Cassazione: comunicazioni obbligatorie entro sette giorni per i licenziamenti per cessazione di attività
Per la Cassazione la comunicazione di licenziamento ha natura perentoria e sussiste anche in caso di cessazione dell’attività aziendale con licenziamento per tutti i dipendenti.
Con sentenza n. 11404/2017, la Corte di Cassazione ha affermato che la comunicazione ex art. 4, comma 9, della legge n. 223/1991, da inviare entro i sette giorni successivi al licenziamento collettivo alle organizzazioni sindacali, alla Commissione regionale tripartita e all’Ufficio della Regione, ha natura perentoria e sussiste anche in caso di cessazione dell’attività aziendale con licenziamento per tutti i dipendenti
Il rispetto di tali termini conserva una funzione di Garanzia e di controllo anche nel caso del recesso adottato nei confronti di tutto il personale in quanto serve per verificare che i licenziamenti nascondano fattispecie differenti tra cui la ripresa dell’attività sotto altro nome o in altro contesto territoriale.
Anche in caso di licenziamento collettivo per cessazione dell’attività aziendale, riveste carattere essenziale e non può essere derogato il termine di 7 giorni per l’invio della comunicazione finale sull’applicazione dei criteri di scelta dei lavoratori nell’ambito di una procedura di riduzione del personale, di cui all’articolo 4, comma 9, della legge 223/1991 (come riformulato dall’articolo 1, comma 44, della legge 92/2012).
Per la Cassazione, quindi, è da respingere la tesi per cui in presenza di una procedura di licenziamento collettivo giustificata con la chiusura totale dell’attività aziendale, si possa ritenere non vincolante il termine di 7 giorni, sul rilievo che, in tal caso, si produce l’azzeramento dell’intero organico e, dunque, non vi sarebbe alcuna esigenza di verificare l’applicazione dei criteri di scelta.
La Suprema corte nel rigettare questa lettura conferma che, anche nei casi in cui il licenziamento collettivo per cessazione dell’attività di impresa, il ritardo nell’invio all’Ispettorato del lavoro e alle associazioni sindacali della comunicazione contenente la puntuale indicazione non è in alcun modo sanabile. Il rispetto di tali termini conserva una funzione di Garanzia e di controllo anche nel caso del recesso adottato nei confronti di tutto il personale.
Sotto questo profilo il rispetto del termine per l’invio della comunicazione scritta non può essere derogato anche in ipotesi di chiusura dell’attività aziendale.
A ulteriore conforto di questa conclusione si dà evidenza a quanto previsto dall’articolo 24, comma 2, della legge 223/1991, la quale stabilisce che le relative disposizioni procedurali si applicano anche nel caso di cessazione dell’attività. Per le stesse ragioni, conclude la Suprema corte, non può essere sanata la comunicazione inviata oltre il termine di 7 giorni, in quanto, al pari di ogni altro passaggio della procedura prescritta dagli articoli 4, 5 e 24 della legge 223/1991, il termine posto per la comunicazione finale riveste carattere essenziale.
Sulla scorta di questi principi, la Corte ha confermato l’illegittimità del licenziamento nei confronti di un dipendente, perché la comunicazione finale con indicazione delle modalità applicative dei criteri di scelta è stata inviata alle strutture pubbliche e alle associazioni di categoria oltre due mesi dopo la comunicazione dei licenziamenti ai lavoratori coinvolti.
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