Mai dire Darwin!
Sulla questione dell’abolizione dell’insegnamento nella scuola della teoria darwiniana, alla base di tutti gli studi scientifici sull’evoluzione delle specie, si sta sviluppando un ampio dibattito.
Sulla questione dell’abolizione dell’insegnamento nella scuola della teoria darwiniana, alla base di tutti gli studi scientifici sull’evoluzione delle specie, si sta sviluppando un ampio dibattito.
Riteniamo che la discussione non vada lasciata cadere, pertanto, dopo aver riportato l’articolo sull’argomento apparso sul Manifesto del 21 marzo scorso, proponiamo quello di Pietro Greco pubblicato ieri su l’Unità.
Roma, 25 marzo 2004
Il testo dell’articolo
La scuola licenzia Darwindi Pietro Greco
Addio, Charles Darwin. Nelle scuole medie italiane - come, per una breve stagione, in quelle del Kansas - non si insegnerà più la teoria dell’evoluzione biologica. Nei libri di testo dei nostri ragazzi non è più previsto alcun accenno alla cespugliosa storia evolutiva della vita sulla Terra, alla modificazione incessante delle specie per quel gioco di «caso e necessità» di cui parlava Jacques Monod, a quell’ipotesi di discendenza dell’uomo dalla scimmia che tanto faceva soffrire l’iracondo vescovo Wilberforce. Via, tutto. Cancellato. I ragazzi non devono sapere.
Non conosciamo se a decretare il veto contro l’insegnamento di quella teoria darwiniana, che la comunità scientifica in tutto il mondo considera la base fondamentale del nostro sapere intorno ai fatti della vita, sia stata una qualche commissione distratta o una qualche autorità retrograda.
Non sappiamo se a provocare la virtuale cancellazione di Darwin dai libri di scienze dei nostri ragazzi sia stato l’atto malaccorto di un burocrate sciatto o la decisione cosciente di un’autorità reazionaria. Fatto è che con la riforma Moratti la teoria dell’evoluzione delle specie per selezione naturale del più adatto esce dalla scuola italiana. I ragazzi non devono sapere. E neppure gli adulti.
La notizia è, di certo, fragorosa: l’Italia opera una censura culturale che non ha riscontro in alcuna parte del mondo, Kansas incluso. Una mordacchia che neppure ai tempi di Galileo.
La teoria dell’evoluzione biologica di Charles Darwin non è solo una delle più grandi conquiste del pensiero scientifico, è anche una delle più grandi acquisizioni della cultura di ogni tempo. La sua teoria dell’evoluzione biologica ha contribuito a ridisegnare la visione che noi tutti abbiamo del mondo che ci circonda e di noi stessi. Darwin, per intenderci, siede al tavolo dei grandi del pensiero insieme ad Aristotele e a Kant, a Euclide e Gödel, a Galileo e Newton, a Platone ed Einstein. Cancellarlo dai libri di testo significa, né più né meno, cancellare un pezzo decisivo della cultura occidentale e della cultura tout court.
Per questo più assordante ancora dell’operazione di cassazione a opera del ministero dell’Istruzione è il silenzio che si è creato intorno alla vicenda. Nessuno ne parla. Né per condannare e neppure per applaudire. Come se cancellare un pezzo fondante della nostra cultura dai libri di testo fosse un’operazione normale. Come se cacciare Charles Darwin dalla scuola a un secolo e mezzo dalla pubblicazione di “Sull'origine delle specie”, fosse un'operazione non degna di alcun interesse. Come se cancellare il pensiero su cui si fonda la scienza emergente del XXI secolo, la biologia, potesse essere culturalmente sostenibile per un paese che si autodefinisce libero e avanzato.
Ora noi capiamo (ma non giustifichiamo, sia chiaro) il governo e gli ambienti culturali che lo sostengono. Da qualche tempo - intorno a quel governo, in quegli ambienti - spira un vago vento antievoluzionista. Che è come dire un vago eppure concreto vento antistorico e antiscientifico. Da qualche tempo a questo improbabile zefiro viene dato un certo spazio. Ricordate il convegno contro Charles Darwin organizzato nei mesi scorsi a Milano da frange di Alleanza Nazionale e ospitato dalla Provincia? E ricordate, che nei mesi scorsi, tra i massimi dirigenti del nostro massimo Ente pubblico di ricerca il governo Berlusconi ha nominato, per l’appunto, un antievoluzionista? Nessuna di queste (e altre) operazioni ha riscontro nei paesi occidentali. E neppure nei paesi islamici. O buddisti. O induisti. O animisti. Neppure nelle roccaforti dei creazionisti (il Kansas, il Texas e gli altri stati del Sud degli Usa) le istituzioni promuovono convegni contro l’evoluzionismo e pongono ai vertici della ricerca pubblica degli antidarwinisti. Non succede perché il pensiero di Darwin è, ormai, scienza consolidata e il creazionismo è un atto di fede. Un atto legittimo, sul piano religioso. Ma in nessun posto al mondo, ormai, neppure nelle teocrazie più fondamentaliste un centro di ricerca scientifica si regge su un puro atto fede.
Per intenderci, anche la Chiesa cattolica considera quella darwiniana un’ipotesi solida (anche se non completa). E, comunque, l’unica ipotesi scientifica in campo capace di spiegare i fatti noti della biologia. Per essere ancora più chiari: il cattolico Ludovico Galleni nel Dizionario interdisciplinare di Scienza e Fede pubblicato di recente dalla Urbania University Press e da Città Nuova a cura di Giuseppe Tanzella-Nitti e Alberto Strumia sostiene «l’accettazione ormai definitiva della prospettiva scientifica evolutiva» da parte del pensiero teologico. Cosicché il pensiero antievolutivo è l’epigone di un pensiero cristiano (cattolico e protestante) reazionario del tutto minoritario in ogni parte del mondo, Kansas compreso.
Cosicché anche il governo Berlusconi non ostenta le sue ormai sistematiche gesta antidarwiniane. Non ha il coraggio delle proprie azioni. Le minimizza. Le fa passare in sordina. Quasi a farci intendere che dietro non c'è una precisa scelta culturale. Che si tratta solo di piccoli e innocui pegni da pagare ad ambienti di destra con idee più o meno bizzarre. Ed è così, in sordina, che il governo fa passare le nuove gesta didattico-pedagogiche che buttano fuori Darwin dalle scuole medie italiane.
Ma può la società italiana accettare che un atto politico - non si sa se (più) sciatto o (più) reazionario - metta la scolorina al grande quadro della teoria fondamentale della scienza emergente, la biologia, proprio come in Unione Sovietica i burocrati zelanti cancellavano con la scolorina dalle foto ufficiali i politici caduti in disgrazia agli occhi di Stalin? Può accettare che i suoi ragazzi si formino senza aver mai sentito parlare di Charles Darwin e della sua teoria evoluzionista in un’epoca in cui la scienza biologica disegna gran parte della frontiera sociale ove si incontrano cultura, etica e persino economia?
La domande sono certamente retoriche: no che l’Italia non può accettarlo. Non senza combattere, almeno. Le risposte, invece, sono avvilenti. La cancellazione con la scolorina della figura di Charles Darwin dalla grande foto della storia surrettiziamente proposta ai ragazzi della scuola media non ha suscitato una grande reazione di ripulsa nell’opinione pubblica e nei media. È come se un po' tutti fossero rassegnati a questo improbabile revisionismo. A questo revisionismo vigliacco che preferisce non parlare di Darwin piuttosto che sfidarlo in campo aperto. E così molti - troppi - tacciono, facendo finta, proprio come accadeva in Urss, di non vedere. Di non vedere che qualcuno - non si sa se più per sciatteria o più per spirito reazionario - sta manipolando la scienza e la storia. Che qualcuno sta minando alla base la cultura - e il futuro - dei nostri figli. È davvero assordante questo silenzio.
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