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La scuola di Babele.

Lussemburgo, Gennaio 2002

19/01/2002
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Gennaio

La scuola di Babele. Se i problemi del bilinguismo sono un fenomeno noto anche nel nostro paese, quali possono essre i problemi di un paese ufficialmente trilingue, come il Lussemburgo? E quanto possono crescere se si pensa che gli immigrati da altri paesi nel granducato costituiscono ben il 27% della popolazione? La lingua ufficiale del Lussemburgo infatti è il lussemburghese, un idioma franco-mosellano, ancora ben parlato . Ma la lingua corrente, in cui sono scritti la maggior parte dei giornali, è il tedesco. Ad ogni modo tutti o quasi parlano anche il francese, soprattutto negozianti, ristoratori e commercianti vari. Ma può capitare anche che in una classe elementare ci sia solo una bambina lussemburghese e gli altri bambini siano spagnoli, portoghesi, italiani , capoverdiani o indiani. Sicchè l’apprendimento delle lingue è di primaria importanza fin dai primi anni di scuola e non come oggetto di apprendimento, ma come strumento di utilità comune, privilegiando l’orale al posto della traduzione. In prima elementare l’alfabetizzazione avviene direttamente in tedesco. La comprensione di questa lingua, notoriamente difficile anche dal punto di vista grammaticale, è facilitata dalla somiglianza col lussemburghese. Inoltre ha ricevuto un grande impulso con la visone di programmi televisivi della vicina Germania.

Il tedesco occupa otto ore di lezione alla settimana e tutte le materie sono insegnate in tedesco. Il lussemburghese lingua usata alla scuola materna, occupa appena un’ora alla settimana.

Il francese lo si comincia a studiare nel secondo semestre della seconda, come lingua straniera, con tre ore a settimana. Ma sale a sette ore negli anni seguenti, pari a un quarto dell’orario settimanale.

Per l’inglese bisogna aspettare di arrivare in secondaria.

Ma il sistema è abbastanza pesante. Le lingue costituiscono il principale fattore dell’insuccesso scolastico e sono perfino considerate uno strumento di selezione perché la padronanza delle lingue non è solo un obiettivo dell’insegnamento obbligatorio, ma uno strumento indispensabile all’integrazione nella vita sociale del paese.

Naturalmente i figli degli immigrati hanno un problema in più, dal momento che parlano una lingua madre in casa, ne hanno appresa una a fatica nella scuola materna e ne debbono imparare due nuove nell’elementare. In più essi hanno corsi supplementari madrelingua generalmente di circa tre ore a settimana. Per loro vi sono corsi di sostegno a tutti i livelli, ma la caduta della percentuale dei figli di immigrati nella secondaria dimostra la difficoltà di colmare lo scarto che si produce nei primi anni di scuola.

Tuttavia, a detta del sindacato olandese Aob, questi cambiamenti sono stati introdotti con tempi e finanziamenti insufficienti per assicurare una buona preparazione. I manuali scolastici non sono ancora adatti alla nuova organizzazione e i docenti non hanno avuto il tempo di prepararsi ai nuovi metodi. Inoltre gli edifici scolastici non sono stati adeguatamente ristrutturati per accogliere le nuove esigenze di movimento e di riunione.

La dispersività del programma dovuta all'introduzione di materie parziali pone problemi ad alunni e docenti. I primi sono indotti a strutturare la loro carriera scolastica sulla base della facilità di ottenere buone valutazioni, non in base alle necessità. I secondi si trovano ad avere discipline che vengono insegnate non più di un'ora alla settimana (un docente olandese ha 26 ore di insegnamento alla settimana).

Nonno, cos'è il sindacato?

Presentazione del libro il 5 novembre
al Centro Binaria di Torino, ore 18.

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