Il sindacato è un giallo
Il sindacalista detective per caso
"Rosso Quadrato" è un noir sindacale uscito per Editori Internazionali Riuniti a firma del collettivo Tom Joad, pseudonimo dietro il quale si celano tre giovani autori.
Quella che segue (apparsa sull’ultimo numero di “Articolo 33”) è un’intervista impossibile: Anna Maria Villari e Tom Joad.
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Marco Degli Esposti è il sindacalista che tutti vorremmo incontrare, a cui affideremmo le sorti del nostro rapporto di lavoro, certi che con lui resisteremmo un minuto più del padrone. “Attento ai dettagli irregolari” e anche lui irregolare e insofferente rispetto alle gerarchie organizzative, ma empatico con i lavoratori, soprattutto irregolari, atipici o, come qualcuno li definisce, “sfigati”.
Insomma signor Degli esposti, lei è solo un sindacalista di carta?
No, io sono l’anima di migliaia di uomini e donne che in giro per l’Italia difendono i lavoratori, lottando per un futuro più giusto per tutti noi. A volte hanno 50 o 60 anni, e portano i segni del loro passato, a volte hanno 30 o 40 anni, e hanno le stesse difficoltà e la stessa voglia di fare qualcosa di utile in un mercato del lavoro che ha masgenerazioni.
Oggi c’è un bisogno estremo di sindacato, anche se di un sindacato diverso da quello che abbiamo conosciuto. Le persone che incontro non ci chiedono di andare a casa, come fanno con gli esponenti dei partiti politici, ma di fare i veri sindacalisti, di essere dalla parte giusta e di non arrenderci mai. Spesso, però, proprio quelli che più ne avrebbero bisogno, non riescono a fidarsi del sindacato. Un po’ perché noi abbiamo perso la capacità di parlargli, un po’ perché loro hanno perso fiducia nella forza dell’azione collettiva. Ma come dice un mio collega argentino, finché non si fidano di noi resteranno sempre soli e indifesi, perché noi non siamo altro da loro, ma siamo l’anima stessa della loro soggettività, come si direbbe ora. Raccontare la storia di un delitto complesso come quello che mi ha coinvolto è solo un modo come un altro per recuperare quel dialogo.
D’accordo c’è anche molta realtà nel suo personaggio, o meglio nei problemi che gli girano intorno. Ma ammetterà che l’improvvisarsi detective è una trovata letteraria, un espediente narrativo…
Come ha potuto leggere, non è stata una mia scelta quella di improvvisarmi detective: con tutti gli impegni quotidiani nel sindacato e il desiderio che ho di stare con i miei, ne avrei fatto volentieri a meno. È stata tutta colpa di una telefonata cui non ho risposto e che forse avrebbe potuto salvare un caro amico da una morte atroce. Ma qualcosa ho imparato da questa avventura, e cioè che l’ingiustizia sociale, in particolare nel mondo del lavoro, e l’illegalità sono spesso legate più di quanto si pensi. Si alimentano reciprocamente.
Nella sua storia lei appare, almeno all’inizio, come un don Chisciotte, un po’ idealista e un po’ ingenuo, che, forte dei principi di giustizia, però non fa tanto bene ai lavoratori, anzi a un certo punto sembra che li danneggi. Poi la svolta che salva i buoni e danneggia i cattivi. È un messaggio a Susanna Camusso per un sindacato più umano che guardi di più alle persone?
Solo in italiano idealista è sinonimo di ingenuo, di pasticcione. altrove ha il significato dell’aspirazione a un futuro migliore, che per me significa un futuro per tutti e non per pochi privilegiati. Viviamo in un mondo in cui persino i giovani più colti e capaci lavorano nelle condizioni degli operai ottocenteschi e con questa legislazione e con le nuove riforme minacciate da Renzi sono destinati a una vecchiaia senza risorse.
Secondo lei è idealismo pensare che il primo dovere di un sindacato, oggi, è di battersi per appoggiarli e per cambiare questa situazione con la forza e lo spirito delle leghe di cent’anni fa, ad ogni costo?
Il suo autore collettivo, tale Tom Joad, chi è? Sembra molto addentro alle questioni sindacali e del lavoro. Ci svela qualcosa di lui, di loro?
Sono tre autori che hanno più o meno la mia età e da tempo operano, in modo diverso tra loro, tra delusioni e desideri, tra prospettive e qualche successo, in un grande sindacato. Forse per questo non hanno avuto nessuna esitazione a capire e raccontare le difficoltà, i problemi e le frustrazioni che incontro ogni giorno e, soprattutto, il senso vero del perché lo faccio: la necessità di assumersi in prima persona la responsabilità di scegliere una strada giusta invece di una facile.
E infine, ci dica qualcosa sul suo futuro. Tornerà con altre storie? Dopo il commissario Montalbano, il sindacalista Degli Esposti, mica male…
In Italia, purtroppo, nel mondo del lavoro, le ingiustizie non mancano mai. Un vero sindacalista sta tra la gente, conosce i loro problemi e deve riuscire ad avere uno sguardo più lungo per trovare, in qualsiasi modo, una risposta o una soluzione. un grande sindacato è il cuore pulsante della nostra società, attraverso il quale scorre il sangue che è la vita stessa del nostro paese. Ogni giorno davanti ai nostri occhi passano migliaia di vite, con le loro speranze e i loro drammi quotidiani. sono tutte vicende che dovrebbero essere raccontate per saper davvero cosa è il nostro tempo. Qualcuno ha intenzione di continuare a farlo. Quindi, a presto.
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Il nome dell’autore collettivo di questo romanzo è preso in prestito dal protagonista del capolavoro di John Steinbeck, Furore. E non per caso. A questo personaggio, Tom Joad, si sono ispirati artisti del calibro di Woody Guthrie e Bruce Springsteen.
Dietro lo pseudonimo Tom Joad ci sono Claudio Franchi (1969), filologo e dirigente sindacale della FLC CGIL, Augusto Palombini (1971), ricercatore del CNR, Francesco Sinopoli (1975), esperto in diritto del lavoro e dirigente sindacale della FLC CGIL.
Tom Joad, Rosso Quadrato, Editori Internazionali Riuniti, Roma 2014, pp. 288, 16,00 euro.