La ricerca nel mondo e in Italia
In Cina come in USA si investe, in Italia si fa propaganda
In Cina si sta tenendo in questi giorni una sessione speciale del Parlamento per decidere di aumentare al 2,5% sul PIL l’investimento in ricerca (come negli USA) e per definire la strategia che porti il paese a collocarsi tra le prime 5 nazioni in termini di citazioni di pubblicazioni scientifiche.
Quindi grossi investimenti pubblici e la convinzione che sia fondamentale produrre pubblicazioni scientifiche di alto impatto e non solo adattare risultati di altri.
Duemila scienziati sono stati coinvolti nel processo di programmazione del percorso da compiere.
Già oggi il Polo Asiatico, costituito da Cina e da altri 8 paesi asiatici, produce un numero di laureati in materie scientifiche pari alla somma di quelli degli USA e dell’Europa dei 15 insieme.
La National Science Foundation degli Stati Uniti, nel presentare il rapporto biennale sullo stato della ricerca e dello sviluppo tecnologico americano in riferimento al resto del mondo, sottolinea sia l’aumento delle risorse alla ricerca sia la nascita di un nuovo polo mondiale.
L’alta tecnologia si è diffusa potentemente sia in USA che in ASIA; l’Europa, pur essendo ancora il maggiore esportatore di tecnologia, cresce poco proprio perché non aumenta i suoi investimenti in ricerca.
L’Italia non viene neppure nominata e non potrebbe essere diversamente: qui la ricerca continua ad essere trascurata dalla politica e il nostro Ministro si vanta di enormi investimenti dati alla ricerca quando annuncia che 196 grandi progetti sono stati ammessi alla fase finale di finanziamento.
Peccato che si tratti per la maggior parte di un fondo rotativo, che dovrà quindi essere restituito dalle imprese, arrotondato con i pochi fondi che avrebbero dovuti andare alla ricerca spontanea di base (FIRB).
Roma, 6 marzo 2006