FLC CGIL

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Gianna Cioni, segretaria nazionale FLC Cgil, conclude i lavori della giornata.

"Prima di tutto voglio ringraziare gli intervenuti, a cominciare dal Ministro, dall’onorevole Guidoni, dai sindacalisti europei ed italiani e tutti quelli che sono venuti ad ascoltare a cui non abbiamo potuto dare la parola.
Ma soprattutto voglio ringraziare le compagne ed i compagni che hanno contribuito alla preparazione di questo convegno. A coloro che sono qui, a quanti sono intervenuti, ma anche a quanti non hanno potuto essere presenti, ma hanno lavorato per individuare i punti principali da presentare oggi.

Perché la caratteristica specifica di questa iniziativa è proprio quella di essere l’espressione di un sentire comune e di problematiche comuni di tanti, la maggior parte dei ricercatori e, attraverso di loro, della maggior parte del personale tutto che lavora nella ricerca.
Lasciatemelo dire: avere scelto di parlare di ricercatori, non significa che il resto del personale degli enti di ricerca non conta, ma significa avere scelto di esporre quella parte del personale che oggi, sta peggio (pensate ai numeri di precari invisibili tra i ricercatori) per il bene della ricerca, del paese e quindi di tutti i lavoratori del settore.

Le proposte che il segretario generale ha presentato non sono l’elaborazione sua o di poche persone, sono l’espressione delle riflessioni di tanti in questo ultimo periodo, ma anche nel passato, attraversano diversi governi ed esprimono i problemi più profondi e le proposte per uscire da una situazione di emergenza assoluta.

Esiste cioè un sentire comune dei ricercatori che nasce dal loro lavoro, dalle sue caratteristiche, dalle difficoltà quotidiane in cui si vengono a trovare.Quindi le nostre proposte sono le loro proposte.
Esiste, vorrei dire, una comunità scientifica del mondo della ricerca pubblica che la politica continua a non voler riconoscere, a cui non viene data voce ma che, al di là delle differenze tra i singoli enti, ha molti tratti in comune e, se fosse valorizzata, sarebbe una grande ricchezza per il paese.

Per questo noi continuiamo a ripetere che senza un pieno e concreto riconoscimento del ruolo dei ricercatori non c’è ricerca, dopo aver ricordato che senza ricerca non c’è sviluppo, qualità della vita, difesa dell’ambiente, sapere, democrazia e libertà. Tutti consentono, a destra ed a sinistra, oggi, ieri e l’altro ieri, ma…

Da tempo siamo convinti che un passo avanti non potrà essere compiuto operando solo a livello italiano e per questo ci rivolgiamo anche all’Europa (parlamento e sindacati qui presenti e commissione europea con cui abbiamo iniziato una relazione più stretta).

Al nuovo Ministro del nuovo Governo abbiamo chiesto in fondo poche cose, ne abbiamo trascurate molte, per esempio di vedere i nostri stipendi aumentati e portati ai livelli dei ricercatori degli altri paesi europei. Anche questa è una cosa importante, soprattutto se guardiamo agli stipendi di chi dopo, magari 20 anni di precariato riesce a divenire stabile. Su questo andremo avanti, anche a livello di rinnovo del contratto. Oggi abbiamo fissato quelle priorità che sono la condizione necessaria perché la ricerca pubblica italiana continui ad esistere.

Abbiamo dunque fissato delle priorità, cosa ci siamo sentiti rispondere.
Il Ministro ci ha espresso piena disponibilità, ad oggi non sono stati effettuati tagli rispetto al passato.
Abbiamo sentito la promessa di 60 mln di euro per progetto aggiuntivi, soprattutto per i giovani.
Ma è chiaro che perché i fondi dati a ricercatori sotto i 40 anni possano essere utilizzati, questi devono anche portare a casa uno stipendio, devono poter avere una protezione, non possono essere precari.
Il Ministro ci ha detto che ci sono vincoli di bilancio, noi rispondiamo che siamo capaci di fare proposte accettando la richiesta del ministro di collaborare, per esempio di spostare le spese da alcuni capitoli ad altri o anche nell’ambito di uno stesso capitolo ma in modo ragionevole e concordato con le OO.SS.
Andremo avanti, porteremo una proposta che siamo in grado perfettamente di fare su reclutamento, stabilizzazioni, aumento del numero dei ricercatori.
Ci viene detto che l’autonomia è fondamentale, lo ha detto il Senatore Valditara e lo ha ripetuto il ministro. Ma l’autonomia vale per tutti gli enti di ricerca e proprio oggi mi è stato fatto vedere una proposta di articolo con il quale, nell’ambito dei provvedimenti sulle emergenze sulla pesca, riduce il numero dei componenti dei consigli di amministrazione di CRA, ENSE, INEA e INRAN forse solo per sostituire un presidente scomodo.
In queste cose non c’entra il ministro Gelmini, ma è tale ministro che ha il compito di definire la politica per la ricerca, il piano nazionale concertandolo con gli altri ministri.
In realtà non ci sono stati attacchi verso gli enti vigilati dall’università, tranne un rimprovero al Presidente del CNR che avrebbe esternato da politico dopo la sua nomina (cosa che non ci risulta), mentre ci sono stati per altri, ma non possono esserci enti di serie A e di serie B.

Se ritiene che l’autonomia degli enti sia fondamentale, il Ministro deve far valere questo principio. Ma è difficile che i ricercatori di un ente siano autonomi se gli enti stessi non lo sono.
I Presidenti degli enti, perché ci rivolgiamo anche a loro, hanno liberamente sottoscritto la Carta Europea del ricercatore e si sono impegnati a rispettarla, anche modificando regolamenti e insistendo perché il Governo la rispetti. Molti dei presidenti che hanno posto quella firma sono ancora al loro posto, alcuni magari da 20 anni. La mobilità spetta anche a loro di garantirla.

Non abbiamo nessuna paura della valutazione, troviamo il metodo migliore per farla, ma non sia un alibi non avere trovato il meccanismo migliore per non dare risorse agli enti.
Deve esserci un solo organismo per valutare, noi sosteniamo, ex ante, in itinere ed ex post, non abbiamo nessuna paura.
Certo che se non si farà questo aumento dei ricercatori in tempi brevi si andrà verso una recessione culturale, e ci rimetterà tutto il paese, non solo i precari.
Cosa intendiamo fare vista questa situazione?
Quello dei ricercatori potrebbe divenire un movimento dirompente, come alcuni anni fa, fu il movimento femminista.
Lo vogliamo fare?
Dobbiamo mandare a chi ci governa le proposte complete per vedere le risposte.
Questo è quello che abbiamo di fronte, da domani.
Nelle nostre mani è la responsabilità per fare andare meglio le cose sapendo che l’attacco alla scuola e all’università, ci danneggia
Per ora ne siamo fuori, ma sappiamo che è difficile salvare un pezzo se tutto il resto va a fondo.
La formazione è fondamentale, deve essere seria, va migliorata la qualità e la FLC da tempo ha proposte al riguardo.
Dobbiamo riconoscere al ministro la disponibilità dimostrata di venire a rispondere alle nostre domande per cui andremo avanti".

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  • 18 NOVEMBRE | Presentazione del libro "Nonno, cos’è il sindacato?". Con Gianna Fracassi e Angelo Petrosino. Archivio del Lavoro di Sesto San Giovanni, ore 15:30
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