Per FLC CGIL Molise primi risultati di una vertenza regionale avviata nel 2011
Il giudice riconosce un principio sacrosanto: parita’ di trattamento economico tra il personale della scuola
A cura di FLC CGIL Molise
La FLC CGIL Molise da tempo ha iniziato una vertenza regionale tendente ad ottenere la trasformazione dei contatti a tempo indeterminato per i precari con almeno tre anni di servizio. Con la stessa vertenza si è chiesta la progressione della carriera per i precari che da tanti anni svolgono un lavoro senza alcun aumento delle retribuzioni.
A tal riguardo dal 2011 sono stati presentati più di 200 ricorsi che sono tuttora pendenti presso le competenti sedi Giudiziarie di Campobasso, Isernia e Larino. L’esito di tale vertenza non è ancora definito, ma resta la validità di tutte le ragioni che avevano portato a patrocinare i ricorsi. La Commissione europea, infatti, ha aperto delle procedure d'infrazione nei confronti dell’Italia per la non corretta trasposizione della direttiva 1999/70/CE sul lavoro a tempo determinato. I precari della scuola, secondo la Commissione europea, sono rimasti privi di ogni norma antiabusiva atta a dissuadere lo Stato italiano dalla illegittima reiterazione del ricorso ai contratti a termine.
Nel frattempo, è arrivata una prima significativa affermazione delle ragioni portate avanti dalla FLC CGIL Molise; infatti, con il patrocinio dell’Avv. Mario Mariano, si sono discusse alcune cause relative al divieto di discriminazione del servizio reso dai precari della scuola. Con ricorso notificato presso il Tribunale di Larino, in funzione di Giudice del lavoro, due Assistenti amministrativi chiedevano che fosse accertato e dichiarato il proprio diritto al riconoscimento, ai fini giuridici ed economici, di tutti i servizi non di ruolo prestati anteriormente alla loro assunzione a tempo indeterminato, con conseguente collocamento nella posizione stipendiale e condanna al pagamento delle differenze retributive.
Il Tribunale, nel prendere atto che le due ricorrenti avevano lavorato ininterrottamente e senza soluzione di continuità per anni prima di essere assunte a tempo indeterminato, ha condannato il MIUR a riconoscere pienamente il servizio svolto ai fini della ricostruzione della carriera, con contestuale versamento delle differenze retributive maturate, da quantificare al netto degli aumenti eventualmente già corrisposti. Il Giudice nella sentenza, rifacendosi alla giurisprudenza europea, sostiene che la mera natura temporanea del lavoro del personale della pubblica amministrazione non può configurare una “ragione oggettiva idonea a giustificare una differenza di trattamento tra i lavoratori a tempo determinato e indeterminato”.
Un significativo risultato che proviene dalle aule di un tribunale e che ora deve trovare una risposta politica per consentire a tutti coloro che si trovano in situazioni analoghe di veder riconosciuti i propri diritti e per porre fine ad un interminabile contenzioso
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