Il sindacato europeo e il problema del merito
Sulla stampa di questi giorni si torna a parlare di salari di merito e valutazione degli insegnanti. Nel corso del 2005-2006 l’argomento è stato oggetto anche delle discussioni di un gruppo di lavoro internazionale del sindacato europeo.
Mentre in Italia sembra riprendere quota una discussione sul merito come misuratore della qualità e del lavoro della scuola e di altri ambienti di lavoro con tutte le polemiche e contrapposizioni del caso, è bene sapere che l’argomento è stato oggetto nei mesi passati di alcuni seminari internazionali del gruppo di lavoro dello Csee-Etuce (1) che si occupa delle condizioni di lavoro degli insegnanti europei e che continua ad essere oggetto di una discussione che lo stesso gruppo mantiene in permanenza in un’apposita conferenza telematica.
La prima cosa che è emersa da questa/e discussione/i è la contiguità di argomenti come merito, valutazione, carriera, progressione economica, orari e carichi di lavoro, performance. Ma anche la loro differenza nel significato e talvolta perfino del valore storico e politico di questi termini a seconda del contesto in cui le differenti “misure” sono nate o sono state applicate.
Per fare degli esempi: i francesi, che sicuramente hanno un sistema basato su valutazioni (concorsi, esami, verifiche ispettive ecc.) e stratificazioni salariali conseguenti non concepiscono ciò in termini di merito; i tedeschi, che hanno diverse tipologie di docenti diversamente inquadrati (rispettivamente di scuole elementari, di scuole medie generali, di scuole medie tecniche, di licei, di istituti tecnici, di istituti professionali) all’interno delle quali vi è comunque una progressione automatica di anzianità che di per sé non è considerata carriera, concepiscono questa come il passaggio, previa valutazione, tra una tipologia e l’altra; gli inglesi, ormai praticamente schiavi della valutazione degli insegnanti, hanno una concezione diversa tra l’uso di questa ai fini di un controllo sul sistema e quello ai fini di una valutazione delle performances finalizzata all’erogazione di stipendi differenziati.
In generale il riferimento al merito è comunque visto, anche in sistemi già avvezzi alla valutazione degli insegnanti o delle scuole (che non è la stessa cosa), come il portato di recenti ideologie neoliberiste mercantiliste e privatistiche, tanto che il titolo di queste conferenze internazionali svolte dal Csee-Etuce era “L’impatto sull’educazione dei metodi di lavoro del settore privato”.
Il tutto partiva dall’interesse crescente per la “gestione delle performances” (2) e per il “salario di merito” (3) vissuti come corollari della nozione di competitività che ha a base anche la cosiddetta economia della conoscenza, di cui scuola e formazione sono settori chiave. Sicché queste misure hanno sempre più fatto la loro comparsa in numerosi paesi europei.
Alcuni paesi erano più predisposti a ciò: ad esempio secondo il sindacato NUT in Gran Bretagna le scuole disponevano già di un grande potere su numerosi aspetti della retribuzione salariale, come il determinare quali insegnanti devono ricevere una remunerazione complementare per certe responsabilità, o persino delle somme in più per il reclutamento o il mantenimento in servizio di personale docente difficile da reperire.
In Danimarca nuovi aumenti salariali sono accordati in base ad accordi locali, ma il sistema ha creato frustrazioni tra gli insegnanti che vi hanno visto spesso applicati criteri soggettivi.
In Germania secondo il sindacato GEW gli insegnanti dovranno rassegnarsi all’idea che gli scatti non saranno più automatici e che qualcuno potrà anche perderci.
In alcuni paesi c’è un sistema di gestione delle performances a livello nazionale (Francia, Estonia, Polonia, Inghilterra), regionale (Germania, Polonia, Spagna), locale (Danimarca, Scozia) o di scuola (Repubblica Ceca, Danimarca, Germania, Svezia).
Per cechi, estoni, polacchi, slovacchi e svedesi questo ha voluto dire in genere più soldi per gli insegnanti.
Cechi, danesi, estoni, tedeschi, lettoni, polacchi, slovacchi, svedesi e inglesi utilizzano il sistema del salario in base al merito, ma le conseguenze non sono eccezionali: aumento di stress e di carichi di lavoro, senso di incoerenza con le finalità dell’insegnamento, surplus di lavoro sono le conseguenze maggiormente denunciate.
Insomma, se in qualche caso i sindacati sostengono il salario di merito e i vantaggi pecuniari che ne derivano, la maggioranza dei sindacati europei dell’educazione insorgono contro tale pratica. Per lo più si denuncia la mancanza di criteri obiettivi e condivisi al livello della valutazione e il fatto che così, oltre a un certo individualismo che fa a cazzotti con il lavoro cooperativo, si alimenta l’idea che i difetti e i limiti dell’educazione risiedano nei singoli insegnanti e non nei sistemi educativi.
In conclusione i sindacati europei appaiono complessivamente non ostili alla valutazione o alla rendicontazione, ma purché questa risponda prioritariamente allo sviluppo professionale e ai suoi bisogni e non a fini di reddito. E lo scambio di idee e di esperienze tra i sindacati europei è da questo punto di vista prezioso per capire le tendenze, anticipare i cambiamenti ed elaborare strategie sindacali comuni.
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NOTE
(1) Csee-Etuce è la sigla, in francese ed in inglese, della confederazione europea dei sindacati dell’educazione che riunisce i principali sindacati del vecchio continente. I seminari si sono svolti a Sesimbra (Portogallo) a novembre 2005 e a Barcellona (Spagna) ad aprile 2006.
(2) Per “gestione delle performances” si intende una valutazione del lavoro docente che si svolge nel corso di uno o più anni, che risponde ai seguenti criteri: pianificazione, progressi nell’insegnamento, esame delle prestazioni, e i cui esiti si ripercuotono sulla progressione stipendiale degli insegnanti per tutto il corso della loro vita professionale.
(3) Per “salario di merito” si intende un legame diretto e a breve termine tra la prestazione dell’insegnante e il salario individuale.