FLC CGIL
Referendum CGIL il lavoro è un bene comune

https://www.flcgil.it/@3970113
Home » Università » Il 19 giugno iniziativa pubblica all’Università di Tor Vergata organizzata dalla FLC CGIL e dalla Rete 29 Aprile

Il 19 giugno iniziativa pubblica all’Università di Tor Vergata organizzata dalla FLC CGIL e dalla Rete 29 Aprile

La FLC e la Rete 29 Aprile, a partire da un documento condiviso, discutono su come ricondurre le università telematiche e l’insegnamento a distanza all’interno del sistema nazionale senza deroghe e leggi speciali

10/06/2024
Decrease text size Increase  text size

Il sistema nazionale universitario ha visto negli ultimi anni un fortissimo sviluppo delle università telematiche che hanno quadruplicato i propri iscritti e che ormai hanno il 13% degli studenti, accanto a questo sviluppo straordinario si sono evidenziate una serie di problematicità e di criticità evidenziate già dal nostro documento presentato nell’incontro dell’11 aprile 2024.

Con l’assemblea del 19 alle 15 presso l’aula T5 del Dipartimento Scienze Fisiche e Naturali vogliamo fare il punto partendo dalle notizie preannunciate da alcuni media sulla volontà del Governo di alleggerire i requisiti di accreditamento per continuare a favorire questo sviluppo senza regole, senza qualità e in sostanza delegando sempre più alle logiche di mercato la formazione terziaria di questo Paese.

locandina tor vergata 19 giugno 2024

UNIVERSITÀ, PROFITTO E ATENEI TELEMATICI
LE UNIVERSITÀ NON NECESSITANO DI “LEGGI SPECIALI”. RICONDUCIAMO LE TELEMATICHE PIENAMENTE NEL SISTEMA UNIVERSITARIO NAZIONALE

Negli ultimi vent’anni il sistema universitario nazionale ha visto la fondazione di ben 11 atenei telematici, caso unico al mondo; la definizione per loro di criteri specifici e particolari per l’accreditamento di sedi e corsi di laurea (alleggerendo significativamente, in particolare, i requisiti relativi alla docenza e alzando quindi enormemente il rapporto tra studenti e professori); la loro progressiva espansione, che li ha portati negli ultimi anni a quadruplicare i propri iscritti, superando il 13% di quelli complessivi ai corsi di laurea del Paese; lo sviluppo di strategie e forme giuridiche profit, in un “mercato” che per gli alti numeri e i bassi costi strutturali può garantire ampi margini di guadagno; l’entrata in campo di player internazionali, che hanno costruito il polo universitario più significativo del continente per iscritti, standardizzando gestioni e procedure tra i suoi diversi atenei (Pegaso, Mercaturum, San Raffaele Roma); la diffusione di un confuso insieme di centri di orientamento, centri studi e poli territoriali per questi atenei, gestiti da soggetti terzi, a volte con l’implementazione di esami standardizzati e on line, di cui andrebbe forse verificata la coerenza con la normativa presente; l’assenza di strumenti e forme di controllo sull’azione concreta di questo nuovo insieme da parte di Ministero, CUN e ANVUR, che rischia di degradare progressivamente l’intero sistema universitario.

Apprendiamo ora da alcuni media, con profonda preoccupazione e timore per il futuro, che si starebbe profilando un alleggerimento dei requisiti minimi richiesti alle università per ottenere l’autorizzazione a continuare la loro attività didattica, oltre che una serie di revisioni normative che andrebbero incontro al riconoscimento delle loro specificità, anche in relazione agli esami. Queste soluzioni, presentate come “mediazione” tra il ministero dell’Università e della Ricerca e le stesse università telematiche, farebbe carta straccia di quanto previsto nel 2021 nel decreto 1156 della allora ministra Maria Cristina Messa e consentirebbe agli atenei online di avere il doppio degli studenti rispetto a quelli tradizionali a parità di docenti, oltre che consentire di strutturare definitivamente quelle modalità di elusione dell’attuale normativa su esami, tesi ed altri aspetti legati alla qualità della formazione che hanno favorito il successo di questa forma didattica in questi anni. Non è peraltro chiaro se a questo provvedimento si affiancherebbe anche un “alleggerimento” di questi stessi requisiti per gli atenei pubblici tradizionali, circostanza che determinerebbe un più generale degrado dell’università italiana, salvaguardando in ogni caso gli spazi di mercato di queste realtà private.

Non abbiamo mai avuto una pregiudiziale avversione per forme di insegnamento online e, quindi, per atenei specializzati in questa modalità [giudichiamo, ad esempio, positivamente l’esperienza spagnola, dove l’UNED, Universidad Nacional de Educación a Distancia è l’unico ateneo telematico ed è pubblico]. Riteniamo che forme di insegnamento telematico, chiaramente regolamentate e di qualità, possano rappresentare una risorsa nel vasto mondo della istruzione superiore. Tuttavia, condanniamo con fermezza la necessità evidenziata da queste indiscrezioni di prevedere norme speciali per gli atenei telematici. Le università private e telematiche devono garantire lo stesso livello di qualità delle università pubbliche, livello di qualità che si può assicurare solo con un numero adeguato di docenti, con esami svolti in presenza, con lezioni sincrone e, con programmi dei corsi costantemente aggiornati (elementi questi ultimi, che sembrerebbero, per fortuna, indicati nelle misure in discussione). Il contributo che i docenti danno alla formazione degli studenti va ben oltre la lezione, è fatto di assistenza nella preparazione tanto degli esami quanto delle tesi finali, di giudizi dati alle prove, finali o in itinere, formulati con attenzione e coscienza, di assistenza nella individuazione dei percorsi di studio più adatti, e tanto altro ancora. Tutte cose in cui lo strumento telematico in nessun modo può determinare uno “sconto”. Più che distinguere tra didattica telematica e didattica in presenza, per noi è importante garantire una didattica di qualità intrecciata alla ricerca, in cui siano salvaguardati i principi fondamentali della libertà e dell’autonomia didattica e di ricerca, senza alcuna distorsione determinata dalle logiche di profitto. Per la didattica di qualità e di servizio non servono sconti, non servono leggi “speciali” ma serve garantire gli stessi standard in tutte le realtà universitaria, intervenendo con urgenza per definire poteri e strumenti di verifica su quanto concretamente agito nei corsi di laurea da parte degli enti universitari (Ministero, CUN e ANVUR). Su questa base, denunciamo ogni possibile cambiamento del decreto 1156/2021, ogni ipotesi di norme specifiche per gli atenei telematici e ci rivolgiamo all’intera comunità accademica per difendere la tenuta del sistema universitario nazionale.

Tag: anvur, cun, governo, miur