Rapporto Svimez: Cgil e Flc Sicilia, allarme spopolamento e collasso del sistema educativo
Negli ultimi vent'anni la Regione ha perso 70.000 residenti verso l'estero e nel solo 2023 ben 30.000 siciliani hanno lasciato l’Isola per trasferirsi al Centro-Nord
A cura della FLC CGIL Sicilia
Palermo, 28 novembre 2024 – “I dati del Rapporto Svimez dipingono un quadro allarmante per la Sicilia, tra spopolamento, fuga di cervelli e un sistema educativo che rischia di collassare”. Lo dicono Alfio Mannino e Adriano Rizza, rispettivamente segretario generale della Cgil Sicilia e segretario generale della Flc Cgil Sicilia, commentando il Report presentato ieri dall’Associazione per lo sviluppo del Mezzogiorno.
“Negli ultimi vent'anni – spiegano – la Regione ha perso 70.000 residenti verso l'estero e nel solo 2023 ben 30.000 siciliani hanno lasciato l’Isola per trasferirsi al Centro-Nord. Si stima che entro il 2050 la popolazione si ridurrà del 18,1%, un declino demografico che mette a rischio la tenuta sociale ed economica del territorio. Estremamente preoccupante è il dato che riguarda la popolazione giovane con alti livelli di istruzione, la cosiddetta "fuga dei cervelli", che priva il Sud delle sue forze migliori. Negli ultimi dieci anni, quasi 200.000 giovani laureati meridionali hanno abbandonato il Mezzogiorno, spinti a cercare fortuna altrove a causa delle basse retribuzioni e delle poche opportunità di lavoro. Tale declino demografico si ripercuote anche sul sistema scolastico siciliano. Dal 2018 al 2023 il numero di alunni tra i 5 e i 14 anni è diminuito del 10%, con una perdita prevista di oltre 89.000 studenti entro il 2035”.
“La situazione è ancor più desolante – continuano Mannino e Rizza – se si guarda all’edilizia scolastica, in particolare alla presenza di mense e di palestre. In Sicilia solo il 18% degli edifici scolastici di scuola primaria è dotato di mensa. Questo dato è di gran lunga inferiore alla media nazionale, che si attesta al 26% per il Mezzogiorno e al 54% per il Centro-Nord. La Sicilia si posiziona quindi come la regione italiana con la percentuale più bassa di scuole dotate di mensa. Ciò ha un impatto significativo sull'offerta educativa e sulla possibilità per le famiglie di conciliare vita lavorativa e impegni familiari. La presenza di una mensa scolastica è un fattore determinante per la diffusione del tempo pieno, che a sua volta è fondamentale per migliorare i risultati scolastici degli studenti e favorire l'occupazione femminile. In Sicilia, solo il 12% degli alunni della scuola primaria frequenta il tempo pieno, contro una media nazionale del 41%. La scarsa presenza di mense scolastiche in Sicilia rappresenta un ostacolo significativo al miglioramento del sistema educativo regionale. Per quanto riguarda le palestre, invece, il 34% degli edifici scolastici del Mezzogiorno è attrezzato, contro il 46% del Centro-Nord”.
“Tutto questo – aggiungono – è figlio di una sottovalutazione cronica del ruolo cruciale che l’educazione riveste nello sviluppo economico e sociale del Paese. l'Italia è, infatti, fanalino di coda tra le grandi economie europee per spesa in istruzione. Tale spesa in Italia, ferma al 4% del Pil, è significativamente inferiore alla media dei Paesi Ocse (5%) e a quella dei Paesi Ue (4,4%). Particolarmente allarmante è il dato relativo alla scuola dell’infanzia, dove l’Italia destina appena lo 0,75% della spesa pubblica, contro il 2% della Germania, evidenziando una mancanza di attenzione alle fondamenta del percorso formativo. Anche la scuola primaria e secondaria di primo grado soffre di finanziamenti insufficienti rispetto alla media europea, un gap che compromette la qualità dell'istruzione di base e rischia di amplificare le disuguaglianze territoriali e sociali”.
“Investire in istruzione – concludono Mannino e Rizza – non è solo una questione di giustizia sociale, ma una necessità strategica per rilanciare la competitività del Paese. Continuare su questa strada significa condannare le future generazioni a opportunità ridotte e il sistema economico italiano a una stagnazione strutturale, rendendo impossibile la transizione verso una società e un’economia basata sull’innovazione e la conoscenza. È urgente un cambio di rotta che metta l’istruzione al centro delle politiche di sviluppo, con investimenti adeguati e duraturi per garantire un futuro più equo e prospero”.
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