Emilia Romagna: il bilancio di un anno di iniziative sulla scuola dell'infanzia
Ancora una volta la FLC sceglie di stare dalla parte dei bambini
La scuola dell’infanzia è universalmente riconosciuta come base essenziale per lo sviluppo personale del bambino. In Italia i tagli indiscriminati e la mancanza di investimenti ne hanno messo fortemente alla prova la qualità. In Emilia Romagna in particolare, la scuola dell’infanzia rischiava di rientrare tra i servizi alla persona e non più tra i diritti costituzionali, ma quest’anno di battaglie del nostro sindacato non è passato invano. Riaffermata la scuola dell’infanzia come diritto costituzionale, riaffermata la priorità del finanziamento alle scuole pubbliche e 150 nuovi posti docenti nella scuola dell’infanzia.
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A cura della FLC CGIL Emilia Romagna
SCUOLA DELL’ INFANZIA: BILANCIO DI UN ANNO DI INIZIATIVE
C’è un tema che durante l’anno scolastico che si è appena concluso, ha particolarmente caratterizzato l’iniziativa e le battaglie della FLC CGIL sul territorio: quello della scuola dell’infanzia.
La FLC CGIL, non si è mai rassegnata all’emergenza scuola dell’infanzia in Emilia Romagna che in questi ultimi anni ha visto stravolgere il proprio profilo, in contraddizione con un trentennio di storia, di risultati e in controtendenza con quanto raccomanda l’Europa.
La scure che si è abbattuta sulla spesa sociale, la mancata generalizzazione delle sezioni statali, la progressiva riduzione dell’intervento pubblico, le difficoltà degli Enti Locali a mantenere gli interventi già in atto, hanno compromesso il diritto all’accesso ai bambini e le bambine e hanno prodotto un blocco qualitativo e quantitativo di questo primo fondamentale segmento del percorso di istruzione.
La scuola dell’infanzia, come ha affermato la Commissione Europea nel 2011, costituisce la base essenziale per il buon esito dell’apprendimento permanente, dell’integrazione sociale, dello sviluppo personale e della successiva occupabilità.
Il Comitato ONU sui diritti del fanciullo evidenzia come in Italia, a fronte di un quadro legislativo all’avanguardia, non esista una pratica ed una risposta adeguate alla domanda sociale ed invita il nostro Paese a proteggere i minori dai tagli lineari della spesa pubblica.
Dal rapporto Education at Glance, risulta che rispetto agli altri paesi dell’OCSE, l’Italia è contraddistinta da bassi investimenti nella formazione e nell’istruzione. Il che suona come una condanna per chi ha operato tagli lineari alle risorse dello Stato in materia di istruzione. Non tutti i capitoli di bilancio hanno la stessa importanza sia per l’oggi che per il domani. Alcuni, con una strategia di pensiero breve, intendono aggredire la crisi per mezzo di risparmi e tagli non solo del costo del lavoro, ma anche della spesa pubblica, scuola compresa.
Sottrarre risorse oggi all’istruzione pubblica, significa pregiudicare l’arricchimento culturale e lo sviluppo del paese dei prossimi venti anni.
Il 9 aprile 2013 a Bologna, un convegno nazionale della FLC CGIL e di Proteo Fare Sapere dal titolo “ Di tutti e di ognuno, la scuola dell’infanzia per il futuro del Paese” ha definito una piattaforma sulle “DIECI IDEE PER LA SCUOLA DELL’INFANZIA”, la scuola dell’essere (identità, diffusione, competenze) e dell’avere (risorse, strutture).
Il convegno ha rappresentato un importante contributo per la riaffermazione dell’identità della scuola dell’infanzia, una scuola che parte da 3 anni, inclusa nel sistema scolastico e formativo, collocata in una trama di continuità con l’asilo nido e con il ciclo primario, fondativa dello sviluppo affettivo-cognitivo e sociale delle bambine e dei bambini, basilare per una reale e generalizzata promozione delle potenzialità di autonomia, conoscenza e creatività, garante della qualità e dell’efficacia della prima tappa del percorso di affermazione dell’effettiva uguaglianza delle opportunità.
La Repubblica assicura la generalizzazione dell’offerta formativa della scuola dell’infanzia e garantisce a tutti i bambini e le bambine, in età compresa fra i tre e i sei anni, la possibilità di frequentarla (legge n.30/2000).
Contemporaneamente, la FLC CGIL ha condiviso e sostenuto i principi ispiratori del referendum promosso a Bologna dal Comitato art.33 sull’utilizzo delle risorse pubbliche per il finanziamento delle scuole paritarie a gestione privata. L’esito del referendum, ha sancito che la maggioranza dei votanti ha condiviso il principio alla base del quesito referendario: la scuola pubblica, laica, inclusiva, a partire dall’infanzia, è un bene comune e un diritto indisponibile che lo Stato e le Amministrazioni pubbliche devono garantire ai propri cittadini.
Mentre il finanziamento della scuola pubblica è un obbligo per lo Stato, quello alla scuola privata è solo una facoltà e dunque, soprattutto in tempo di crisi, si faccia luogo prima agli obblighi e, solo dopo aver rispettato questi, agli impegni meramente facoltativi (queste sono le parole pronunciate dall’onorevole Preti in Assemblea Costituente, nel corso della discussione sull’attuale art.33).
L’istruzione pubblica e laica, è stata da sempre uno dei terreni dove politiche radicalmente diverse si sono scontrate: uno scontro nato e sviluppato intorno all’applicazione concreta della Costituzione (art.3, art.4, art.33, art.34). A partire dagli anni 60, furono le lotte popolari e sindacali a sostenere culturalmente e concretamente una stagione di riforme per trasformare la scuola selettiva, utile solo alla classe dirigente, in uno strumento di emancipazione sociale.
Sulla discussione che ha preceduto l’approvazione della legge regionale sul riordino delle aziende pubbliche di servizi alla persona, la FCL CGIL Emilia Romagna, fin dall’inizio, ha affermato che, considerare la scuola dell’infanzia come un servizio alla persona e riorganizzarla all’interno delle ASP, avrebbe significato contraddire l’attuale impianto costituzionale e legislativo. “La qualità giuridica dei soggetti eroganti il servizio scolastico rientra tra quelle caratteristiche basilari dell’assetto ordinamentale, organizzativo e didattico del sistema scolastico che rientrano nella competenza legislativa dello Stato“ (Corte Cost.le 5 aprile 2013 n.62).
Il 24 luglio 2013 è stata approvata la legge regionale che, in sintonia con le nostre posizioni, limita il riordino delle ASP ai servizi socio sanitari ed educativi mentre esclude, rispetto ad una prima stesura della legge, i servizi scolastici. E’ importante sottolineare la scelta strategica della Regione Emilia Romagna, in base al quale ha assunto il principio che la scuola dell’infanzia non è un servizio a domanda individuale, ma un diritto costituzionale. Su questa base, non ha dato copertura legislativa al tentativo di chi voleva piegare il ruolo e la funzione della scuola dell’infanzia, verso un profilo assistenziale, snaturando un trentennio di storia di questa regione.
Ultima novità positiva in ordine di tempo: il Ministero ha assegnato per l’organico di fatto dell’Emilia Romagna per il 2013/2014, un contingente di docenti che per la prima volta, dopo tanti anni di tagli lineari, è contraddistinto da un segno positivo. L’Amministrazione scolastica regionale e le sue articolazioni territoriali, hanno condiviso con le Organizzazioni Sindacali e con gli Enti Locali, la scelta di “ dedicare” oltre 150 posti docenti alla scuola dell’infanzia per istituire nuove sezioni, al fine di ridurre le liste di attesa e per completare sezioni part time. E’ un primo segnale che, se non risponde a tutti i bisogni delle scuole, consente di far ripartire quel processo di generalizzazione, interrotto nel 2009.
Un esito non scontato, frutto non solo della mobilitazione della FLC e della CGIL, ma anche di una forte assunzione di responsabilità e sinergia istituzionale dell’Ufficio Scolastico Regionale e della Regione Emilia Romagna, che hanno rappresentato al Ministro i bisogni e le sofferenze dell’intero sistema scolastico della nostra regione.
Queste sono le partite che, con convinzione e determinazione, la FLC CGIL ha scelto di giocare per difendere il diritto alla scuola a partire da tre anni, “agitando” la Costituzione come qualcosa da far vivere nella pratica quotidiana dell’azione sindacale.
Abbiamo scelto di stare dalla parte dei bambini, che sono portatori di diritti, ma che non hanno la possibilità di rivendicarli. I diritti dei bambini hanno un costo, implicano delle scelte di priorità, ma ha un costo enorme anche dimenticarsi di rispettarli e considerarli sempre negoziabili, accettando di trasformare un diritto costituzionale in un indicatore economico.
Non possiamo accettare il familismo amorale dilagante, quello che blandisce le famiglie, e carica su di loro responsabilità, ma nel contempo riduce le risorse, privatizza i servizi tanto da creare condizioni di vantaggio al mercato privato alternativo al pubblico.
Abbiamo scelto contemporaneamente di stare dalla parte della ”qualità del lavoro“, contro la precarietà del personale e contro la scelta già operata da alcuni Enti locali, di dismettere la gestione diretta per risparmiare sul costo del lavoro, creando dumping contrattuale e spingendo verso il basso salari e condizioni di lavoro.
Infine, garantire qualità educativa alla scuola dell’infanzia pubblica significa garantire democrazia in un Paese.
Continueremo a lavorare affinché qualità educativa e democrazia non siano un sogno, ma una realtà. I bambini e il Paese di questo hanno bisogno.
Anche per il futuro, se sarà necessario, continueremo a mobilitarci per riconquistare, ogni giorno, il diritto alla scuola per tutti.
Siatene certi: ce n’est qu’un debut, continuons le combact!
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