Alternanza scuola lavoro: convegno nazionale Miur Confindustria
Il Miur, insieme a Confindustria, ha organizzato il 14 maggio scorso un Convegno nazionale a Lucca sull’alternanza scuola lavoro, di cui all’art.4 della legge delega n. 53/03
Il Miur, insieme a Confindustria, ha organizzato il 14 maggio scorso un Convegno nazionale a Lucca sull’alternanza scuola lavoro, di cui all’art.4 della legge delega n. 53/03. Il convegno è stato preceduto da due giorni di seminario, cui hanno partecipato docenti e dirigenti, invitati dal Miur, nonché rappresentanti di Confindustria, Miur e Ministero del Lavoro, per affrontare le diverse problematiche inerenti l’alternanza.
In modo particolare, sia il Miur che Confindustria hanno manifestato l’intenzione di procedere dal prossimo anno scolastico a “sperimentare” percorsi di alternanza, per i quali il Miur ha già destinato 5 milioni di euro, distribuiti alle singole regioni, nel rispetto dei vincoli dei fondi Cipe, per cui ad esempio alle regioni del Nord è andato il 15% del totale, mentre il resto è stato distribuito alle regioni del Sud.
Ai lavori del seminario spettava affrontare alcuni nodi problematici del progetto, a partire dal rapporto ore di “lavoro” e ore di formazione, peraltro non esplicitato dall’art. 4 della delega. Si è parlato di un probabile monte ore annuo di inserimento in azienda di circa 180 h, da intendersi sostitutive dell’orario annuale previsto per i diversi indirizzi. Così come diverse sono state le ipotesi relative a come concretizzare il percorso di alternanza. In questo senso dal seminario e dal convegno sono emerse nella sostanza due possibili opzioni, che in realtà non sono in sintonia fra loro: infatti, mentre si afferma, ad esempio nel documento messo a punto da Confindustria, che l’alternanza è una metodologia didattica allo scopo di orientare i giovani, si sostiene anche che vanno individuate le classi o la classe per l’alternanza. E’ evidente che le due opzioni sono sostanzialmente contrapposte, dal momento che, se è una metodologia didattica, va considerata come tale e quindi a disposizione di tutte le classi di qualunque indirizzo della scuola secondaria superiore. La finalità in questo caso è squisitamente formativa, tipica di un’attività che tende ad ampliare e completare la formazione dei giovani, arricchita dall’esperienza di lavoro, guidato, simulato, o altro. Comunque a disposizione della progettazione della scuola autonoma, che ne definirà tutti gli elementi specifici, concreti, esattamente come in tutte le attività didattiche di cui la scuola autonoma si avvale, nell’esercizio pieno del suo potere, ancorché all’interno di regole di riferimento, nazionali e/o regionali che ne facilitano l’adozione. Ma se invece si parla di classe o di classi per l’alternanza la trasversalità della metodologia si perde e prevale un ‘idea diversa, di esperienza tra studio e lavoro molto vicina all’apprendistato, con la differenza che nell’apprendistato siamo in presenza di un contratto, con tutti i vincoli e le tutele proprie di tale strumento, che verrebbero meno con un modello pesante di alternanza, decisamente professionalizzante, cui destinare, in una sorta di classe ghetto, gli studenti: i più bravi, i meno portati allo studio oppure chi? E chi può credere che un siffatto modello sia adottato ad esempio all’interno del Pof di un liceo classico? L’alternanza così strutturata costituisce un ulteriore canale formativo del ciclo superiore, che si affianca a quello liceale e a quello dell’istruzione/formazione professionale. E’ esattamente ciò che abbiamo sostenuto appena l’art.4 della delega è stato presentato e che ci fece dire che quel modello non aveva nulla a che spartire con le esperienze di alternanza che da decenni si realizzano in moltissime scuole superiori del nostro paese. Ci sono,inoltre, in questa impostazione, anche implicazioni squisitamente sindacali: se si parla di classe/classi per l’alternanza, come se ne definiscono l’orario annuo, gli organici, le discipline che si insegnano a scuola e quelle che sono sostituite dalla permanenza in azienda? E si potrebbe continuare: il tutor …...
A Lucca da più parti è stato sostenuto che il Miur e il Ministero del Lavoro lavorano insieme per ridefinire l’intera mappa degli strumenti, formativi e lavorativi, che attengono al tema più generale del rapporto scuola lavoro, cercando di coordinare la decretazione di attuazione della legge 53/03, sull’istruzione, con quella della legge 30/03 sul mercato di lavoro. Obiettivo condivisibile, ma ci permettiamo di segnalare le diverse finalità delle due leggi, cui vanno rapportati anche gli strumenti che si individuano per il loro raggiungimento: il sistema di istruzione ha, per noi, la finalità di formare i giovani, di fornire loro gli strumenti cognitivi per capire la realtà e poi scegliere, superando definitivamente l’anacronistica separazione tra sapere e saper fare. In questa chiave si inseriscono le esperienze di alternanza dentro i percorsi di istruzione. Non vorremmo ritrovarci dinanzi ad un gran calderone, riempito di ingredienti poco chiari, che di volta in volta, a seconda della convenienza, si fanno risalire a fonti, soggetti diversi, ma che in una cosa sono precisi: una diminuzione delle tutele e dei diritti sia di chi in quei sistemi ci lavora, sia di chi a quei sistemi si rivolge.
Documento Confindustria di proposta per la sperimentazione dell’alternanza scuola lavoro.
Roma, 28 maggio 2003
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