Otto marzo tra cronaca e Costituzione
Una giornata di celebrazione e di lotta in cui rimettere al centro la domanda di libertà delle donne.
Un otto marzo e un altro ancora. Dopo quello dello scorso anno, dell’anno prima e via-via indietro nel tempo.
Abbiamo l’impressione che sia cambiato poco, nonostante l’interesse acceso dalla ripetizione mediatica su episodi di cronaca sempre più violenti arrecati alle donne: strumenti di scontate discussioni nell’obiettivo di una perenne campagna elettorale.
Si diffondono casi estremi ma è soprattutto sugli eventi che non fanno notizia che l’analisi penetra i valori di questa società che sembra recuperare gli aspetti più patriarcali: ecco, allora, puntare il dito sui nemici a margine del sistema, perché è più comodo ragionare di appartenenza che sentirsi complici in responsabilità.
Passa in secondo piano l’involuzione generale dei comportamenti, delle aspettative, dei linguaggi, promossa dalle tecnologie e adottata come modalità di consueta relazione, alla quale sembriamo fare l’abitudine con i limiti della minoranza costretta ad adeguarsi.
L’otto marzo, però, è una giornata di celebrazione e di lotta in cui rimettere al centro la domanda di libertà delle donne, senza piegarsi alla volontà di semplificazione imposta dal senso comune: femminicidio, molestie, sessismo hanno i numeri della criminalità, mentre le discriminazioni, i diritti negati, le soggettività ostacolate, le leggi inaccessibili, le violenze economiche hanno quelli scanditi dai giorni della settimana.
Non prestiamo il fianco a chi, pensando di sposare la causa delle donne, guarda con la lente di ingrandimento gli avvenimenti più truci per trarre considerazioni ovvie; la nostra battaglia deve interrompere la lenta e continua corrosione che agisce sull’autonomia già conquistata, con l’intento di soverchiare il principio dell’uguaglianza di genere e facendo il gioco maschile in questa società così svilita, triste e competitiva.
Dobbiamo, quindi, tutte e tutti, impegnarci in una sfida quotidiana per tornare ad essere parte di una comunità solidale, che si muove nella naturale reciprocità dei generi e sviluppa, fin dalla scuola, i corretti rapporti tra le persone; è questa la strada che conduce alla consapevolezza dei diritti inviolabili, nel solco di quel principio di cittadinanza che la Costituzione ha ben declinato.
La questione femminile va riproposta nelle pieghe abituali del lavoro, dell’istruzione, della famiglia, della giurisprudenza, dello sport, attraverso la presa di coscienza di una società mutata, nella quale ogni cosa sarà rinegoziata perché nulla è più dato per certo.
Alle tante lavoratrici del mondo della conoscenza e alle studentesse va il compito di guardarsi intorno diffidando criticamente della pace apparente che circonda gli ambienti di vita e di relazione. Per riaffermare, poi, il valore e la forza della collettività femminile come arma di cultura contro il riflusso prevaricatore, e spesso solitario, che investe i depositari del potere.
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