Modernizzare l’educazione e la formazione: un contributo essenziale alla prosperità e alla coesione sociale in Europa
Unione europea
Progetto di relazione comune 2006 del Consiglio e della Commissione sull’implementazione del programma di lavoro “Istruzione e formazione 2010”
La Commissione (istruzione) ha pubblicato nel mese di novembre il progetto di relazione 2006 sull’attuazione degli obiettivi di Lisbona, che dovrà essere approvato dal Consiglio dei Ministri dell’educazione dei paesi membri della UE. Finalità del rapporto è fornire un panorama dei progressi compiuti sulla via della modernizzazione dei sistemi d’istruzione e formazione europei, sulla base delle relazioni presentate dai singoli paesi.
Se confrontato con il rapporto intermedio 2004, completamento sbilanciato sul nesso educazione/ sviluppo economico, un primo aspetto positivo del rapporto è il forte richiamo al duplice ruolo che l’istruzione e la formazione esercitano: a livello economico e sociale.
“L’istruzione e la formazione, si legge nel rapporto, sono un fattore determinante per le potenzialità di ciascun paese in termini d’eccellenza, innovazione e competitività. Al contempo esse sono parte integrante della dimensione sociale dell’Europa, perché trasmettono i valori della solidarietà, delle pari opportunità e della partecipazione sociale e producono effetti positivi sulla sanità, sulla sicurezza, sull’ambiente, sulla democratizzazione e sulla qualità complessiva della vita. È necessario che tutti i cittadini acquisiscano conoscenze, capacità e competenze e le aggiornino costantemente attraverso l’istruzione permanente; bisogna inoltre tenere conto delle necessità specifiche delle persone a rischio d’emarginazione sociale. In tal modo contribuiremo all’aumento della quota di popolazione attiva e alla crescita economica, garantendo allo stesso tempo la coesione sociale. Investire nell’istruzione e nella formazione costa, ma a lungo termine le ripercussioni positive in termini individuali, economici e sociali bilanciano le spese sostenute. Le riforme dovrebbero dunque continuare a cercare le sinergie tra politiche e economiche e sociali e obiettivi di politica sociale, due fattori che in realtà si rafforzano a vicenda. Queste considerazioni sono estremamente significative per l’attuale riflessione in corso nell’Unione riguardo al modello sociale europeo”.
Un secondo aspetto importante riguarda la metodologia di lavoro, con la raccomandazione di attivare in tutti i paesi entro il 2008 meccanismi di coordinamento dell’attuazione del programma di lavoro, coinvolgendo in particolare modo le parti sociali. “Un’efficiente sinergia interministeriale tra le "politiche della conoscenza" (istruzione, formazione, occupazione/affari sociali, ricerca, ecc.), un solido dialogo sociale, nonché la sensibilizzazione e la partecipazione attiva d’altri soggetti chiave, quali i genitori, gli insegnanti/istruttori, il settore associativo ed i soggetti locali, sono altrettanti elementi che permettono di arrivare più facilmente ad un consenso sugli obiettivi strategici e le riforme necessarie”.
In questo contesto, per la prima volta l’ETUCE (il comitato europeo dei sindacati della scuola), insieme agli altri partner sociali europei, entra a fare parte del Gruppo di Coordinamento che allo scopo di monitorare l’attuazione dell’intero processo.
Infine, la bozza di rapporto, per la prima volta, mette una maggiore attenzione e rilievo all’importanza degli investimenti nell’area della scuola dell’infanzia, riconoscendone il ruolo nella prevenzione dell’esclusione sociale.
Per quanto riguarda i progressi fatti rispetto al 2004 nel raggiungimento degli obiettivi prefissati entro il 2010, il progetto di relazione 2006 evidenzia luci ed ombre.
Finanziamenti. Si registra in quasi tutti i paesi un aumento delle risorse destinate all’educazione: la media europea nel 2002 è pari al 5,2% del Pil, con un aumento di tre punti percentuali rispetto al 2000. Un dato incoraggiante, secondo il rapporto, ma occorre tenere presente che le situazioni nei singoli paesi sono molto differenziate, oscillando dal 4 all’8% del Pil, e che in molti casi il livello d’investimenti non consente l’attuazione delle riforme necessarie. Inoltre, per quanto riguarda gli investimenti in settori chiave dell’economia della conoscenza, non è diminuito il differenziale tra Europa e paesi concorrenti, come gli Stati Uniti, mentre alcuni paesi asiatici, come la Cina e l’India, stanno velocemente colmando il dislivello attualmente esistente.
Definizione di una strategia d’istruzione e formazione per tutta la vita. Le strategie messe in atto nei vari paesi sono soprattutto concentrate sull’inserimento professionale delle persone uscite dal lavoro, mentre manca un approccio globale e coerente, a parte i soliti paesi del Europa settentrionale. Anche sul fronte del riconoscimento degli apprendimenti informali e non formali, solamente la Finlandia, la Francia e in Portogallo hanno avviato dei sistemi ben definiti di riconoscimento e validazione.
Circa il 10% degli adulti tra i 25-64 anni ha partecipato, nel 2004, a percorsi di formazione. Questo tasso costituisce un miglioramento rispetto ai dati del 2000, ma di nuovo sono molto elevate le differenze tra i paesi, e l’incremento della partecipazione degli adulti alla formazione resta una sfida per molti paesi soprattutto dell’Europa del Sud.
Innalzamento dei livelli di studio. Quasi il 16% dei giovani nell’Unione Europea abbandona la scuola precocemente, quasi il 20% dei quindicenni continua ad avere difficoltà nelle lettura dei testi, solo il 77% dei 18-24enni completa gli studi di secondaria superiore. Questi dati evidenziano come sia sempre più a rischio il raggiungimento degli obiettivi di Lisbona 2010: il persistente numero di giovani che abbandonano la scuola senza un livello sufficiente di conoscenze e competenze è un segnale preoccupante e sta ad indicare che i sistemi educativi iniziali non sono in grado di dare le basi necessarie per l’apprendimento per la vita. In assenza di politiche attive il rischio di esclusione sociale rischia di allargarsi con particolare riferimento alle fasce sociali più a rischio.
Le riforme dell’insegnamento superiore. Mentre il processo di Bologna continua a stimolare le riforme, abbracciando un numero sempre più ampio di paesi, il finanziamento continua a rappresentare l'ostacolo principale all’implementazione del processo di riforma. Gli investimenti totali (pubblici e privati) che l'Unione europea ha dedicato all'insegnamento superiore nel 2001 ammontano all'1,28% del PIL, contro il 2,5% in Canada ed il 3,25% negli Stati Uniti. I tre Stati membri dell'Unione che spendono di più in questo settore sono la Danimarca (2,8%), la Svezia (2,3%) e la Finlandia (2,1%). Per colmare il divario rispetto agli Stati Uniti, l'Unione dovrebbe stanziare 180 miliardi di euro in più l’anno, assicurandosi in particolare investimenti nettamente superiori da parte del settore privato.
Istruzione e formazione professionale. All’interno delle priorità fissate dal processo di Copenaghen, il miglioramento della qualità e dell’attrattiva dell’IFP resta una sfida chiave per il futuro, dato che i percorsi professionali non godono ancora, in molti paesi, di un’immagine positiva. Desta, inoltre, preoccupazione la soddisfazione delle necessità formative delle persone poco qualificate, che attualmente nell'Unione sono quasi 80 milioni.
Per i relatori del documento occorre quindi accelerare il ritmo delle riforme, per garantire un contributo più efficace alla strategia di Lisbona ed al rafforzamento del modello sociale europeo. Desta preoccupazione che siano stati compiuti pochi progressi riguardo ai benchmark più strettamente legati all’inserimento sociale (numero dei drop out, competenze chiave, numero di diplomati), se, infatti, non verranno dedicati più sforzi su questi temi, una quota maggioritaria della prossima generazione dovrà affrontare l’emarginazione sociale. Occorre, quindi che le riforme prestino particolare attenzione ai temi dell’equità, in modo che i risultati e i vantaggi dell’istruzione e della formazione non dipendano dall’origine socioeconomica, e della governance.
Per quanto riguarda la situazione italiana rispetto ai 5 benchmark individuati, si ottengono risultati positivi solo per quanto riguarda il numero di laureati nelle materie scientifiche e tecnologich,e dove si è registrata una crescita superiore al 10%. In tutti gli altri casi i dati italiani sono al di sotto della media europea.
Percentuali di uscita prematura dai corsi scolastici
EU 25 |
Italia |
|
2000 |
17.3 |
25.3 |
2003 |
16.1 |
23.5 |
2004 |
15.7 |
22.3 |
Esiti 2004 per genere |
||
Maschi |
18.1 |
26.2 |
Femmine |
13.3 |
18.4 |
Completamento degli studi secondati superiori (%)
EU 25 |
Italia |
|
2000 |
76.4 |
68.8 |
2003 |
76.5 |
69.9 |
2004 |
76.7 |
72.9 |
Esiti 2004 per genere |
||
Maschi |
73.8 |
67.6 |
Femmine |
79.6 |
78.2 |
Partecipazione al lifelog learning (%)
EU 25 |
Italia |
|
2000 |
7.9 |
5.5 |
2003 |
9.3 |
4.7 |
2004 |
9.9 |
6.8 |
Esiti 2004 per genere |
||
Maschi |
9.0 |
6.5 |
Femmine |
10.7 |
7.2 |
Spesa pubblica in educazione come % del PIL
EU 25 |
Italia |
|
2000 |
4.94 |
4.57 |
2003 |
5.10 |
4.98 |
2004 |
5.22 |
4.75 |
Servizi e comunicazioni
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