VQR: i criteri non chiariscono le molte incertezze del processo di valutazione
Confermiamo la nostra richiesta di sospensione e ci riserviamo di adottare ogni azione necessaria alla tutela delle istituzioni e delle professionalità in esse impiegate.
Attendevamo i criteri della VQR per verificare se almeno una parte delle osservazioni venute dalla nostra organizzazione e dalla comunità scientifica fossero state accolte. Spiace appurare che non è così.
Preoccupa molto la penalizzazione degli enti di ricerca a causa di un bando costruito essenzialmente sul modello organizzativo delle università. Va sottolineato non solo la quasi assenza di ricercatori epr tra i gruppi d’esperti della valutazione (GEV) ma che gli stessi criteri risultano inevitabilmente punitivi nei confronti di queste istituzioni. Ricordiamo, inoltre, che i ricercatori degli enti devono presentare un numero doppio di prodotti di ricerca (sei, invece che tre, come per gli universitari), quando non sembra esistere evidenza bibliometrica, né nazionale né internazionale, che la “produttività bibliometrica” degli enti di ricerca non universitari debba essere doppia di quella degli universitari. Ancora di più lascia basiti l’assoluta incertezza circa le modalità adottate per misurare l’output che non può essere fotografato con criteri bibliometrici. Inoltre restano insoluti tutti i problemi riscontrati rispetto alla metodologia adottata per la costruzione dell’analisi bibliometrica valida per tutti i soggetti valutati siano essi enti o atenei. La proposta di una procedura di classificazione a due stadi, senza precedenti e solide basi scientifiche, può dare esiti paradossali mentre la classifica delle riviste basata sulla media di rankings di indicatori è una pratica scientificamente screditata.
A queste gravi anomalie si somma il rischio che sulla base delle future classifiche VQR si arrivi non solo a ripartire le risorse del fondo ordinario 2013 per università ed enti ma anche a chiudere sedi o istituti. Tutto ciò mentre le agenzie di valutazione straniere (per esempio Regno Unito e Australia) producono solo “quality profiles”, rifiutandosi in modo assoluto di fornire classifiche.
Sembra che questa procedura sia sempre più condizionata da un pregiudizio negativo nei confronti della qualità della produzione scientifica italiana, a dispetto dei dati bibliometrici che mostrano che l’impatto scientifico della quasi totalità degli atenei statali sta sopra la media mondiale.
Non possiamo fare altro che confermare il nostro giudizio e la nostra richiesta di sospensione al fine di consentire, quanto meno, l’integrazione del bando relativamente alle mancanze sottolineate.
A fronte dei molteplici rischi e in mancanza di risposte da parte del Ministero saremo costretti ad adottare tutte le misure necessarie a tutela delle istituzioni e del lavoro in esse svolto.
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