1945-2005: l’Italia antifascista compie 60 anni
Il 25 aprile del 1945 il Comitato di Liberazione nazionale lanciava la parola d’ordine dell’insurrezione. Milano e le altre grandi città del Nord si liberavano dai tedeschi e dai nazisti mentre le truppe Alleate risalivano l’Italia
Dall'Unità del 9 gennaio 2005:
a firma di Guglielmo Epifani, segretario generale della Cgil
e Carlo Ghezzi, presidente della Fondazione Di Vittorio.
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Il 25 aprile del 1945 il Comitato di Liberazione nazionale lanciava la parola d’ordine dell’insurrezione. Milano e le altre grandi città del Nord si liberavano dai tedeschi e dai nazisti mentre le truppe Alleate risalivano l’Italia. Il nostro paese riconquistava la libertà e la democrazia. Il ciclo di iniziative per il Sessantesimo anniversario della Liberazione, al quale stanno lavorando le Associazioni della Resistenza insieme a tante forze sindacali, politiche e culturali, così come la preparazione delle celebrazioni del 25 aprile, assumeranno un carattere di straordinarietà e rappresenteranno appuntamenti importanti per tutti noi.
Riteniamo che nei primi mesi del 2005, si possano realizzare tante occasioni per ricordare quei fatti e quei sacrifici, che costituiscano anche un momento di riflessione e di ricordo riproposto alla nostra memoria, sui contributi dati dal lavoro nelle diverse regioni del paese per ridare dignità all’Italia e riscattarla dalle tragedie nelle quali il fascismo la aveva precipitata.
Il contributo dato dai lavoratori alla Resistenza è stato immenso. Gli scioperi nelle grandi fabbriche del Nord del marzo del 1943, seguiti nella primavera successiva da un ciclo di lotte ancor più possente, hanno segnato una opposizione di massa ai fascisti ed ai nazisti, con un carattere partecipato, a viso aperto, forte solo della propria determinazione di poter affermare: io sciopero per difendere la mia condizione, contro la guerra, per i miei diritti. Una mobilitazione di massa che non ebbe eguali per ampiezza ed incisività nella Europa governata dai nazi-fascisti in quei drammatici anni. Quei fatti costituirono i presupposti per la crisi del 25 luglio del 1943, per l’avvio di quel grande fatto che sarebbe divenuta la Resistenza.
È dunque il lavoro che ha cambiato i termini del confronto in atto con l’intervento delle grandi lotte di operai ed impiegati in una Italia impegnata nella guerra. Il prezzo che il lavoro ha pagato è stato altissimo, oltre 12.000 lavoratori vennero deportati nei lager nazisti. È stato pagato da parte di coloro che furono accusati di aver organizzato gli scioperi, di aver collaborato con la Resistenza, di aver organizzato il boicottaggio delle produzioni, ma anche da parte di coloro che furono avviati al lavoro coatto in Germania in sostituzione della mano d’opera locale impegnata al fronte. Ne sono tornati vivi ben pochi. Tutto ciò ha segnato il carattere della nostra Costituzione che parla della Repubblica fondata sul lavoro.
Il lavoro è stato protagonista di un altro fatto rilevante, la difesa dei macchinari nella fase ultima della guerra, con l’impegno di operai e di tecnici per salvare aziende ed importanti infrastrutture dalle vendette dei nazisti in fuga.
Siamo impegnati a realizzare appuntamenti di celebrazione, di riflessione, di studio promosso con altre associazioni come direttamente da noi, così come siamo disponibili e lieti di collaborare con tutti coloro che riterranno utile operare con noi o coinvolgerci nelle loro iniziative. Riteniamo che si possa dare adeguato rilievo al carattere non esclusivamente industriale di tanti scioperi, della straordinaria partecipazione dei lavoratori dei comparti dei servizi a quelle lotte, a partire dagli scioperi dei lavoratori dei trasporti, della informazione e dell’energia, del credito, delle università che ebbero allora grande rilievo anche sulla stampa internazionale, mentre sono stati invece poco sottolineati dagli studi e dalle celebrazioni di questi ultimi decenni.
Avanziamo infine una riflessione e facciamo un appello. Le trasformazioni ed i radicali processi di deindustrializzazione che si sono susseguite in questi sessanta anni, ma che si sono accentuati in particolare nel corsi dell’ultimo ventennio, hanno provocato la dismissione o profondi cambiamenti dei luoghi di lavoro e del territorio che li ospitava, hanno così a volte disperso, quando non completamente cancellato le testimonianze ed il ricordo di quanto accadde in quei terribili anni.
Riteniamo si possa chiedere alla Amministrazioni Comunali ed a quelle Provinciali, di farsi con noi protagonisti di una vasta iniziativa tesa a ritrovare, a raccogliere tante lapidi, tanti cippi, testimoni di quella storia e di quella memoria. A riordinarli e trovare per essi una organica e prestigiosa collocazione in luoghi atti da individuarsi nelle nostre città. Genova ha già realizzato alcune iniziative in tal senso. A Milano è da poco all’opera un significativo gruppo di lavoro composto dalle Associazioni della Resistenza, dai sindacati, da Istituti culturali, per realizzare il monitoraggio, la raccolta, le proposte per la valorizzazione di quelle testimonianze marmoree.
La memoria della Resistenza e quella del lavoro sono da tempo al centro di pesanti attacchi da parte di molti che vogliono cancellare, distorcere, falsificare la storia del nostro paese e della sua democrazia. Abbiamo davanti a noi una stagione importante perché questa nostra storia, i suoi passaggi difficili, i suoi protagonisti, siano ricordati e celebrati degnamente.
Roma, 9 gennaio 2005