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I lavori del Convegno prevedono ora il contributo di alcuni rappresentanti della comunità straniere presenti in Italia. Rompe il ghiaccio Jamal Hanane rappresentante legale dell'associazione “Giovani mussulmane d'Italia - sezione di Torino”

“Vorrei solo fare un piccolo appunto: sul programma della manifestazione è riportato che sono presidente di una associazione di stranieri ma almeno il 50% dei partecipanti alla mia associazione sono ragazzi/e di seconda generazione e quindi mi fa un pò male sentirli chiamare stranieri.

Io sono arrivata in Italia a 14 anni è ho dovuto fare la prima media perchè non conoscevo la lingua e mi ritrovo adesso a 23 anni a fare il 2 anno di università quando dovrei fare il 5.

Le problematiche gravi da affrontare riguardano i ricongiungimenti familiari: questi genitori venuti in Italia per lavorare si ritrovano con i figli senza sapere dove indirizzarli. Il criterio quindi è la scuola più vicina o la scuola dove va l'amico che se non è un problema per elementari e medie è sicuramente un problema per le superiori perchè non si tiene conto delle aspirazioni dei figli.

Per questo è necessario un ufficio di orientamento scolastico che aiuti a valutare il percorso di studi fatto fino a quel punto e a tenere in considerazione le aspirazioni ed le esigenze del ragazzo/a.

Secondo appunto e che gli insegnanti tendono ad indirizzare gli stranieri verso la formazione professionale e non verso i liceii.

Terzo problema: cittadinanza. I ragazzi immigrati si sentono italiani ma la burocrazia non li fa sentire tali. Esempio: gita scolastica a Praga – senza permesso di soggiorno io non posso uscire dall'Italia e il permesso di soggiorno quando viene consegnato è già scaduto. Per non parlare di andare in un paese extra europeo per cui bisogna richiedere il visto nelle ambasciate ed è una procedura lunga.

Esiste anche, in ultimo, il problema del razzismo da parte dei compagni di scuola che si manifesta in comportamenti xenofobi dovuti spesso alla propaganda dei mass media.”

Prosegue Pilar Yemque rappresentante dell’associazione America Latina.

Ringrazia le molte insegnanti che partecipano al convegno e i promotori che lo hanno reso possibile. Vedere l’impegno e la sensibilità di tante persone e i tanti “visi” nuovi dà nuove energie a queste comunità di stranieri che spesso si trovano a discutere delle problematiche in ambiti ristretti e isolati.

Per Parlare di cultura e immigrazione è necessario avere una visione trasversale: scuola – famiglia – società.

Nella scuola il lavoro più importante è l’accoglienza; la scuola materna e la scuola elementare non trovano difficoltà nell’inserimento dei bambini stranieri, le difficoltà si riscontrano negli altri segmenti scolastici perché i programmi sono legati alla solo cultura italiana, mentre sarebbe importante provare a strutturare programmi multiculturali che intrecciano programmi italiani con programmi di altre culture. Questo eviterebbe il rischio dell’assimilazione.

Le seconde generazioni meriterebbero una approfondita riflessione perché questi giovani stanno strutturando una nuova forma di identità. All’esterno adottano spontaneamente e in modo naturale i modelli della cultura italiana perché si sentono italiani; in famiglia invece vivono con modelli della cultura di provenienza dei genitori. A scuola i bambini e i ragazzi vogliono essere italiani, anche perché le loro problematiche sono uguali alle problematiche dei ragazzi italiani.

E’ importante sostenere e aiutare i genitori nel momento delicato della scelta della scuola e degli indirizzi di studio.

Conclude questo blocco di appassionati interventi Aurelia Amerita dell'Associazione rumena FRATIA.

Amerita è cittadina straniera e immigrata, presente al convegno per parlare di alunni rumeni in Italia. L'associazione Fratia, con il progetto "sapori intrecciati", si occupa da cinque anni dell'integrazione, lavorando sulle famiglie degli alunni perché la famiglia è presente nel tempo della giornata in cui non c'è la scuola. Amerita sottolinea l'importanza che siano gli insegnanti a partecipare al progetto perché hanno la possibilità di conoscere le caratteristiche dei propri alunni. Il progetto dell'associazione Fratia nasce dal desiderio di promuovere la lingua, la cultura e la civiltà rumena, partendo dalla conoscenza delle diverse culture e individuando dei punti comuni delle realtà culturali italiana e rumena, perché l'integrazione non implica l'annullamento di una delle due ma salvaguarda l'identità originaria delle persone.

Obiettivi del progetto: 1) non far perdere la cultura d'origine dei bambini rumeni; 2) costruire un ponte tra le culture attraverso la conoscenza e il confronto; 3) collaborare con la scuola per il superamento delle difficoltà linguistiche e culturali con le famiglie; 4) sostenere gli alunni rumeni non parlanti nelle prime fasi di inserimento nella scuola; 5) valorizzare e migliorare il dialogo interculturale.

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