FLC CGIL

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Claudio Franchi, ricercatore e docente precario università di Napoli, nel suo intervento ha prima di tutto evidenziato che per scelta in questa sede non avrebbe descritto la condizione dei precari che da anni sono costretti a passare da un contratto ad un altro da una borsa ad un’altra perché di atteggiamenti pietisti anche i precari come lui si sono stancati.

I precari sono i lavoratori che oggi permettono alle università di funzionare facendo ricerca e didattica ad alti livelli.

Claudio ha scelto di focalizzare l’attenzione sul nodo ineludibile del reclutamento che investe il futuro dell’università e la qualità della formazione e della ricerca che nell’università si fanno: “non esiste il concorso perfetto”- ha proseguito- “qualunque meccanismo è migliorabile ma al fondo deve avere una mission politica.

Qualunque sistema oggi deve garantire una seria valutazione ma anche il riconoscimento ai precari attualiuna qualificazione duratura. La relazione di Marco Broccati ieri e di Enrico Panini oggi sono state chiarissime su questo punto e testimoniano l’impegno della FLC sul precariato. Negli ultimi tre anni da quando – continua Claudio- qualcuno nel sindacato ci considerava volontari la posizione della FLC è diventata sempre più articolata e condivisibile.

Ma per Claudio il sindacato deve fare un passo in avanti interrogandosi rispetto alle nuove funzioni che l’università è chiamata ad avere in particolare la sfida della fomazione permanente. L’Europa su questo è già avanti, l’Italia ancora affida questa mission sempre più centrale per le sue connessioni con lo sviluppo e la crescita ad un sistema prevalentemente privato e scarsamente qualificato. L’università deve invece acquisire un ruolo centrale perché è l’unica agenzia formativa con i requisiti per affrontare questa sfida e dare una risposta ai bisogni delle persone.

Claudio sottolinea che i lavoratori di cui l’università ha bisognose accetta di andare oltre la sua mission attuale sono più dei 20.000 che anche la FLC chiede. Sono almeno il doppio

E molti di questi già oggi lavorano da precari nell’università e negli enti di ricerca.

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