cento
Dove finirà la quota di orario a disposizione di scuole e regioni?
Il decreto sul secondo ciclo all’articolo 27 comma 4 riporta il seguente e ormai noto passaggio:
“ sino alla definizione di tutti i passaggi normativi propedeutici all'avvio del secondo ciclo di competenza del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, il medesimo Ministero non promuove sperimentazioni del nuovo ordinamento nelle scuole, ferma restando l'autonomia scolastica".
Uno di questi passaggi normativi è contenuto nello stesso articolo al comma 1 c) laddove si prevede che prima di avviare il tutto il Ministero, sentita la Conferenza Unificata Stato-Regioni, deve definire:
“l’incremento fino al 20% della quota dei piani di studio rimessa alle istituzioni scolastiche, nell’ambito degli indirizzi definiti dalle regioni in coerenza con il profilo educativo, culturale e professionale in uscita dal percorso di cui all’articolo 2, comma 3.”
Se non che è successo un fatto: le commissioni incaricate di formulare OSA, piani orari e più complessivamente le indicazioni sembrano non aver tenuto conto di questa evenienza, che tra concessioni alla devolution prossima ventura e giuste aspirazioni di scuole e regioni, hanno occupato tutto lo spazio disponibile. Ed anche così non è che manchino i problemi se è vero, come è vero, che gli allarmi suscitati tra i docenti di più o meno tutte le classi di concorso non sono caduti nel vuoto, al punto che il Ministero è stato indotto a scrivere nella legge che gli organici non saranno toccati per i prossimi cinque anni, nel tentativo di rabbonirli un po’ in vista delle prossime elezioni e dopo i pessimi risultati di quelle regionali.
Ma si è trattato solo di una svista delle commissioni, di cui ancora tutti oggi si chiedono chi fossero i componenti?
Evidentemente no. Ce lo dice il decreto stesso all’articolo 2 comma 3. In questo passo con dovizia di sigle i Miur ci snocciola tutti gli allegati che costituiscono le indicazioni, e tra questi OSA e piani orari. Non solo: sembra imporli in via definitiva, neppure in via provvisoria come ha fatto per la scuola primaria, certo memore dello spazio che ciò ha lasciato alla disubbidienza docente, nonché all’autonomia scolastica, in quel settore.
Ma così facendo il MIUR si pesta due volte i piedi da solo: prima perché disattende la stessa legge 53/03, che all’articolo 7 prevede che le indicazioni siano emanate con un regolamento ministeriale e non decretate insieme agli ordinamenti dei cicli, poi perché nella fretta “passa” un impianto in cui non c’è lo spazio per il famigerato 20% .
E adesso, tanto più dopo che gli insegnanti si sono già messi, anche solo così, in allarme, come sarà possibile ritoccare quei piani orari e quegli Osa senza introdurre un altro 20% di incertezze e di ostilità alla legge 53 nel futuro di ciascuno?
E come è possibile che con tale questione in sospeso qualche scuola possa pensare autonomamente, come surrettiziamente suggerisce il decreto, di anticipare l’attuazione con una sperimentazione, sapendo che, oltre a tutte le altre incertezze del caso, ben una quinta parte dell’impianto sarà comunque da buttare?
Che sperimentazione sarà mai quella che parte già con una simile probabilità di fallimento?!
Roma, 28 ottobre 2005
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