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Incontro sugli standard minimi

Si è svolto nel pomeriggio del 16 dicembre un incontro in cui è stato presentato un documento “tecnico” sugli standard formativi minimi previsti dall’articolo 4 dell’accordo quadro approvato dalla Conferenza Unificata Stato Regioni il 19 giugno 2003.

19/12/2003
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Si è svolto nel pomeriggio del 16 dicembre un incontro in cui è stato presentato un documento “tecnico” sugli standard formativi minimi previsti dall’articolo 4 dell’accordo quadro approvato dalla Conferenza Unificata Stato Regioni il 19 giugno 2003.
L’incontro è avvenuto in un mega tavolo alla presenza della Sottosegretaria Aprea, di un rappresentante del Ministero del Lavoro, dell’on. Buffardi per il coordinamento delle Regioni insieme alle rappresentanze dei sindacati confederali e di categoria, di un gran numero di sindacati autonomi, di rappresentanti dell’associazionismo, di una schiera di associazioni datoriali e del mondo del commercio, dell’artigianato e dell’agricoltura.
Il documento è stato presentato come il risultato del lavoro congiunto dei “tecnici” del MIUR (Nardiello, in particolare, che ha illustrato il documento) e di un gruppo di tecnici delle Regioni (in particolare le regioni Calabria, Campania, Lazio e Toscana).
Prima di analizzare il merito del documento consegnatoci occorre ricordare che, negli incontri che hanno preceduto l’accordo quadro, avevamo posto con forza il bisogno di esplicitare gli standard nazionali di base e la loro certificazione, non solo per il necessario riconoscimento, nazionale ed europeo, della validità dei titoli rilasciati, ma anche per dare un chiaro contenuto ai percorsi triennali integrati che i ragazzi stanno già effettuando.
Questo documento arriva quindi con mesi di ritardo rispetto al 15 settembre 2003 previsto dall’accordo quadro, mesi in cui una grande diversificazione di percorsi da regione a regione, come avevamo previsto e come puntualmente si è verificato, rende ancora più difficoltosa la spendibilità nazionale dei titoli.

Infatti i ragazzi sono già a metà del primo anno del percorso (secondo il MIUR il 75% di loro è inserito in tali percorsi) e continuano a non conoscere le proprie prospettive perché i sistemi formativi in cui sono inseriti continuano ad operare in modo indipendente uno dall’altro nonostante i richiami all’integrazione contenuti nei diversi accordi regionali.
In questo contesto, il documento presentato è insidioso e fuorviante: infatti non raggiunge l’obiettivo di affrontare l’emergenza nata dall’anno vuoto prodotto dalla abrogazione della Legge 9/99 sull'obbligo scolastico e tenta invece di anticipare i contenuti della legge 53, quelli che solo l’emanazione dell’apposito decreto legislativo sul diritto-dovere per 12 anni, come previsto dalla stessa legge, potrà definire.
Per la Cgil scuola questo punto deve essere estremamente chiaro e vincolante per tutti i soggetti: si agisce solo nell’ambito e nei limiti fissati dall’accordo quadro, cioè si devono poter certificare, sulla base di standard, i percorsi effettuati dai giovani nella triennalità individuata dall’Accordo quadro.
Va quindi sottolineata la sperimentalità e la transitorietà del documento, eliminando tutti i passaggi che danno per scontata l’interpretazione, da noi considerata sbagliata e non condivisibile, della regionalizzazione dell’istruzione conseguente, secondo loro, alla riforma del Titolo V della Costituzione.
Si usano in più passaggi espressioni che darebbero ad intendere la transitorietà dell’intera operazione e contemporaneamente si afferma che è bene dare un contributo per identificare e qualificare l’offerta del nuovo sistema di istruzione e formazione professionale regionalizzato e francamente molto, ma molto povero.

Non possiamo in alcun modo condividere alcuna anticipazione strisciante del diritto dovere previsto dalla L.53 ma ancora privo di esplicite indicazioni.Nessuno oggi è in grado di dire che cosa si intende per diritto dovere, né come esso sarà strutturato. Ancor meno possono dirlo, senza nessuna cornice legislativa, le Regioni.
Da questo punto di vista questo documento e il conseguente eventuale accordo interistituzionale rischiano di essere molto pericolosi, perché, senza dirlo esplicitamente anticipano il nuovo sistema, che sostituirebbe l’attuale istruzione tecnica e professionale.
Né siamo in alcun modo disponibili a svendere l’attuale istruzione tecnica e professionale regionalizzandola per di più su saperi del tutto poveri: così anziché migliorare l’attuale sistema di formazione professionale si trascina verso il basso l’istruzione.
Il testo inoltre, nella sua grande ambiguità, non delinea neppure il contesto in cui il percorso formativo scaturito dagli accordi regionali si colloca: quale è la relazione con l’obbligo formativo attualmente in vigore? Come le regioni realizzeranno i percorsi e con quali risorse?
Nel testo vanno eliminati i riferimenti alle leggi che non hanno ancora la regolamentazione attuativa: che senso ha il riferimento alla legge 30/03 se non quello di poter scrivere, anticipandoli, anche i contenuti dell’apprendistato?

Nel documento si sostiene che occorre individuare gli standard minimi per l’accreditamento dei soggetti erogatori dei percorsi di istruzione e formazione professionale. Ma per la formazione professionale esiste già il decreto 161/2001: si intende modificare quel decreto? Se si, in che senso? O si pensa di accreditare gli istituti tecnici e professionali, sulla base di quelle norme pensate per un altro sistema? E l’orientamento che fine ha fatto?

In sostanza siamo di fronte ad un documento che parla di un solo canale, quello della formazione professionale regionale, e trascura le competenze che l’istruzione può e deve dare, e si trascurano consapevolmente saperi e competenze che garantiscono l’ esercizio della cittadinanza.

E dopo tutto questo in quale corso di istruzione dovrebbero rientrare questi ragazzi, in quale classe?

Invieremo compiutamente tutte le nostre obiezioni al MIUR in un documento scritto, visto che l’on. Aprea ha dichiarato la disponibilità ad accogliere, fino al 7 gennaio, le osservazioni al testo.

Ad oggi riteniamo inaccettabile il documento perché non dà risposte alle esigenze che lo hanno fatto nascere ed aumenta la frammentazione di un sistema che vogliamo nazionale.

Roma, 19 dicembre 2003

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