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A proposito della Riforma Moratti 9 aprile 2004 La legge 53/2003, meglio conosciuta come riforma Moratti, muove i primi passi verso un'attuazione non senza critiche e problematiche da parte di gen...

09/04/2004
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A proposito della Riforma Moratti

9 aprile 2004
La legge 53/2003, meglio conosciuta come riforma Moratti, muove i primi passi verso un'attuazione non senza critiche e problematiche da parte di genitori e insegnanti.
Infatti il primo decreto attuativo dello scorso gennaio evidenzia gli enormi ritardi sull'attuazione completa della delega, tanto da far sostenere a numerosi esperti del settore che è impossibile che il Governo affronti entro la data delle elezioni 2006 uno dei nodi fondamentali della riforma, ovvero il doppio canale di scelta fra i licei e l'istruzione e formazione professionale.
Questo comporta, con la contestuale abrogazione della legge 9, un primo fatto a mio parere di indiscutibile gravità: a settembre 2003, nonostante ad esempio le convenzioni stipulate dalla Regione Lombardia con gli istituti professionali, sono stati 45.000 i quattordicenni in Italia che hanno "scelto" di non frequentare più alcuna scuola, aspetto che in dimensione europea ci relega all'ultimo posto.
Ma che questo governo voglia "risparmiare" attraverso la scuola non è certo un fatto nuovo: infatti, ritornando al primo decreto di attuazione, per la scuola dell'infanzia si scopre che l'anticipo scolastico è rimandato se non con il consenso dei Comuni, in un quadro di tagli consistenti ai trasferimenti agli Enti locali.
Nella scuola primaria (elementare) e secondaria di primo grado (media) le ore obbligatorie sono diminuite di tre, quelle facoltative, che possono essere svolte anche da personale esterno o a prestazione, rischiano di reintrodurre il vecchio doposcuola, il tempo pieno è garantito solo per l'anno scolastico 2003-2004.
In questo quadro, per le famose tre "i" (inglese, impresa, internet) si scopre che il tempo dedicato all'inglese nella scuola elementare è complessivamente identico a quello nella scuola pre-riforma, mentre nella scuola media è "dimezzato" per lasciare spazio alla seconda lingua, e l'insegnamento di educazione tecnica, all'interno del quale di norma nella scuola secondaria di 1° grado era prevista l'informatica, è ridotto da 3 a 1 ora settimanale, come a dire che gli slogans informativi restano tali e non corrispondono a nessuna scelta coerente.
Ma altri sono gli elementi critici presenti nel primo decreto attuativo della riforma: il ritorno della figura del maestro prevalente, ovvero del tutor che dalla prima alla terza elementare dovrà svolgere almeno 18 ore nella stessa classe, perdendo in questo modo professionalità acquisite con approfondimenti e aggiornamenti e relegando di fatto altri colleghi a un ruolo prioritario di "assistenti alla mensa".
Si evidenzia inoltre l'assurdità contenuta nella legge 53 della possibilità che in prima elementare si iscrivano bambini di cinque anni e quattro mesi assieme a bambini di quasi sette anni: infatti la norma prevede l'obbligatorietà dell'iscrizione al primo anno della scuola primaria per i nati che compiono sei anni entro il 31 agosto e la facoltatività invece per i nati dal 1° settembre al 30 aprile dell'anno successivo.
Nell'ambito delle assurdità, si constata poi come l'orario annuale di lezione della scuola media preveda 60 ore di storia (1ora e 49 minuti a settimana), 50 di geografia (1 ora e 31 minuti), 54 di inglese (1 ora e 38 minuti), ecc.
Nella babele che scatenerà l'attuazione di simili orari, ci viene in soccorso una recente dichiarazione del prof. Bertagna, "padre" didattico della riforma: "...spero soltanto che l'irruzione dei numeri irrazionali nell'orario scolastico costringa a non più fare gli orari scolastici come li abbiamo sempre fatti, secondo il modello fordista e taylorista, che, purtroppo, a mio avviso, regge ancora nella scuola quando è ormai fallito in tutti gli altri sistemi. Dico i numeri irrazionali perché se si divide 891 per le ore (le ore di ogni materia prevista dal decreto) non si riesce a fare l'orario settimanale e quindi finalmente, dico io, non avremo l'ossessione dell'orario settimanale uguale per ogni settimana".
Insomma, per una famiglia normale, avere un identico orario di scuola, di mensa, di trasporto per tutto l'anno scolastico, è una disastrosa ossessione!
Restano infine da evidenziare due aspetti: degli 8.320 milioni di euro previsti per l'attuazione della riforma, nella finanziaria 2004 ne sono inseriti 90 e procede a grandi passi la riforma federale che prevede l'esclusiva competenza delle regioni sul tema della scuola, ovvero l'Italia diverrà un paese con 20 diversi sistemi scolastici.
E, dati degli ultimi giorni del Ministero dell'Istruzione, crescono gli alunni in classe, ma diminuiscono gli insegnanti. La cura dimagrante imposta dal Ministero dell'economia a quello dell'istruzione per contenere la spesa continua a produrre i suoi effetti: se nell'anno scolastico 2002-2003 sono state soppresse oltre 15 mila cattedre, rispetto al precedente e nel successivo circa 7.000, per il prossimo anno si annuncia una nuova sforbiciata per circa 6.000 posti. In applicazione della finanziaria 2004, inoltre, ammontano a 1.000 i posti tagliati per effetto della riduzione di esoneri e semi-esoneri a vantaggio dei collaboratori dei dirigenti scolastici.
Tutto questo mi sollecita una breve riflessione: quali giovani più preparati, motivati a un ruolo educativo, potranno trovare spazio come insegnanti nel futuro della scuola italiana? E dalla politica dei tagli non sono risparmiati neanche fondi gestiti direttamente dagli istituti, in base alla legge n. 440/97, per l'ampliamento dell'offerta formativa: passati dai 258,885 milioni di euro del 2001 ai 231,770 del 2002 e ai 225 del 2003. Negli ultimi due anni, inoltre, 20,5 milioni sono stati distolti dalle casse delle scuole per finanziare "le iniziative finalizzate alla comunicazione del processo di riforma", ossia per pagare i vari opuscoli allegati ai giornali per far conoscere la delega prima e la legge n. 53/2003 poi sul riordino dei cicli scolastici.
Infine, un'ultima considerazione: la riforma non affronta in nessun modo le due grandi sfide a un di più di innovazione e modernità e a un di più di educazione nella scuola. Il ruolo dell'insegnante è ignorato e si demotivano così persone che con professionalità, impegno e capacità avevano costruito il buon livello della scuola italiana.
Forse, stavolta, avrebbe ragione Bartali: "è tutto sbagliato, è tutto da rifare!".

On. Antonio Rusconi
Componente la Commissione Scuola della Camera dei Deputati"


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