Polo della ricerca all’Expo. Renzi vuole affidare la guida all’IIT. Uno schiaffo a tutta la ricerca italiana
Il Presidente del consiglio ha annunciato martedì scorso la cessione di una piccola porzione dell’area Expo all’IIT mentre nella legge di stabilità taglia ancora i bilanci degli enti di ricerca.
Paradossale che il premier, novello prometeo, annunci questo progetto come una "scintilla" mentre nella legge di stabilità lascia al buio il 95% della ricerca pubblica dell’università e degli enti pubblici di ricerca a partire da quelli del territorio lombardo.
Non si tratta soltanto della questione economica, 1,5 miliardi di euro in dieci anni, in un ennesimo anno di tagli mascherati al settore dell’università e della ricerca. Ma soprattutto colpisce la scelta di privilegiare in un progetto ambizioso come interlocutore privilegiato proprio l’IIT.
Dobbiamo ricordare che l’Istituto italiano di tecnologia è stato fondato su iniziativa di Giulio Tremonti nel 2003 ed è finanziato direttamente dal Ministero dell’economia e fiinanze. Ha natura giuridica di fondazione privata. Non ha avuto e non ha i vincoli di spesa applicati agli enti pubblici di ricerca e alle università, nonostante sia sovvenzionata dallo Stato. L’IIT fa ricerca come fanno gli enti di ricerca e le università pubbliche, ma con risorse garantite direttamente dal Mef e senza i vincoli cui sono sottoposte queste istituzioni senza I quali sarebbero nelle condizioni di fare di più e meglio. La missione originaria di sostegno alla ricerca industriale non è mai stata rispettata peraltro il sistema delle imprese contribusice solo al 3% del bilancio di IIT. Forse “a garanzia” dei consistenti investimenti pubblici ha avuto tra i suoi presidenti Vittorio Grilli, ex direttore generale del Tesoro. Inoltre, concorre anche per i finanziamenti europei e privati come gli atenei e gli enti di ricerca.
Per di più, il 1° luglio 2008, ha ricevuto in dotazione il patrimonio della Fondazione Iri (decreto legge 112/2008, diventato legge 133/2008). Le sole poste finanziarie della Fondazione Iri ammontavano nel 2008 a 50.995.795 euro, più investimenti in obbligazioni per 79.344.184, cui vanno aggiunti gli interessi. Si trattava di soldi pubblici, visto che provenivano dalle spoglie della più grande holding industriale pubblica del mondo.
L’IIT forte del suo finanziamento crea centri di ricerca con altri atenei, enti e scuole speciali. In altre parole è soprattutto un mediatore della ricerca. Prende in affitto spazi e ricercatori per determinati progetti che affida a quelle istituzioni: i progetti di ricerca rimangono sotto il cappello IIT. Si chiama sistema a rete.
I ricercatori sono soltanto o a tempo determinato (pochi), o inquadrati con contratti di ricerca, senza assegni. Seppure sia contrattualmente simile all’assegno di ricerca (è un rapporto di lavoro parasubordinato), ha maggiori punti di debolezza. Ad esempio, dato che non sono assegni, questi ricercatori sfuggono all’anagrafe del Miur e, soprattutto, se alcuni di questi lavoratori precari sono inseriti in graduatorie della scuola, in caso di chiamata, non hanno diritto a rinunciare alla supplenza, prendendo un’aspettativa non pagata e mantenendo il riconoscimento del punteggio annuale in graduatoria (al contrario di dottorandi ed assegnisti).
I tecnici amministrativi, infine, sono attualmente 300 e sono assunti con contratto individuale, perciò al di fuori della legislazione sul lavoro. Su questo terreno la FLC CGIL di Genova ha iniziato la battaglia per la contrattualizzazione dei lavoratori.
È evidente che scegliere questo soggetto come interlocutore di un progetto dai contorni ancora incerti già contenga in se un giudizio di valore inaccettabile su tutta la ricerca italiana anche alla luce di semplici valutazioni sull’impatto scientifico e sulla produzione tecnologica di IIT rispetto ad altri enti o atenei. Rispetto alla necessità da noi riconosciuta e affermata di un investimento straordinario dello stato sul terreno della ricerca e dell’innovazione tecnologica ci sembra che la strada intrapresa sia l’ennesimo spot ma questa volta con risorse ancora sottratte al sistema della ricerca.
Per queste ragioni la FLC CGIL ritiene indispensabile che si apra confronto immediato con il Governo e con tutti gli attori della ricerca pubblica italiana sullo stato della ricerca pubblica e sulle prospettive reali che questa fondamentale infrastruttura ha nel nostro paese dentro una idea coerente di sviluppo.