Una scuola per tutti.
Germania, Agosto 2001
Agosto
Una scuola per tutti. “Una scuola per tutti” è lo slogan sotto il quale si è tenuto tra il 5 e il 9 maggio il congresso della Gew – Gewerkshaft Erziehung und Wissenschaft, il potente sindacato degli insegnanti tedeschi, aderente alla confederazione Dgb, il quale con i suoi 280.000 iscritti e un tasso di sindacalizzazione variabile dal 20 al 50%, a seconda dei laender, costituisce un’istituzione ineludibile del mondo educativo germanico. Lo slogan ha un preciso significato di messa in discussione delle caratteristiche fondamentali del sistema scolastico tedesco. Quest’ultimo, come molti sanno, è caratterizzato da una forte selettività, la quale a sua volta passa attraverso la rigida e precoce canalizzazione degli studi che lo caratterizza. Ai tre canali che caratterizzano l’istruzione secondaria (Gymnasium, Realschule e Hauptschule) e che grosso modo corrispondono ai nostri indirizzi liceale, commerciale e tecnico-professionale, si accede, all’età di undici anni, sulla base dei risultati conseguiti nella scuola primaria o in appositi test. Il risultato è che circa il 35% degli alunni frequenta il Gymnasium, altrettanti la Realschule e un 30% la Hauptschule.
Da circa 40 anni la Gew ha come obiettivo quello di sostituire a questo rigido sistema un sistema secondario unico formato da scuole comprensive. Ma finora solo in sei dei sedici laender, che compongono la federazione e dai quali dipende la gran parte dell’amministrazione scolastica, si sono sperimentate scuole comprensive. Quindi nell’ambito della stessa nazione esistono opportunità molto diverse. Inoltre altre differenze sono subentrate con l’unificazione delle due Germanie: in tre laender dell’Est il percorso liceale comporta 12 anni di studio e gli altri due 13 anni, esattamente all’inverso di quanto avviene nel resto del paese. La Gew ritiene perciò che i tempi siano maturi per una trasformazione più diffusa del sistema.
“In breve noi ci siamo detti che non potevamo passare altri quarant’anni a rivendicare un sistema unico che non otterremo mai. – dice Marianne Demmer della segreteria nazionale in un’intervista al giornale del sindacato francese Snes – Abbiamo cambiato logica. Noi diciamo che ogni istituto si deve evolvere nel senso di permettere agli alunni di continuare ad apprendere insieme per un tempo più lungo. E perciò piuttosto che chiedere la creazione di un nuovo sistema, vogliamo far evolvere il sistema in direzione di una maggiore integrazione.”
Una questione di metodologia, quindi. Infatti in Germania, come già da noi, è aperto un dibattito sulla gestione delle scuole, nel senso di una maggiore autonomia delle unità scolastiche. Pur delegata ai laender, la gestione di questi ultimi è non meno centralistica di quella di un ministero nazionale. Ma, come da noi, le contraddizioni non mancano.
“Dobbiamo dire no a tutte le iniziative assunte dalle singole scuole, perchè c’è il rischio di sviluppare la flessibilità e la diversità e di aprire la porta a strategie di privatizzazione delle scuole pubbliche? O in quanto sindacato dobbiamo dobbiamo investire nel processo di gestione affinché sbocchi in soluzioni dirette verso una maggiore integrazione? Va detto che già oggi , con una grande diversità a seconda dei laender, il capo di istituto ha un potere più o meno esteso. Talvolta sembra di essere in un’impresa in cui il capo d’istituto ha praticamente tutti i poteri. Con un budget globale che proviene dallo stato e anche da altri finanziatori come le municipalità, possono già fare la scelta di investire più nella strumentazione informatica che nel reclutamento di insegnanti qualificati.”
Alla fine tuttavia i delegati nella loro maggioranza hanno condiviso la proposta della “scuola per tutti”, sulla base di una filosofia che suona così: non irrigidirsi su posizioni di principio rigide, ma affrontare caso per caso la realtà, con la possibilità di favorire in ogni istituto le soluzioni che vanno nella direzione scelta e di opporsi a quelle che l’allontanano.