Contro il bus #StopGender c’è la scuola della Costituzione
Nella “Carta” trovano luogo tutti i principi di inclusione, accoglienza, rispetto che garantiscono i pari diritti delle persone. La scuola pubblica li ha come valori fondanti e non teme chi prospetta modelli arcaici di società.
Dobbiamo, ancora una volta, impugnare la Costituzione Italiana per rispondere alla campagna di propaganda che un bus arancione sta portando nelle piazze cittadine sotto lo slogan #StopGender nelle scuole, perché lì c’è scritto, da settant’anni, che “La scuola è aperta a tutti” e “La Repubblica detta le norme generali sull'istruzione ed istituisce scuole statali”. Che vuol dire: spazio ai diritti individuali nell’interesse generale della comunità, punto che le associazioni integraliste promotrici del Family Day non intendono, pensando così di condizionare dall’esterno l’Istituzione formativa pubblica e i valori portanti che da sempre la connotano, quali l’inclusione e l’accoglienza.
Oppongono la rigidità di modelli immutabili ed arcaici al pluralismo che sostiene la libertà di essere e di riconoscersi nella propria identità di persone; tutto sotto l’egida di “principi naturali” lontani anni-luce dai paradigmi sociali di una comunità evoluta.
La scure, questa volta, si abbatte proprio sull’educazione di genere, da sempre base delle relazioni tra pari nelle nostre scuole ma “scoperta e codificata” dalla legge 107; è la condizione per formare bambine e bambini che crescono partecipi e consapevoli nel rispetto delle diversità, ma è diventata il nemico più acerrimo dell’oscurantismo familistico, quello che millanta il rischio di confusione per le giovani menti. Con un dispendio di mezzi ed energia che lascia attoniti per quanto sia mal-orientata in rapporto ai reali problemi della scuola italiana, l’attività #StopGender non conosce sosta: intimidazioni, manifestazioni, liste nere, sentinelle, tutte protese a reclamare l’investitura dei “valori veri” da riversare nei piani dell’offerta formativa e sull’operato degli insegnanti.
Gli effetti sono molto modesti ma preoccupa, comunque, questo aggressivo proselitismo contro i diritti fondamentali, che si svolge proprio nei luoghi-simbolo della convivenza, le piazze e le scuole, e occupa i centri deputati alle relazioni e agli scambi, inquinando il senso di una società aperta.
Siamo chiamati a difendere una causa, anche come FLC CGIL, perché il principio di uguaglianza che non lascia indietro nessuno in nome del genere, del colore, della religione, della provenienza o del reddito, è un ideale assoluto da trasmettere e soprattutto da praticare, ogni giorno come cittadini e come lavoratori della conoscenza. Ci è estranea la visione manichea che cataloga in schemi gli esseri umani, perché è una banalizzazione della complessità del mondo, presa a pretesto da chi ha paura del confronto e intende la diversità come una minaccia.
Le aule delle scuole pubbliche non conoscono insegnamenti discriminatori e la strumentalizzazione dell’educazione alla parità di genere, perché di questo si tratta, a carico dei sostenitori del bus è un tentativo maldestro di orientare il lavoro di quanti portano avanti il senso dell’istruzione, nel solco dell’attualità dell’art.2 della Carta costituzionale: “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nella formazioni sociali, ove si svolge la sua personalità”.
Noi della FLC CGIL abbiamo la responsabilità di rappresentare questo impegno e di sostenere la coscienza civica che lo anima, in nome di quello che crediamo ne sia il principio assoluto: il dovere di tutti alla solidarietà per dare valore concreto ad ogni persona.