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Un ricordo ed un grazie a Carlo Bernardini

A ricordarlo per noi, Gianna Cioni che in passato è stata segretaria nazionale del sindacato SNUR CGIL e della FLC CGIL.

29/06/2018
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Carlo BernardiniIl 21 giugno, nella notte del solstizio di estate, ci ha lasciato Carlo Bernardini, un grande fisico ed un grande uomo.

Perché ricordarlo come Federazione della Conoscenza?

Prima di tutto perché anche i più giovani sappiano chi era questo nostro compagno da cui avremmo molto da imparare in tanti settori. Io lo ho conosciuto personalmente all’inizio degli anni novanta; prima ne avevo sentito molto parlare ed avevo letto alcuni suoi libri di fisica. Mi aveva colpito la capacità di presentare nozioni complesse in modo comprensibile anche a chi non era un esperto del settore.

Carlo Bernardini è stato un grande fisico del Novecento, secolo in cui l’Italia ha primeggiato sia con singoli ricercatori sia, soprattutto, con scuole come raramente si era visto. Bernardini fu uno dei realizzatori del primo sincrotrone italiano nei laboratori dell’Infn di Frascati, insieme a Bruno Touscheck, di cui parlava sempre con grande ammirazione. Partecipò al progetto AdA (anello di accumulazione), un prototipo ma capace di aprire la strada alle nuove macchine delle alte energie. Una strada questa tutta italiana.

Ma oltre ad essere stato un grande ricercatore, come dovrebbero essere sempre i professori universitari e come gli statuti di tutte le università prescrivono, spesso senza essere rispettati da molti docenti, è stato un insegnante appassionato prima all’università di Napoli e poi alla Sapienza a Roma. Sapeva essere rigoroso ma insieme anche capace di attrarre gli studenti al fascino di quello che spiegava, mostrando le difficoltà ma anche l’eleganza di ciò che insegnava. Alla didattica dedicò sempre molta cura, attenzione e tempo, perché la considerò di estrema importanza per formare giovani capaci e preparati sia per la ricerca sia per ruoli attivi e trainanti nella società. Molti dei suoi allievi, oggi ricercatori e noti in tutto il mondo, lo ricordano e lo ringraziano anche dopo molti anni.

 Si occupò anche di didattica per gli insegnanti di fisica ed in genere delle materie scientifiche dei licei, sulla strada indicata da Lombardo Radice. In questo ambito dedicò molta attenzione al linguaggio e collaborò con quello che divenne ben presto un suo grande amico, Tullio De Mauro per fare incontrare il linguaggio scientifico con quello letterario. Splendido ed anche divertente è il loro libro Contare e raccontare in cui i due linguaggi si confrontano attraverso numerosi testimonial.

Per molti anni fu direttore di Sapere riportando la più vecchia rivista di divulgazione scientifica, esiste infatti dal 1935, ad un alto livello ed insieme ad una facilità di lettura in modo da aumentarne i lettori e scrisse articoli per tanti quotidiani e riviste.

Ma accanto a tutto questo fu grande il suo impegno civile in difesa della scienza, della sua diffusione e di quanti in essa sono impegnati. Questo è l’elemento che lo rende particolarmente importante per i lavoratori della conoscenza. Del resto è stato per tantissimi anni iscritto alla CGIL di cui condivideva i valori fondativi sempre però in posizione di stimolo come in tutte le sue scelte.

Con lui ho organizzato e partecipato a molte iniziative in cui Carlo Bernardini ha portato tutta la sua capacità di analizzare la realtà e di indicare nuove strade da percorrere.

Quella di cui qui voglio parlare fu un insieme di seminari in preparazione ad un Forum della CGIL. Il seminario che ricordo maggiormente si tenne nel novembre 2006, fu organizzato da Proteo insieme alla CGIL ed ebbe come titolo: Libertà di ricerca e responsabilità sociale: scienza, tecnologia e opinione pubblica.

L’intervento di Carlo Bernardini iniziò parlando della comunità scientifica che è un vero e proprio stato sovranazionale in cui i ricercatori si incontrano indipendentemente dalle loro differenze di nazionalità. Anche durante il periodo peggiore della guerra fredda, ad esempio, i fisici hanno continuato ad incontrarsi ed a scambiare le rispettive conoscenze. Continuò poi richiamando il passato della ricerca pubblica in Italia che ha sempre saputo mantenere un altissimo livello grazie alla sua capacità di autovalutarsi e di espellere i risultati scadenti o sbagliati. Ogni tentativo di alterare la struttura della comunità scientifica introducendo elementi aziendalistici, allora tanto in voga, ma forse anche oggi non scomparsi, va respinto con decisione e va denunciato all’opinione pubblica. Questi temi hanno un’estrema rilevanza anche oggi: si pensi da un lato ai tentativi di chiudersi rinunciando al sogno di un’Europa unita e, dall’altro, alla diffusione di conoscenze antiscientifiche, vere e proprie bufale, non accettando il ruolo e la validità della comunità scientifica.

Ma accanto alla ricerca pubblica, diceva Carlo Bernardini, dovrebbe esistere la ricerca privata che non è ricerca di mercato, ma ricerca applicata rivolta all’innovazione. Occorrono allora figure da lui chiamate di “sistemisti”, cioè di persone capaci di capire i risultati della ricerca di base, di metterli insieme per realizzare un nuovo strumento o un nuovo processo. L’esempio più significativo fu Guglielmo Marconi che seppe comprendere i risultati scientifici di Hertz, di Popov, di Calzecchi Onesti (un professore di liceo, ma anche un ricercatore), e da questi progettare il telegrafo senza fili con cui riuscì a comunicare oltre all’oceano e dopo di allora la sua invenzione fu in grado di salvare tante vite.

Tutto questo in altri paesi anche in Europa c’è, in Italia fino a trent’anni fa c’era. Oggi gli imprenditori non capiscono che cosa sia l’innovazione e pensano di poter competere con la finanza ed il mercato. Quello che invece occorrerebbe fare è aprire un tavolo permanente tra ricercatori pubblici ed imprenditori e, senza che nessuno cambi il proprio mestiere, ognuno offra il proprio sapere e le proprie competenze per uno sviluppo della società.

Su questi temi la CGIL ed anche la FLC si è spesso impegnata. Occorre però che questo non sia un impegno a spot e che in ciascuno di noi ci sia la convinzione che un aumento della cultura, a tutti i livelli, dai bimbi più piccoli agli studenti universitari, sia il contesto indispensabile perché il nostro paese cresca, si sviluppi permettendo così più equità e giustizia sociale.

Questo è il messaggio che Carlo Bernardini ci ha lasciato con le sue parole, i suoi scritti le sue scelte e per questo dobbiamo ringraziarlo e ricordarlo.