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28 maggio 1974-28 maggio 2019: noi non c’eravamo...però

A quarantacinque anni di distanza dalla strage di Brescia diviene imperativo riaffermare il valore politico della scuola, la sua capacità di essere vita, scambio di saperi.

28/05/2019
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A cura della FLC CGIL di Brescia

La prima reazione politica dei colleghi insegnanti alla strage fascista del 28 maggio 1974 dopo quella del dolore profondo per la scomparsa in Piazza Loggia di Clementina, Alberto, Livia, Luigi, Giulietta, Euplo, Bartolomeo, Vittorio fu quella di dar vita ad una biblioteca a carattere storico che si è trasformata negli anni nella “Fondazione Clementina Calzari Trebeschi”.

Fu una scelta precisa, lucida, consapevole: c’era urgente la necessità di “più storia” per capire, per fare partecipi le nuove generazioni dell’assunto libertà è conoscenza, insieme con l’impossibilità di ridurre l’interpretazione nell’angoscia del presente, misurabile solo dall'intensità esercitata nel rapporto di forza e dunque dalla violenza esercitata dai soggetti coinvolti.

Quel gesto fu capace di catalizzare l’impegno di studenti,insegnanti, cittadini, case editrici inserendo nel contesto culturale della città una nuova realtà di incontro e di scambio che muoveva dal basso tratteggiando con ricchezza l’idea di partecipazione, di coscienza civile, di fermezza democratica.

Questo ha permesso di non sopire la richiesta di verità e giustizia e di impreziosirla con iniziative che all’arte, ai suoi linguaggi, ha consegnato il compito di prendersi cura di una città ferita.

Oggi, allora, diviene imperativo riaffermare il valore politico della scuola, la sua capacità di essere vita, scambio di saperi, approfondimento, ricerca di percorsi nei quali trova “forma”la società in divenire.

Deve farsi evidente la distanza fra questa concezione e quella che, senza fantasia si riaffaccia, dei grembiulini, delle divise, testimoni del modello di indrottinamento caro a chi prova scandalo nell’associare politica a scuola, ma non si fa scrupolo nell'esaltare la proposta di frammentare il sistema nazionale di istruzione in sistemi regionali nei quali ritrovare i "valori" in tradizioni da folklore nelle quali riconoscere le verità fondanti del territorio per mascherare la volontà di annientare i principi di solidarietà e inclusione che reggono la stessa idea di Paese.  

Con questa lente di lettura è facile riconoscere come sia solo fintamente ingenua la richiesta di Greta Thunberg che ha dato vita al movimento “Friday for future“ . Rappresenta invece la denuncia dello svuotamento di senso della istituzione scolastica che non riesce ad ancorarsi ai desideri, ai sogni, ai bisogni, ma è solo capace di riprodurre l’esistente promuovendo inutili processi di adattamento.

“Se ciò che ho appreso nelle aule, se i saperi che possiedo confliggono con il modello di sviluppo pervasivo la lotta è per affermare che ci sono altre strade, altri scenari da costruire.”

Questa urgenza densa di giustizia si affida ad un bagaglio di saperi che somigliano molto alla volontà che aveva spinto quel giorno gli insegnanti della CGIL-SCUOLA in piazza.

Alla violenza degli attentati fascisti che miravano a fermare il processo democratico che investiva quegli anni tutti i settori del vivere comunitario opponevano una “presenza” attiva nel lavoro, nella discussione professionale, sull’assetto ordinamentale della scuola, ma anche nel cinema , nell’affermazione della autodeterminazione delle donne, nella ricerca di saldature, contaminazione fra saperi allora compartimentati in umanistici e scientifici, in piazza con gli altri lavoratori per costruire l’alternativa possibile.

Non c’è spazio dunque alcuno nel consesso civile, alcuna giustificazione per coloro che hanno sanzionato il lavoro di una docente e direttamente quello dei suoi studenti che hanno voluto introdurre nella loro riflessione il seme della storia, tessere un legame fra il quotidiano e l’universale della violenza del potere, dunque colpevoli oggi come allora di gridare :”il re è nudo”.