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Contratti pubblico impiego: la risposta del governo all'interpellanza parlamentare

Il 27 maggio, pochi giorni dopo lo sciopero generale del pubblico impiego e dei lavoratori della Scuola, dell’Università e della Ricerca per i rinnovi contrattuali, si è tenuta sullo stesso argomento un dibattito parlamentare di cui riportiamo lo stenografico

01/06/2004
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Il 27 maggio, pochi giorni dopo lo sciopero generale del pubblico impiego e dei lavoratori della Scuola, dell’Università e della Ricerca per i rinnovi contrattuali, si è tenuta sullo stesso argomento un dibattito parlamentare di cui riportiamo lo stenografico.

L’interpellanza, firmata da parlamentari di Margherita e Democratici di Sinistra, nel constatare il mancato avvio delle trattative per la definizione dei rinnovi contrattuali chiede di conoscere le iniziative del Governo per dare seguito agli impegni assunti nel protocollo di intesa sul pubblico impiego del febbraio 2002, e quindi sui rinnovi contrattuali.

I contratti, indispensabili per il recupero del potere d’acquisto e l’incremento delle retribuzioni per milioni di lavoratori del pubblico impiego e della scuola, sono anche lo strumento per una politica del welfare in cui il sistema pubblico svolga il ruolo propositivo che la stessa Costituzione affida.

Inoltre l’interpellanza sottolinea con grande preoccupazione l’incremento di varie forme di lavoro precario in tutte le amministrazioni che rischia di creare una emergenza per la loro stessa funzionalità.

“… negli enti locali il lavoro flessibile ha raggiunto la percentuale del 20 per cento, nella sanità oltre il 15 per cento e nei ministeri il 10 per cento circa. Grave è la situazione nelle università, in cui il 60 per cento delle assunzioni riguarda contratti a tempo indeterminato, mentre il 40 per cento si divide tra i vari contratti flessibili..”.

La risposta del Ministro per la Funzione Pubblica Mazzella è tutta da leggere. Dopo aver fatto il punto sullo stato dei diversi comparti (ritardo dell’atto di indirizzo per Università e Ricerca, difficoltà per la definizione del “nuovo” comparto AFAM…) , il Ministro affronta il generale ritardo della stipula dei contratti collettivi.

Egli individua come “origine” la previsione dello 0,26% per il recupero del differenziale inflattivo per il biennio 2000-2001 (contenuta nella finanziaria 2002) giudicata inadeguata dalle organizzazioni sindacali, per cui, con l’accordo del 4 febbraio 2002, si è prevista l’integrazione delle risorse attraverso il riconoscimento di un beneficio ulteriore dello 0,99 per cento. L’accordo ha poi trovato attuazione con la finanziaria successiva, quella per l’anno 2003, quando idati dell’inflazione reale si mostravano molto più alti rispetto a quelli programmati, ed il Governo rifinanziò i fondi per i contratti del 5,56 per cento; con queste risorse aggiuntive si è giunti alla stipula di alcuni contratti, come quello della scuola.

Con la finanziaria per il 2004, invece, il Governo ha previsto per il biennio contrattuale 2004-2005 un incremento salariale complessivo del 3,6 per cento mentre per il recupero salariale relativo al precedente biennio (scarto tra inflazione programmata ed inflazione reale realmente maturata nel biennio 2002-2003) il Governo ritiene che: ” le retribuzioni di fatto nel periodo contrattuale 2002-2003 risultano cresciute piu`dell’inflazione reale”.

Sulla base di questa considerazione il Ministro hacontestato i dati Eurispes citati nell’interpellanza: secondo l’Eurispes la perdita del potere d'acquisto delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti (pubblici e privati) è stata pari al 19,7 per cento per gli impiegati, al 16 per cento per gli operai, al 15,4 per cento per i dirigenti e al 13,3 per cento per i quadri, mentre il Ministro sostiene che questidati “ non analizzano la dinamica retributiva relativa alle retribuzioni di fatto…” poiché si baserebbero sul computo della retribuzione fondamentale, senza considerare quella accessoria.

Per quanto attiene il rilevante fenomeno del personale precario il Ministro, dopo aver ricordato il “peso” del personale assegnato a lavori socialmente utili in attesa di stabilizzazione per i quali il Governo, nell’ultima seduta del consiglio dei ministri, ha approvato un decreto-legge con cui ha prorogato i contratti fino al 31 dicembre 2004, ha illustrato i dati sulle altre forma di precariato.

Significativo il riconoscimento della dimensione del fenomeno precariato, legato anche al blocco delle assunzioni imposto da numerose finanziarie, soprattutto quando i precari lavorano su posti scoperti nell’organico delle diverse amministrazioni.

Il Ministro ha annunciato la prossima emanazione di una circolare per tutte le pubbliche amministrazioni, in cui saranno richiamati i limiti entro cui stipulare contratti di collaborazione coordinata e continuativa.

In particolare la previsione della finanziaria per il 2004 per cui la spesa per l’assunzione a tempo determinato, le convenzioni e le collaborazioni coordinate e continuative nelle pubbliche amministrazioni non possono superare il 90 per cento della spesa del triennio 1999-2001; le disposizioni del decreto legislativo n. 165 del 2001, sulla violazione di norme riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori da parte delle pubbliche amministrazioni, ricordando come la normativa vigente in materia si applica nella pubblica amministrazione nel rispetto dello specifico regime normativo, che prevede i concorsi pubblici.

In sostanza la risposta del Ministro elude il problema fondamentale, quello delle risorse necessarie per i rinnovi contrattuali, rinviandolo all’incontro Governo-Sindacati previsto per il 3 giugno; ma lascia davvero stupefatti scoprire che non abbiamo da recuperare nessun potere d’acquisto! L’affermazione è così netta che rafforza il “sospetto“ che il Governo non intenda mettere a disposizione nuove risorse. Lo scopriremo presto, certo è che per ottenere il semplice rispetto delle regole negoziali è stato necessario uno sciopero, quando sarebbe bastata una tempestiva convocazione delle parti.

Roma, 1 giugno 2004

Testo interpellanza parlamentare

TESTI ALLEGATI ALL'ORDINE DEL GIORNO
della seduta n. 475 di Giovedì 27 maggio 2004

INTERPELLANZE URGENTI

I sottoscritti chiedono di interpellare il Presidente del Consiglio dei ministri e il Ministro per la funzione pubblica, per sapere - premesso che:

dopo 26 mesi dall'inizio della stagione contrattuale 2002-2006 i contratti di università, ricerca, Afam, enti ex articolo 70, dirigenze di tutte le aree, medici non sono stati rinnovati;

la conclusione di tutti i contratti è parte di un impegno esplicito assunto dal Governo nel protocollo di intesa sul pubblico impiego nel febbraio 2002;

a quattro mesi dalla decorrenza del nuovo biennio, nonostante le continue richieste dei lavoratori, il Governo non ha ancora convocato le organizzazioni sindacali per l'apertura della nuova stagione contrattuale;

una tale situazione è aggravata dal fatto che per i rinnovi contrattuali 2004/2005 il Governo, negando la politica dei redditi, ha fatto mancare nella legge finanziaria per il 2004 le risorse necessarie per il recupero del potere d'acquisto e l'incremento delle retribuzioni dei 280.000 lavoratori del pubblico impiego e della scuola;

secondo i dati Eurispes la perdita del potere d'acquisto delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti (pubblici e privati) è stata pari al 19,7 per cento per gli impiegati, al 16 per cento per gli operai, al 15,4 per cento per i dirigenti e al 13,3 per cento per i quadri;

la politica economica del Governo, inoltre, ha contribuito a ledere i diritti contrattuali e le certezze occupazionali per i dipendenti pubblici, nonché a favorire il crescente utilizzo del lavoro precario nel pubblico impiego;

l'utilizzo sistematico di lavoro precario nel pubblico impiego appare in contrasto con i principi costituzionali. L'articolo 97 della Costituzione dispone, infatti, che i pubblici uffici siano organizzati in modo da assicurare il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione, che, invece, rischia di essere messa a rischio dalla massiccia presenza di lavoratori precari;

nella pubblica amministrazione il lavoro precario rischia, poi, di divenire un'emergenza per le stesse amministrazioni: negli enti locali il lavoro flessibile ha raggiunto la percentuale del 20 per cento, nella sanità oltre il 15 per cento e nei ministeri il 10 per cento circa. Grave è la situazione nelle università, in cui il 60 per cento delle assunzioni riguarda contratti a tempo indeterminato, mentre il 40 per cento si divide tra i vari contratti flessibili:

quali iniziative intenda intraprendere il Governo per dare seguito agli impegni assunti nel protocollo di intesa sul pubblico impiego del febbraio 2002 e, quindi, per assicurare il buon esito delle trattative contrattuali;

quali iniziative intenda assumere il Governo per difendere il potere d'acquisto delle retribuzioni, pesantemente eroso dall'inflazione;

quali iniziative intenda assumere il Governo per convertire stabilmente i rapporti di lavoro precari nel pubblico impiego e quali impegni intenda assumere affinché siano garantite risorse nella prossima sessione di bilancio per le finalità sopra descritte;

quali iniziative intenda assumere il Governo per attivare compiutamente il sistema dei fondi di previdenza complementare, garantendo così futura ed adeguata copertura pensionistica ai lavoratori pubblici.

(2-01200)«Castagnetti, Violante, Colasio, Innocenti, Delbono, Cordoni, Boccia, Guerzoni».

(18 maggio 2004)

Resoconto stenografico della risposta all'interpellanza

Seduta del 27 maggio 2004, n°475

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE

FABIO MUSSI

La seduta comincia alle 9,40.

PRESIDENTE. L’ordine del giorno reca lo svolgimento di interpellanze urgenti (Rinnovo dei contratti nel pubblico impiego – n. 2-01200)

PRESIDENTE. L’onorevole Colasio ha facolta` di illustrare l’interpellanza Castagnetti

2-01200 (vedi l’allegato A – Interpellanze urgenti sezione 1), di cui e` cofirmatario.

ANDREA COLASIO. Signor ministro, crediamo che anche lei ed il Governo abbiate, o almeno dovreste avere, la percezione che il nostro paese e` attraversato da una crisi profonda, da una situazione di criticita` , certo in parte imputabile al mutato contesto internazionale, all’affievolirsi dei prerequisiti funzionali al rilancio dell’economia internazionale. Le tensioni dello scenario internazionale – certo aggravate dall’instabilita` del quadrante mediorientale e dall’assoluta incapacita` di sciogliere positivamente la crisi irachena – sono fattori esogeni che da soli pero` non spiegano la crisi che attanaglia il nostro paese.

Volendo delineare in modo sintetico lo stato d’animo prevalente del paese, non abbiamo dubbi a ricorrere ad una precisa espressione: incertezza. Per milioni di italiani l’incertezza sta connotandosi come un elemento di contesto permanente, come una presenza ineludibile nel declinarsi della loro vita quotidiana. Ma sia chiaro, lo stato di incertezza non consegue solo da variabili esterne. Molto puo` , o meglio potrebbe fare, un Governo, se solo vi fosse consapevolezza che, piu` che mai oggi, l’opinione pubblica si aspetta precise politiche pubbliche, regolative e distributive, adeguate alla gravita` della situazione. Quelle politiche, appunto, che purtroppo non si intravedono nell’azione del Governo, un deficit di governo tanto grave in un momento in cui le capacita` autodinamiche della societa` italiana sono compresse dalla ricerca di nuove opportunita`.

Ed e` per questo che l’azione articolata del sistema pubblico, piu` che mai oggi, dovrebbe assumere come priorita` strategica un’azione regolativa, funzionale alla creazione di un clima di fiducia, di un quadro di stabilita` , insomma di un processo idoneo a creare quelle condizioni favorevoli per rimettere in moto il paese.

E` dentro tali politiche ed e` traguardando questi obiettivi, signor ministro, che vengono ad assumere particolare significato e rilievo le politiche nei confronti del pubblico impiego, del sistema scolastico e dell’universita` . L’avvio ed il buon esito di tali politiche e delle trattative contrattuali avrebbero la duplice funzione di garantire un miglioramento delle prestazioni del nostro sistema di welfare e, correlativamente, quella di ridurre l’incertezza con benefici effetti di sistema, a partire dalla domanda interna. E vogliamo ricordare, signor ministro, che la conclusione di tutti i contratti e` parte di un preciso impegno, assunto dal Governo nel protocollo di intesa sul pubblico impiego, siglato nel febbraio 2002.

E` per questo che appare tanto piu` legittima la richiesta sindacale affinche´ si concluda l’iter contrattuale gia` iniziato e si proceda all’avvio delle trattative sindacali in quei settori nei quali non sono ancora state avviate.

Dopo 26 mesi dall’inizio della stagione contrattuale 2002-2006, ci si confronta invece con una situazione che vede il mancato rinnovo dei contratti in comparti strategici: l’università, la ricerca, l’AFAM, la dirigenza di tutte le aree, i medici.

La mancata convocazione delle organizzazioni sindacali per la definizione dei rinnovi contrattuali preclude una seria politica dei redditi e tanto piu` grave e` il fatto che il Governo abbia fatto mancare nella finanziaria le risorse necessarie per il recupero del potere d’acquisto e l’incremento delle retribuzioni per tre milioni di lavoratori del pubblico impiego e della scuola.

Tale potere d’acquisto e` sempre piu` ridotto dall’aumento dell’inflazione e dall’aumento dei prezzi e delle tariffe, mentre si annunciano interventi demagogici di riduzione fiscale sugli alti redditi. I dati di un autorevole istituto di ricerca cos?` quantificano la perdita del potere d’acquisto delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti, pubblici e privati: meno 19 per

cento per gli impiegati; meno 16 per cento per gli operai; meno 15 per cento per i dirigenti; meno 13 per cento per i quadri.

Si tratta di una strategia che nega alla radice la politica dei redditi e che mina il sistema contrattuale pubblico e la logica delle relazioni sindacali sottesa al protocollo del luglio 1993.

Questo Governo, con la sua azione, ma anche con la sua inazione, nega la politica dei redditi, producendo conseguenze negative sulle capacita` di prestazione del nostro sistema di welfare.

Si riduce cos?` gravemente la qualita` dei servizi alla persona nella sanita` , nella scuola e nell’intero sistema formativo e nei servizi dei governi locali.

La politica economica del Governo ha inoltre contribuito a ledere i diritti contrattuali e le certezze occupazionali per i dipendenti pubblici, nonche´ a favorire il crescente utilizzo sistematico del lavoro precario nel pubblico impiego. Tale utilizzo appare del resto in contrasto con i principi costituzionali: l’articolo 97 della Costituzione dispone infatti che i pubblici uffici siano organizzati in modo da assicurare il buon andamento e l’imparzialita`

dell’amministrazione, che invece viene messa a rischio dalla massiccia presenza di lavoratori precari.

Nella pubblica amministrazione, il lavoro precario rischia inoltre di costituire un’emergenza per le stesse amministrazioni.

Negli enti locali il lavoro flessibile ha raggiunto il 20 per cento, nella sanita` oltre il 15 per cento e nei ministeri il 10 per cento circa. E` grave la situazione nell’universita` , in cui il 60 per cento delle assunzioni riguarda contratti a tempo indeterminato, mentre il restante 40 per cento si divide tra i vari contratti flessibili.

A fronte di tale situazione di incertezza, di riduzione dei diritti e di indebolimento del nostro sistema di welfare, i gruppi della Margherita e dei Democratici di sinistra chiedono quali iniziative intenda intraprendere il Governo per dare seguito agli impegni assunti nel protocollo di intesa sul pubblico impiego del febbraio 2002 e per assicurare il buon esito delle trattative contrattuali; quali iniziative intenda assumere il Governo per difendere il potere d’acquisto delle retribuzioni, pesantemente eroso dall’inflazione; quali iniziative intenda assumere il Governo per convertire stabilmente i rapporti di lavoro precari nel pubblico impiego e quali impegni intenda assumere affinche´ siano garantite risorse nella prossima sessione di bilancio per le finalita` sopra descritte; quali iniziative intenda inoltre assumere il Governo per attivare compiutamente il sistema dei fondi di previdenza complementare, garantendo cos?` futura ed adeguata copertura pensionistica ai lavoratori

pubblici.

PRESIDENTE. Il ministro per la funzione pubblica, avvocato Mazzella, ha facolta` di rispondere.

LUIGI MAZZELLA, Ministro per la funzione pubblica. Signor Presidente, gli onorevoli interpellanti chiedono di conoscere i motivi del ritardo nella stipulazione dei contratti collettivi relativi al periodo contrattuale 2002-2005, con specifico riferimento ai comparti dell’universita` , degli enti di ricerca, dell’alta formazione artistica e musicale, dell’area della dirigenza, dei medici e degli enti di cui all’articolo 70 del decreto legislativo n. 165 del 2001.

Al riguardo, si fa presente in primo luogo che per il comparto dell’universita` la trattativa si e` aperta nell’aprile 2004, atteso il contestuale ritardo nell’emanazione del relativo atto di indirizzo da parte del competente comitato di settore, che, per il predetto comparto, non e` costituito dal Governo, ma dalla Conferenza dei rettori delle universita` (CRUI), ai sensi dell’articolo 41, comma 3, del decreto legislativo n. 165 del 2001. Tale comitato ha reso un primo atto di indirizzo relativo al periodo contrattuale 2002-2005 solo in data 19 marzo 2004.

Va in ogni caso evidenziato che per il comparto in parola il ritardo nel rinnovo contrattuale e` in parte giustificato anche dalla tardiva stipulazione del contratto relativo al precedente periodo contrattuale 2000-2001, avvenuta in data 13 maggio 2003.

In secondo luogo, un discorso per certi versi analogo puo` farsi per il comparto degli enti ed istituzioni di ricerca, il cui contratto collettivo nazionale per il periodo contrattuale 1998-2001 e` stato sottoscritto solo in data 21 febbraio 2002, a quadriennio gia` scaduto.

Anche in questo caso, comunque, il comitato di settore competente per l’emanazione degli atti di indirizzo contrattuali non e` costituito da istanze governative, ma dalle istanze rappresentative promosse dai presidenti degli enti di ricerca. Tale comitato di settore, piu` volte sollecitato dal dipartimento della funzione pubblica, ha emanato l’atto propedeutico alla contrattazione collettiva soltanto lo scorso 5 maggio.

Tale atto e` attualmente all’esame del Ministero dell’economia e delle finanze per la valutazione della compatibilita` finanziaria ai sensi dell’articolo 47, comma 1, del decreto legislativo n. 165 del 2001, che richiede che gli indirizzi per la contrattazione collettiva nazionale siano deliberati dai comitati di settore prima di ogni rinnovo contrattuale e che gli atti di indirizzo delle amministrazioni diverse dallo Stato siano sottoposti al Governo, che esprime le sue valutazioni per quanto attiene agli aspetti riguardanti la compatibilita` con le linee di politica economica e finanziaria nazionale.

Per le istituzioni di alta formazione artistica e musicale (AFAM), il contratto 2002-2005 costituisce il contratto di ingresso della categoria, prima ricompressa nel comparto scuola. L’atto di indirizzo per la contrattazione del quadriennio 2002-2005, elaborato dal dipartimento della funzione pubblica d’intesa con il ministro dell’istruzione e con quello dell’economia e delle finanze, e` stato inviato all’ARAN gia` in data 31 luglio 2003. Le relative trattative – che, poiche´ interessano un comparto di nuova costituzione si presentano di maggiore complessita` –, sono attualmente in corso. In particolare, e` stata richiesta un’integrazione delle risorse per la retribuzione accessoria attualmente all’esame del Ministero dell’economia e delle finanze.

La situazione degli enti ex articolo 70, comma 4, del decreto legislativo n. 165 del 2001, si presenta molto differenziata in relazione al processo di privatizzazione o trasformazione in ente pubblico economico che ha interessato alcuni di questi enti, peraltro soggetti ad una procedura di contrattazione in parte diversa rispetto a quella prevista per i comparti di contrattazione.

(...)

Per gli altri enti ex articolo 70, non interessati a processi di trasformazione in ente economico o societa` per azioni, va considerato, invece, che gli stessi, generalmente, stipulano i propri contratti dopo quelli relativi ai comparti di contrattazione.

Per l’ENEA, e` stato dato mandato all’ARAN – attraverso appositi atti di indirizzo – per l’erogazione dell’indennita` di vacanza contrattuale, a titolo di anticipazione retributiva, cos?` come previsto dall’accordo del luglio del 1993.

(…)

Con riferimento, in generale, al ritardo della stipula dei contratti collettivi e, in particolare, dei contratti delle aree dirigenziali, si fa presente che alla base del ritardo della stipulazione di tutti i contratti collettivi del quadriennio 2002-2005 e del primo biennio economico 2002-2003 vi sono alcuni problemi connessi alla quantificazione delle risorse contrattuali.

In origine, la legge finanziaria per il 2002 aveva previsto il recupero del differenziale inflattivo per il biennio 2000-2001 (relativo, cioe`, allo scarto tra inflazione maturata, o reale, ed inflazione programmata nel precedente biennio) nella misura dello 0,26 per cento in ragione d’anno (articolo 16 della legge 28 dicembre 2001, n. 448). Tale quantificazione e` stata, pero` , giudicata inadeguata dalle organizzazioni sindacali rappresentative del pubblico impiego, per cui, con gli accordi tra Governo e sindacati del 4-6 febbraio 2002, si e` prevista l’integrazione delle risorse attraverso il riconoscimento di un beneficio ulteriore dello 0,99 per cento, da destinare prevalentemente alla contrattazione integrativa.

Per l’allocazione di tali risorse si è dovuto tuttavia attendere il varo della legge finanziaria per il 2003, che ha destinato lo 0,99 aggiuntivo anche alla contrattazione integrativa, peraltro distogliendo uno 0,5 per cento, previsto dalla finanziaria per il 2002 per il finanziamento della contrattazione integrativa dello stesso anno 2002, dal predetto vincolo di destinazione, sia per evitare una distribuzione a pioggia delle risorse destinate alla produttivita` sia per permettere un anticipo in conto recupero dell’inflazione reale maturata per l’anno 2002, considerato che erano ormai conosciuti i dati dell’inflazione reale dello stesso anno e che i medesimi si mostravano molto piu` alti rispetto a quelli programmati (articolo 33 della legge 27 dicembre 2002, n. 289).

Questa previsione ha consentito di concludere buona parte dei contratti collettivi di comparto, ad esclusione di quelli per i quali e` stato richiesto dalle amministrazioni interessate il trasferimento di risorse da parte dello Stato (sanita` ). Per questi ultimi, si e` resa necessaria una previsione ad hoc nella legge finanziaria per il 2004, in deroga a quanto previsto dall’articolo 48 del decreto legislativo n. 165 del 2001, che stabilisce che gli oneri per la contrattazione collettiva delle amministrazioni diverse dallo Stato ricadono sui rispettivi bilanci (articolo 3, comma 52, della legge 24 dicembre 2003, n. 350). Naturalmente, questo trasferimento ha determinato un ulteriore ritardo nella definizione del contratto in questione.

Tale vicenda finanziaria, ricostruita qui nelle sue tappe essenziali, ha naturalmente riverberato i suoi effetti anche sulla contrattazione collettiva della dirigenza pubblica, sia perche´ la stessa e` destinataria dei medesimi incrementi retributivi percentuali previsti per i dipendenti non dirigenti, sia perche´ i contratti collettivi della dirigenza tradizionalmente seguono la stipulazione di quelli di comparto, per cui il ritardo nella stipulazione dei primi ha inevitabili effetti di ricaduta sui secondi.

Inoltre, per la dirigenza pubblica, i ritardi costituiscono l’effetto precipuo della mancata stipulazione del contratto quadro per la definizione delle aree contrattuali.

L’organismo di coordinamento dei comitati di settore ha a tal fine inviato due atti di indirizzo all’ARAN, ma sulla base di tali atti non si e` addivenuti al contratto quadro perche´ le organizzazioni sindacali si sono mostrate contrarie alla regolamentazione delle aree ipotizzate attraverso tali atti di indirizzo. Cio` ha reso necessario il varo di un ulteriore atto di indirizzo, in data 26 febbraio del corrente anno, sulla base del quale si e` dato mandato all’ARAN, come richiesto dalle amministrazioni e dalle organizzazioni sindacali, per lo « spacchettamento’ » dell’area 1 (prima comprensiva della dirigenza dei comparti: ministeri; aziende ad ordinamento autonomo; universita`; enti di ricerca; enti pubblici ed economici; agenzie fiscali e Presidenza del Consiglio dei ministri).

Sulla base di questo terzo atto di indirizzo, si e` infine pervenuti, il 19 maggio scorso, alla stipulazione di una ipotesi di accordo quadro in sede ARAN, recante la definizione delle autonome aree di contrattazione della dirigenza per il quadriennio 2002- 2005, che permettera` in tempi ragionevolmente brevi il varo degli indirizzi contrattuali da parte dei competenti comitati di settore per ognuna delle aree individuate dall’ipotesi di accordo. Al riguardo, un primo atto di indirizzo per il rinnovo del contratto della dirigenza delle regioni e delle autonomie locali e` stato gia` inviato dal comitato di settore in data 12 maggio 2004 ed e` attualmente all’esame del Ministero dell’economia e delle finanze, ai sensi del citato articolo 47, comma 1, del decreto legislativo n.165 del 2001.

Circa il mancato rinnovo del contratto collettivo dei medici del Servizio sanitario nazionale, valgono le considerazioni generali svolte per la dirigenza nel suo complesso, atteso l’inquadramento degli stessi nell’area della dirigenza medica e veterinaria.

Nello specifico, con riferimento agli atti di indirizzo per il rinnovo dei contratti collettivi nazionali di lavoro relativi al quadriennio normativo 2002-2005, dal primo biennio economico 2002-2003, per il personale dell’area della dirigenza medico veterinaria e per quello dell’area della dirigenza sanitaria, professionale, tecnica e amministrativa (area IV), sono stati inviati dalla Conferenza dei presidenti delle regioni, che per la categoria in oggetto svolge le funzioni di comitato di settore, due atti di indirizzo, che tuttavia sono in fase di rielaborazione, in considerazione del fatto che e` stato recentemente approvato dal Parlamento il decreto-legge n. 81 del 2004 sulle emergenze sanitarie, che potrebbe incidere sulla congruita` di tali atti di indirizzo.

Per cio` che attiene agli impegni del Governo, che trovano rappresentazione nell’accordo del 4-6 febbraio 2002, si fa presente che tale protocollo sancisce espressamente un impegno del Governo al rifinanziamento dei contratti collettivi, nella percentuale complessiva del 5,56 per cento, con un incremento aggiuntivo dello 0,99 per cento rispetto al precedente stanziamento.

Tale integrazione percentuale e` avvenuta con la legge finanziaria per l’anno 2003 (si veda l’articolo 33 della legge 27 dicembre 2002, n. 289), che, oltre a rideterminare le risorse finanziarie per i rinnovi contrattuali al 5,66 per cento (in ragione del riconoscimento di un ulteriore

0,1 per cento a titolo di inflazione programmata 2003, che viene complessivamente cifrata all’1,4 per cento anziche´ al precedente 1,3 per cento), ha tra l’altro eliminato, come si e` detto in precedenza, sia il vincolo di finalizzazione alla contrattazione integrativa dello 0,5 per l’anno 2002, sia il vincolo di prevalente destinazione alla medesima contrattazione integrativa dello 0,99 per cento aggiuntivo, riconosciuto dall’accordo di febbraio. Tale riconoscimento di risorse aggiuntive, avvenuto in relazione agli impegni

assunti dal Governo con l’accordo del 4-6 febbraio 2002, ha nei fatti permesso la stipulazione di quasi tutti i contratti collettivi di comparto relativi al quadriennio 2002-2005 e al biennio economico 2002-2003, ad eccezione dei gia` citati contratti dei comparti dell’universita` , dell’AFAM e degli enti di ricerca, per i quali si e` gia` risposto in precedenza e che interessano circa 100 mila dipendenti pubblici, su un complesso di oltre tre milioni.

Per cio` che riguarda il nuovo biennio contrattuale 2004-2005, con riferimento alle richieste delle organizzazioni sindacali rappresentative del pubblico impiego di aprire un tavolo di confronto, si fa presente che per il prossimo 3 giugno e` stata indetta presso Palazzo Chigi, un’apposita runione Governo-sindacati al fine di esaminare le problematiche relative al pubblico impiego nella prospettiva della nuova stagione contrattuale.

Per cio` che riguarda gli stanziamenti previsti per il recupero del potere di acquisto dei salari, si fa presente che la legge finanziaria per l’anno 2004 (articolo 3, comma 46, legge 24 dicembre 2003, n. 350), ha previsto, per il biennio contrattuale 2004-2005, un incremento salariale complessivo del 3,6 per cento, derivante dalla sommatoria delle percentuali dovute a titolo di anticipo dell’inflazione programmata per gli anni 2004 e 2005, come da dati ISTAT e previsione del documento di programmazione economico-finanziaria, nella misura, rispettivamente, dell’1,7 per cento e dell’1,5 per cento, nonche´ dall’apposito stanziamento per la contrattazione integrativa dello 0,2 per cento in ragione di ogni anno.

Per cio` che attiene, invece, al recupero salariale relativo al precedente biennio (scarto tra inflazione programmata ed inflazione reale realmente maturata nel biennio 2002-2003), si fa presente che, in base ai dati provenienti da varie fonti (ISTAT, contabilita` nazionale e ARAN), le retribuzioni di fatto nel periodo contrattuale 2002-2003 risultano cresciute piu` dell’inflazione reale. Ricordo, al riguardo, che l’accordo del 23 luglio 1993 stabilisce espressamente che, per la definizione della dinamica salariale, occorre tener conto delle «tendenze generali dell’economia e del mercato del lavoro, del raffronto competitivo e degli andamenti specifici del settore» e che «in sede di rinnovo biennale dei minimi contrattuali, ulteriori punti di riferimento del negoziato saranno costituiti dalla comparazione tra l’inflazione programmata e quella effettiva intervenuta nel precedente biennio, da valutare anche alla luce delle eventuali variazioni delle ragioni di scambio del paese, nonche´ dell’andamento delle retribuzioni ».

In ogni caso, tali aspetti costituiranno lo specifico oggetto del confronto con le organizzazioni sindacali programmato per il 3 giugno prossimo presso palazzo Chigi.

Con riferimento alla presunta perdita del potere di acquisto dei salari, alla luce dei dati Eurispes, si fa presente che le indicate percentuali non analizzano la dinamica retributiva relativa alle retribuzioni di fatto (derivanti dalla sommatoria degli incrementi incidenti sul trattamento economico fondamentale e degli incrementi derivanti dalle risorse destinate alla contrattazione integrativa), attestandosi solo sui dati derivanti dal computo della retribuzione fondamentale. Detto diversamente, essi non includono nel calcolo gli incrementi derivanti dalla retribuzione accessoria, contrattata in sede integrativa che, nel lavoro pubblico, ha un suo specifico rilievo.

Per quanto riguarda i quesiti in materia previdenziale, in piena coerenza e alla luce delle disposizioni normative recate dal disegno di legge in materia pensionistica in corso di approvazione parlamentare, appare fondamentale ed imprescindibile l’avvio, anche per i pubblici dipendenti, di forme di previdenza per l’erogazione di trattamenti pensionistici complementari (il cosiddetto secondo pilastro) del sistema obbligatorio pubblico.

Al riguardo, occorre dire, come e` noto, che la normativa vigente demanda alla contrattazione collettiva l’istituzione dei fondi pensione (si vedano, in particolare, il decreto legislativo n. 124 del 1993 e la legge n. 335 del 1995). In questo quadro normativo di riferimento e sulla base degli atti di indirizzo deliberati in materia dall’organismo di coordinamento dei comitati di settore nel corso della precedente tornata contrattuale (1998-2001), l’ARAN e le organizzazioni sindacali hanno sottoscritto il 29 luglio 1999 l’accordo quadro nazionale in materia di trattamento di fine rapporto e di fondi pensione per i pubblici dipendenti, seguito da due decreti del Presidente del Consiglio dei ministri di « recepimento » (i decreti del Presidente del Consiglio dei ministri del 20 dicembre 1999 e del 2 marzo 2001), nonche´, in data 14 marzo 2001, l’accordo istitutivo del fondo nazionale pensione complementare per i lavoratori della scuola, denominato fondo « Espero ».

Occorre, ora, che l’ARAN e le organizzazioni sindacali istituiscano gli altri fondi pensione sulla base di quanto previsto sia dai citati atti diindirizzo e dalle nuove ndicazioni per la tornata contrattuale in corso, sia dalle vigenti disposizioni contrattuali dei contratti nazionali collettivi dei singoli comparti di contrattazione collettiva.

Il dipartimento della funzione pubblica, infatti, nell’esercizio della propria competenza istituzionale di indirizzo per la contrattazione collettiva nazionale, unitamente al Ministero dell’economia e delle finanze, ha impartito all’ARAN le indicazioni necessarie alla stipulazione degli accordi contrattuali istitutivi dei fondi pensione anche con riguardo ai comparti di nuova istituzione (agenzie fiscali, Presidenza del Consiglio dei ministri, istituzioni di alta formazione artistica e musicale).

Attualmente sono in corso le necessarie verifiche per l’eventuale emanazione di ulteriori utili indicazioni governative o da parte dei comitati di settore delle amministrazioni pubbliche diverse dallo Stato.

Sulla base di questi presupposti, il ministro per la funzione pubblica ha, dunque, invitato l’ARAN, anche formalmente (con nota dell’11 giugno 2003), a riprendere le trattative negoziali per l’istituzione dei predetti fondi, ripresa che e` gia` avvenuta con la riunione tenutasi presso l’ARAN con le organizzazioni sindacali dei comparti delle regioni e delle autonomie locali e della sanita` lo scorso 19 maggio, alla quale seguira` una seconda riunione, gia` programmata per il giorno 8 giugno prossimo venturo.

Sul versante della normativa pubblicistica, nel corso del 2003 il quadro di regole in materia di fondi pensione si e` arricchito di due indispensabili ed attesi provvedimenti. Il primo e` il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 2 maggio 2003, emanato su proposta del ministro per la funzione pubblica, recante l’individuazione dei soggetti competenti a designare, per la parte datoriale, i componenti dei primi organi collegiali dei fondi pensione (Stato e parastato). Si rammenta che questo decreto del Presidente del Consiglio dei ministri fa salve, sotto l’aspetto procedurale, le designazioni di parte datoriale gia` effettuate dal ministro dell’istruzione relativamente al fondo scuola. Il secondo provvedimento e` il decreto ministeriale 20 giugno 2003 del ministro del lavoro, che « aggiorna » i requisiti di professionalita` del rappresentante legale e dei componenti degli organi di amministrazione dei fondi pensione anche per tenere presenti le specificita` del settore pubblico.

Anche grazie all’emanazione di questi due provvedimenti, il fondo nazionale pensione complementare per i lavoratori della scuola, denominato fondo « Espero », che interessa oltre 1.100.000 lavoratori (circa il 33,47 per cento del totale dei lavoratori pubblici) sta ultimando i necessari passaggi per la concreta operativita` , gia` in buona parte acquisita con il provvedimento in data 12 maggio 2004 della COVIP (commissione di vigilanza sui fondi pensione) di autorizzazione all’esercizio dell’attivita`.

Con specifico riguardo al personale ad ordinamento pubblicistico e con particolare riferimento in particolare delle Forze armate e delle Forze di polizia, le problematiche relative all’istituzione di forme pensionistiche complementari sono state affrontate nel corso dell’incontrotenutosi presso il dipartimento il 27 gennaio 2004 per l’apertura di un tavolo di confronto sui temi piu` generali della previdenza, anche obbligatoria, e in connessione con il disegno di legge in itinere sulla riforma pensionistica.

Per quanto concerne i quesiti relativi ai rapporti di lavoro precario nel pubblico impiego, si rappresenta quanto segue. Il fenomeno del precariato nelle amministrazioni pubbliche ha assunto dimensioni molto rilevanti ed e` stato oggetto di numerose rimostranze e richieste sindacali.

Il dipartimento, nel corso dell’anno passato, si e` fatto carico di approfondire detta questione e l’indagine, condotta anche attraverso riunioni con le amministrazioni interessate, ha riguardato, per quanto di competenza, le amministrazioni appartenenti al settore dello Stato.

Detta indagine ha prodotto i seguenti risultati: il personale precario della pubblica amministrazione e` caratterizzato da unita` di personale assunto a tempo determinato ovvero assegnato a lavori socialmente utili, ed e` in attesa di una stabilizzazione a tempo indeterminato. In merito, la situazione nella pubblica amministrazione al 2001 e` rappresentata nella tabella A, che chiedero` di pubblicare in allegato.

Relativamente alle collaborazioni coordinate e continuative, i dati sono quelli elaborati dall’ARAN e risultanti nella tabella B, che chiedero` di pubblicare in allegato.

Specifiche e speciali normative, nonche´ le leggi finanziarie per gli anni 2001, 2002,2003 e 2004, hanno prorogato fino al 31 dicembre 2004 alcuni rapporti a tempo determinato che riguardano il Ministero della giustizia, nonche´ quelli dei beni culturali e della salute, l’Agenzia del territorio, nonche´ gli enti previdenziali. I dipendenti interessati sono circa 5.826 unita` di personale, la cui stabilizzazione avrebbe un costo pieno a regime di circa 160 milioni di euro. Attualmente tale personale comporta lo stesso onere finanziario che pesa sui capitoli delle suindicate amministrazioni.

Il Governo, al fine di contrastare il fenomeno del precariato nella pubblica amministrazione, ha previsto una serie di limiti e vincoli, fra cui quello disciplinato dall’articolo 3, comma 65, della legge n. 350 del 2003 (legge finanziaria per il 2004), che prevede il limite di spesa del 90 per cento della spesa relativa al triennio 1999-2001, sostenuta dalle pubbliche amministrazioni per l’assunzione a tempo determinato, le convenzioni e le collaborazioni coordinate e continuative, fatte salve quelle che non gravano sui bilanci e sulle risorse proprie dell’amministrazione, come i finanziamenti comunitari e internazionali o fondi derivanti da contratti con le imprese o con altre amministrazioni pubbliche.

Nel 2003, il dipartimento ha organizzato alcune riunioni con talune delle suindicate amministrazioni, le quali hanno piu` volte rappresentato la preoccupante questione dei precari non piu` rinviabile, trattandosi ormai di personale da anni impiegato in compiti istituzionali nelle amministrazioni,nell’ambito di funzioni presenti nell’organico. Un’ulteriore urgenza e` stata rappresentata dagli enti previdenziali INAIL, INPDAP e INPS, nei quali i contratti a tempo determinato concernenti circa 300 dipendenti ex lavoratori socialmente utili scadono entro i mesi di maggio e giugno del corrente anno.

Il Governo, nell’ultima seduta del Consiglio dei ministri, tenuto conto delle urgenze e della necessita` di fronteggiare la citata emergenza, ha approvato un decreto-legge con il quale, tra l’altro, ha prorogato i suddetti contratti a tempo determinato del personale in servizio nei suindicati enti previdenziali, prevedendo una proroga fino al 31 dicembre 2004.

In merito, il dipartimento ha rappresentato che per l’assunzione di personale precario si deve fare espresso richiamo a quanto previsto dagli articoli 35 e 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001, concernente le assunzioni nelle amministrazioni pubbliche mediante procedure pubbliche selettive, e dall’articolo 39 della legge n. 449 del 1997, in materia di programmazione delle assunzioni. In particolare

l’articolo 36, comma 2, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001, stabilisce che la violazione di norme imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori da parte delle pubbliche amministrazioni, non puo` comportare la costituzione di rapporti di lavoro a tempo indeterminato, com’e` invece previsto per il settore privato. Infatti, l’articolo 97 della Costituzione dispone, al riguardo, una fondamentale ed inconfutabile differenza tra i regimi lavoristici pubblici e privati, proprio in una fase determinante, come quella costitutiva del rapporto di lavoro, per il quale si prevede il principio della selezione mediante concorso pubblico. Il comma 3 del medesimo articolo 97, infatti, individua nel concorso lo strumento di selezione che consente, in linea di principio, di individuare nel modo piu` efficiente possibile e con soddisfacente grado di imparzialita` i dipendenti migliori, cos?` garantendo il buon andamento dell’azione amministrativa.

Sul punto, la medesima Corte costituzionale, con sentenza n. 89 del 27 marzo2003, ha escluso la possibilita` di conversione del rapporto di lavoro da tempo determinato a tempo indeterminato nelle pubbliche amministrazioni, in quanto contraria ai principi di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione.

Cio` posto, si ritiene che la normativa vigente in materia di rapporti a tempo determinato (decreto legislativo n. 368 del 2001) debba applicarsi nella pubblica amministrazione entro i limiti e nel rispetto dei principi di cui all’articolo 36 del decreto legislativo n. 165 del 2001, trattandosi di disposizione di carattere speciale e derogatoria rispetto al regime del rapporto di lavoro privato. L’estensione delle previsioni normative ordinarie sulla conversione del rapporto di lavoro non solo si pone in aperto contrasto con il regime normativo speciale pubblico, che e` intangibile dalle norme disciplinanti il regime privato, ma potrebbe costituire un modo per aggirare i principi della Costituzione, quali quelli del concorso pubblico e dell’imparzialita`.

Eventuali deroghe alla suindicata normativa potranno, pertanto, essere previste da apposite disposizioni, nel rispetto sia dei principi espressamente enunciati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 1999, sia di quelli stabiliti dalla legge n. 449 del 1997, salvo, in quest’ultimo caso, che le medesime disposizioni normative derogatorie prevedano la copertura finanziaria. Infatti, la sentenza suindicata ha stabilito che la sussistenza di deroghe al principio del pubblico concorso, come nel caso di selezioni riservate al personale gia` dipendente, potra` essere prevista solo in casi specifici e determinati per garantire il buon andamento dell’amministrazione ovvero l’attuazione di altri principi di rilievo costituzionale.

Attualmente, il dipartimento sta predisponendo una circolare diretta a tutte le pubbliche amministrazioni, nella quale sono evidenziati i limiti e i vincoli per la stipulazione dei contratti di collaborazione coordinata e continuativa, facendoespresso riferimento agli orientamenti ed alla giurisprudenza della Corte dei conti.

Infine, chiedo alla Presidenza l’autorizzazione alla pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna della tabella A, che riguarda il personale dei lavori socialmente utili a tempo determinato nella pubblica amministrazione nell’anno 2001, e della tabella B, relativa ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa nelle pubbliche amministrazioni.

PRESIDENTE. La Presidenza ne autorizza la pubblicazione, sulla base dei consueti criteri.

L’onorevole Cordoni ha facolta` di replicare per l’interpellanza Castagnetti n. 2-01200, di cui e` cofirmataria.

ELENA EMMA CORDONI. La ringrazio,signor ministro, per le minuziose informazioni che ci ha dato, anche se avremo modo di entrare nel merito, puntigliosamente, in sede di Commissione competente. Devo innanzitutto dire che il ministro ha confermato le ragioni dell’interrogazione presentata. Lei ha ricordato che il 3 giugno i sindacati saranno convocati a Palazzo Chigi: quindi, non possiamo non rilevare che, per ottenere una normale convocazione, bisogna prima provocare scioperi nazionali nel paese. E` una costante di questo Governo, come se sollecitare i lavoratori ad affermare i loro diritti fosse un atto di indirizzo politico.

Dobbiamo prenderne atto. Su tutte le vicende verifichiamo che non vi e` mai la capacita` o la volonta` di prevenire situazioni conflittuali e credo che, oramai, i lavoratori lo abbiano capito. Lo hanno capito i lavoratori del settore pubblico, cos?` come quelli del settore privato, anche in merito a situazioni particolarmente difficili e complicate come quella riscontrata a proposito della vicenda Melfi, con riferimento alla quale il Ministero del lavoro, invece di svolgere una funzione di arbitro, ha incentivato situazioni di provocazione.

Lo stesso discorso si puo` fare per il pubblico impiego: dobbiamo fare in modo che i sindacati ed i lavoratori scioperino o manifestino per ottenere una normale convocazione al tavolo delle trattative, anche quando la controparte e` proprio il pubblico impiego, il Governo e l’ARAN. Lei ci ha detto che i ritardi riscontrati non sono imputabili al Governo, ma agli organismi deputati a predisporre atti di indirizzo, con riferimento sia ai settori che presentano una certa autonomia sia a quelli che, invece, dipendono direttamente dal Governo e dai ministeri. Le colpe dei ritardi, come lei ha appena affermato, sono attribuibili ad altri soggetti, ma credo che il Governo abbia responsabilita` di indirizzo, nonche´ quella di sollecitare gli organi competenti alla predisposizione di atti di indirizzo a rispettare i termini di legge per quanto riguarda i rinnovi contrattuali. Non credo debba solo osservare i comportamenti degli enti che devono compiere questi atti.

Devo, inoltre, rilevare che, anche in presenza di atti di indirizzo, l’iter di moltiprovvedimenti e` fermo presso il Ministero dell’economia e delle finanze, il quale si deve pronunciare sull’esistenza delle risorse previste (e` una delle questioni messe in evidenza nella nostra interpellanza).

Siamo consapevoli, per quanto riguarda la mancata stipulazione di molti contratti, che occorra riferirsi non solo all’ordinaria revisione che spetta al Ministero dell’economia e delle finanze, ma anche alle decisioni assunte rispetto alla questione delle risorse per il rinnovo dei contratti pubblici.

Lei ci dice, altres?` (ne sono meravigliata !), che i lavoratori del pubblico impiego sono quei fortunati lavoratori italiani che recupereranno interamente il potere di acquisto dei propri salari. E` una notizia che non corrisponde ai nostri dati. Riteniamo che la suddetta categoria di lavoratori, come quella del settore privato o i pensionati (soggetti a reddito fisso, dipendente), sia vittima della mancata restituzione del drenaggio fiscale, nonche´ della differenza fra inflazione programmata ed inflazione reale. Sono questioni su cui nessuno discute: solo il Presidente del Consiglio, qualche mese fa, ha tentato di dire l’opposto.

Noi, invece, ci sentiamo dire che i lavoratori del pubblico impiego otterranno o hanno ottenuto – beati i fortunati ! – l’intero recupero del potere di acquisto; quindi, ci sembra di capire che non occorre fare niente su questo versante e che non si dovra` procedere alla restituzione del fiscal drag, da tre anni bloccata, per evitare almeno che vi sia un depauperamento del valore di acquisto. Non sto parlando di produttivita` o di maggiore ricchezza da ridistribuire al lavoro dipendente, ma solo del potere di acquisto. Lei ci ha dato questa notizia, che contestiamo, perche´ i dati evidenziano alcune differenze: vi sono differenze tra categorie, piu` alte o piu` basse, a seconda dei settori e dei livelli. Sia per i lavoratori pubblici sia per quelli privati, siamo di fronte alla stessa condizione. Avremmo apprezzato se ci fosse stato detto che questa differenza esiste e che puo` essere recuperata. Inverita` , in altri tavoli e in altre situazioni, abbiamo verificato che questo e` un punto sul quale non si intende intervenire, in quanto lo Stato dovrebbe mettere a disposizione nuove risorse.

I documenti prodotti dal Ministero dell’economia e delle finanze evidenziano che nelle prossime settimane, dopo le elezioni, vi sara` probabilmente una riduzione delle tasse e sicuramente una manovra correttiva, attraverso un taglio della spesa pubblica.

Signor ministro, ho ascoltato quanto da lei affermato in ordine alla questione previdenziale e, anche in questo caso, devo sottolineare il mio stupore. Probabilmente, abbiamo partecipato ad una discussione sulla delega attualmente in esame al Senato diversa da quella alla quale partecipate lei e il suo Governo. In merito, vorrei ricordare che uno degli elementi di scontro tra la delega previdenziale e questo Parlamento e` proprio il fatto che non e` prevista alcuna normativa che consenta di rendere agibile la previdenza complementare nel pubblico impiego. Infatti, non basta scrivere che si riuniscono i consigli di amministrazione o gli enti: occorrono le risorse.

Conosciamo bene la normativa sul trattamento di fine rapporto dei lavoratori pubblici. Se lo Stato non mette a disposizione degli enti di previdenza le risorse, nessuno puo` affermare che si stia realizzando la previdenza complementare. Cio` appare evidente, anche se dalla sua risposta emergono altri dati; probabilmente, stiamo leggendo testi diversi! Tra l’altro, dopo anni in cui si e` cercato di rendere uniformi le norme sulla previdenza tra lavoro pubblico e lavoro privato, siamo nuovamente di fronte alla costruzione di differenziazioni che non sempre – a differenza di quanto accadeva in passato – appaiano a favore del lavoro pubblico. Ad esempio, ancora non sappiamo, in quanto la delega non lo chiarisce, se la permanenza al lavoro con gli incentivi sara` estesa al pubblico impiego.

Stiamo procedendo in una direzione che ricostruira` differenze, diseguaglianze e che, nel caso della previdenza, avra` sicuramente carattere peggiorativo. Invito il ministro della funzione pubblica a leggere il testo della delega previdenziale, che a breve – secondo quanto affermato dal ministro Maroni – dovra` essere esaminato dalla Camera.

Signor ministro, anche per quanto riguarda la questione dei precari, nella sua risposta lei ha evidenziato il quadro della situazione. La ringrazio per l’informazione precisa, ma la conoscevamo e la conoscono benissimo anche i lavoratori precari delle pubbliche amministrazioni. Si tratta di una vicenda che viene da lontano ma, nella prima legge finanziaria, avevamo gia` individuato le forme e i modi – lo avevano fatto i sindacati insieme ad alcuni ministri, come ad esempio a quello dei beni e delle attivita` culturali – per addivenire alla stabilizzazione.

Ci e` stato detto che occorre fare tutto insieme; non e` sufficiente il Ministero dei beni e delle attivita` culturali. Ebbene, dall’insediamento del Governo Berlusconi – sono trascorsi tre anni – siamo ancora fermi. Non e` stato costruito alcun percorso per la stabilizzazione del rapporto di lavoro. Invece, le norme – come lei ci ha detto – si potrebbero individuare, salvaguardando i principi della Costituzione.

Mi avvio alla conclusione, dichiarandomi insoddisfatta della sua risposta che, pur essendo puntuale, precisa, ragionata, con dati utili e interessanti, non affronta i nodi e i problemi che abbiamo posto con la nostra interpellanza.