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Argentina: la protesta degli insegnanti porta alla luce i mali storici della scuola

La crisi della scuola argentina, che oggi agita il corpo docente, ha le sue radici nel colpo di stato militare del 1976 e nelle politiche neoliberiste dei governi della destra peronista

02/05/2007
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Non sembra placarsi la protesta delle scuole argentine .

Centinaia di migliaia di alunni non hanno di fatto ancora cominciato l’anno scolastico, che nell’emisfero boreale è iniziato a marzo. Non si tratta solo della provincia di Nequen dove all’inizio del mese di aprile un insegnante è stato ucciso dalla polizia durante una manifestazione . Si tratta della reazione ad una situazione di decadenza scolastica, iniziata assai prima della bancarotta del Paese di pochi anni fa.

Secondo Stella Maldonado, segretaria della CTERA, la principale confederazione degli insegnanti che federa insieme i sindacati di tutte le province argentine, il tutto va fatto risalire al colpo di stato militare del 26 marzo 1976. Fino ad allora la scuola argentina era considerata la migliore tra quelle dei paesi latinoamericani. Fino ad allora anche le classi benestanti inviavano i loro figli alle scuole pubbliche, mentre erano le scuole private ad essere considerate portatrici di una educazione “blanda” e di comodo. Il Collegio Nazionale di Buenos Aires era sommerso ogni anno di richieste di ammissione che venivano anche dagli altri paesi dell’America Latina. E’ simbolico che proprio la notte stessa del golpe del 1976, l’allora segretario della CTERA, Isauro Arancibia, sia stato assassinato dai golpisti.

E una delle prime misure della dittatura fu quella di attribuire la scuola primaria, che fino ad allora dipendeva dal governo federale, ai governi delle province.

Col ritorno alla democrazia nel 1983 le cose non cambiarono molto per la scuola. Anzi sotto i governi del peronista Menem (1990-1999) anche la scuola secondaria passò sotto la giurisdizione delle province. Il governo federale quindi smise di occuparsi del tutto del sistema scolastico. Ciò produsse un forte deterioramento del sistema scolastico nazionale con forti differenze tra provincia a provincia, anche in ragione delle differenti risorse disponibili. Un colpo mortale al corpo docente fu poi tirato dalla decisione di Menem di decretare la parità tra il dollaro e il peso, la moneta argentina: molti insegnanti abbandonarono il lavoro riversandosi nell’industria privata dove gli stipendi erano più remunerativi.

La scuola ne risentì enormemente con un aumento delle bocciature nelle ammissioni all’università.

Oggi il 40% degli studenti smette di studiare tra i 13 e i 18 anni e l’8% non termina neppure l’obbligo scolastico.

Il nuovo governo Kirchner ha varato una nuova legge che porta l’obbligo a 17 anni, la spesa scolastica al 6% del PIL e in cui lo Stato federale assume nuovi compiti verso le scuole, che però restano ancora provinciali. E le province non sempre hanno risorse sufficienti per mantenere gli impegni. Sempre secondo la segretaria della CTERA, passare dalle intenzioni ai fatti non è facile e ci vorranno almeno 20 anni per tornare a una buona scuola.

Roma, 2 maggio 2007

Tag: argentina