Zingaretti: «Seggi fuori dalle scuole». Conte: «Buona idea». Non si può fare
Alla camera il primo sì al decreto elezioni. E la maggioranza dopo aver voluto gli election days il 20 e 21 settembre si accorge che l'anno scolastico comincerà appena una settimana prima. Ma il 90% delle sezioni è negli istituti
Andrea Fabozzi
Per fare la sua richiesta, il suo «appello», Zingaretti ha scelto il giorno in cui la camera ha finalmente concluso la lunga navigazione del decreto legge «elezioni», prendendosi 55 dei 60 giorni disponibili – tanto che il senato deve adesso correre e il governo mettere la fiducia. Il testo approvato rende possibili gli election days del 20 e 21 settembre, che nelle intenzioni del governo dovranno tenere insieme le elezioni regionali in Puglia, Campania, Toscana, Marche, Veneto e Lombardia con oltre 1.100 elezioni comunali e il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari. È il risultato della mediazione tra le richieste dei presidenti di regione di votare presto e dei grillini di votare insieme al referendum per incassare un successo facile. Peccato però che le scuole a settembre riapriranno (pare) il 14, dopo sei mesi e mezzo di chiusura per Covid e ferie. Interrompere le lezioni dopo una sola settimana – e per almeno una settimana, visto il ritorno del voto in due giornate e la necessità di sanificazioni accurate – non è evidentemente la scelta migliore. Lo pensa anche Zingaretti, che proprio ieri ha fatto il suo «appello» al governo: «Si tengano i seggi in luoghi separati, come le palestre o in altri luoghi pubblici, per evitare di interrompere il ciclo scolastico», ha detto il segretario del Pd. E subito il presidente del Consiglio Conte ha trovato irresistibile la proposta. «È una buona idea», ha detto – facendo comprensibilmente arrabbiare Forza Italia che la settimana scorsa aveva chiesto la stessa cosa, in un ordine del giorno bocciato dalla camera perché il governo aveva dato parere negativo. «Chiederò alla ministra Lamorgese – ha detto Conte – di trovare subito dei locali alternativi perché è chiaro che rischiamo di dover subito interrompere e per alcuni giorni l’anno scolastico. Non lo vogliamo consentire».
Una «buona idea», dunque. Magari un po’ tardiva e in contraddizione con l’ostinazione a voler votare il 20 settembre, ma «buona». Anche realizzabile? La risposta è purtroppo no.
C’è un motivo per cui dal 1946 a oggi le elezioni in Italia si sono sempre e solo tenute all’interno degli edifici scolastici. Perché sono gli unici che consentono per le lori dimensioni e la loro diffusione sul territorio di garantire due esigenze irrinunciabili: la prossimità al domicilio dell’elettore e la garanzia della segretezza del voto (che non sarebbe assicurata nel caso molte persone dovessero recarsi a votare in spazi ristretti). L’emergenza Covid con l’obbligo di mantenere le distanze amplifica queste necessità. Le scuole, specie le scuole elementari che sono quelle mediamente di maggiori dimensioni, assicurano poi altre caratteristiche che negli anni sono state individuate dal ministero dell’interno: la neutralità – sono infatti escluse sedi di partito o edifici di culto – il carattere pubblico – sono escluse sedi private e a pagamento – e l’accessibilità – sono escluse le caserme ancora in uso. Proprio alle caserme hanno fatto riferimento ieri in molti, auspicabilmente pensando all’utilizzo delle caserme dismesse che però non sono molte (e concentrate al nord-est).
I numeri danno conto della difficoltà di trovare alternative alle scuole. Gli ultimi disponibili sono quelli delle europee 2019, quando le sezioni elettorali sono state oltre 61.500 delle quali 55.000 collocate nelle scuole. Il resto negli ospedali, tranne un un paio di centinaia di sezioni che hanno trovato posto in altri edifici. Rovesciare questo rapporto è impossibile. Tutt’al più il governo potrà provare ad alleggerire un po’ la pressione su alcune scuole, coinvolgendo il Demanio per utilizzare i beni confiscati alla criminalità organizzata (c’è una lista di magazzini e altri immobili in buone condizioni) e allestendo i seggi in qualche caserma o altro locale comunale (sono infatti i comuni che organizzano i seggi). Escluso per ragioni di sicurezza il voto all’aperto, nei gazebo. La parte maggiore non potranno che farla le scuole, sospendendo le lezioni.