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n.44/luglio '05 COMMISSIONE NAZIONALE DS PER IL PROGETTO GRUPPO DI LAVORO "CONOSCENZA" PROPOSTE PER IL PROGRAMMA ...

24/07/2005
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n.44/luglio '05

COMMISSIONE NAZIONALE DS
PER IL PROGETTO
GRUPPO DI LAVORO "CONOSCENZA"

PROPOSTE PER IL PROGRAMMA
(Roma, 19 luglio 2005)

SOMMARIO
Premessa alle proposte per il programma, p. 2

Nota introduttiva
Il sapere al primo posto, p. 4

Scheda 1 L'istruzione e la formazione per lo sviluppo della persona e del
Paese,p. 7
Scheda 2 L'autonomia scolastica e il governo democratico del sistema
dell'istruzione,p. 10
Scheda 3 Organi collegiali interni alle autonomie scolastiche, p. 16
Scheda 4 Protagonismo e professionalità del personale della scuola, p. 18
Scheda 5 Il sistema della formazione professionale: identità, ruoli e
Trasformazioni,p. 20
Scheda 6 Innovazione nell'università e con l'università, p. 22
Scheda 7 La ricerca: spazio europeo, il merito e la libertà, ricerca e
Innovazione,p. 29
Scheda 8 La cittadinanza studentesca e il diritto allo studio, p. 38

PREMESSA ALLE PROPOSTE PER IL PROGRAMMA

Il nostro Paese vive, sul terreno del sapere, un paradosso inquietante.
Ha un livello di istruzione fra la popolazione attiva più basso di tutti i Paesi a livello di reddito e
di produzione analoghi, ha il più basso numero di laureati e ricercatori, spende meno di tutti in
ricerca.
Ma nel contempo denuncia un tasso di disoccupazione e di precarizzazione più alto di tutti gli
altri Paesi fra i giovani laureati istruiti, registra una domanda di lavoro da parte delle imprese ancora
orientata su basse qualifiche, e scarsi tassi di utilizzazione da parte del sistema di produzione e di
servizi degli stessi risultati della ricerca.
Siamo esportatori del prodotto che meno converrebbe esportare: i giovani ricercatori le cui
capacità, acquisite con rilevanti investimenti pubblici, vengono messe a frutto fuori del nostro
Paese.
Le risposte a questo paradosso possono essere di due tipi. Prendere atto della situazione e
mettere in atto vere e proprie strategie di scoraggiamento alla prosecuzione degli studi verso i più
alti livelli di istruzione, scoraggiando così di fatto la stessa partecipazione al mercato del lavoro,
ridurre la ricerca fondamentale per concentrarsi su un "applicativo" di nicchia, oppure assumere la
necessità di innalzare i livelli di sapere delle persone e dei sistemi produttivi di merci e servizi,
facendone la leva fondamentale per uno sviluppo di qualità.
Siamo, ovviamente, per la seconda opzione, consapevoli che la prima non solo perpetua
ineguaglianze storiche e ne produce di nuove, ma che porta il Paese in un vicolo cieco.
E a partire da questa convinzione che derivano le scelte da fare nel sistema dell'Istruzione e
dell'Università. Il successo, nel sistema dell'istruzione del nostro Paese, è strettamente collegato
alle differenze, soprattutto culturali e nel livello di istruzione, fra le famiglie.
Le differenze fra le famiglie tendono a riprodursi nella scuola diventata di massa, a livelli nuovi
ma fortemente segnati dal passato. C'è un rapporto stretto da questo punto di vista fra i bassi livelli
alfabetici della popolazione adulta e i tassi di dispersione scolastica.
Alla fine delle medie i bambini che hanno uno dei due genitori laureati, in particolare rilevante
è il titolo di studio della madre, hanno ottime probabilità di risultare "distinti" e "ottimi", di
iscriversi al liceo, di starci fino alla maturità, di iscriversi all'Università.
Chi non è in queste condizioni, chi non viene seguito a casa, soprattutto nel periodo delle
medie, dove di fronte al brusco passaggio alla frammentazione delle discipline è più facile "perdere
il filo", finisce con "sufficiente", è indirizzato alla istruzione e formazione professionale, nel caso
migliore ai tecnici, ha forti probabilità di disperdesi prima dei 18 anni, ha scarsa probabilità di
iscriversi all'Università e, se ci riesce, di finirla.
Questo è il bivio che l'Italia ha davanti. Se si ritiene che l'attuale sistema di stratificazione
sociale (dove le scelte dei genitori si trasmettono ai figli), sia socialmente efficiente, in quanto
permette di selezionare gli individui migliori, allora questo sistema va rafforzato. Da questo punto
di vista le scelte della Moratti sarebbero assolutamente giuste e sensate. Senza stupirsi poi che il
merito e l'eccellenza finiscano per continuare sostanzialmente a coincidere con il livello sociale e
culturale della famiglia d'origine.
Se si ritiene invece che sia necessario elevare il tasso di istruzione medio della popolazione, e
porre in questo quadro lo stesso problema del merito e dell'eccellenza, diventa indispensabile far
crescere l'istruzione e la formazione della popolazione adulta e ridurre la dipendenza delle scelte
scolastiche dal background familiare.
La nostra scelta, va senza riserve, in questa direzione. Del resto è questo il senso della
educazione lungo tutto l'arco della vita, così come è stata varata a Lisbona: una strategia che tiene,
in un quadro di coerenza, l'intervento educativo a partire dagli asili nido e la costruzione di un
sistema strutturato di educazione degli adulti.

E da qui deve partire una nostra idea delle priorità di governo: fare degli asili nido il punto di
partenza del percorso educativo, generalizzare e rafforzare la valenza educativa della scuola
dell'infanzia, e affermare il diritto alla formazione permanente dentro e fuori il lavoro come un
nuovo fondamentale diritto di cittadinanza.
Sono le due cose che nella politica scolastica del governo di centrodestra mancano, e la cui
mancanza perpetua le disuguaglianze, le deficienze, l'arretratezza del nostro sistema di istruzione.
Sul primo punto stiamo raccogliendo le firme su un disegno di legge di iniziativa popolare
varato dalla Consulta per l'infanzia "Gianni Rodari", sul secondo siamo impegnati a stendere un
disegno di legge da assumere come punto decisivo del nostro programma di governo.
In mezzo ci sono alcuni obiettivi da ribadire e assumere come priorità della nostra azione di
governo, alcuni bisognosi di immediati interventi legislativi, altri di diventare progetti da sostenere
con risorse adeguate.
La comprensività nella scuola di base, per ridurre i salti in cui i più deboli cadono; la
riaffermazione del valore sociale ed educativo del tempo pieno; il prolungamento dell'obbligo
scolastico quello vero al biennio della superiore con un biennio unitario, per abrogare la
canalizzazione precoce che è l'anima della legge Moratti; la riaffermazione - contro la mistica del
duale - del valore della istruzione tecnica e professionale, del suo carattere insieme
professionalizzante e propedeutico alla prosecuzione degli studi; la crescita del numero degli
studenti universitari e dei laureati senza perdere, ma anzi incrementando, la qualità degli studi e la
capacità di ricerca.
Avendo chiaro una cosa: che per ognuno di questi obiettivi dovremmo mettere a
disposizione le risorse adeguate e darci una scala di priorità, temporalizzando il raggiungimento
degli obiettivi. Occorre fare un progetto preciso, con tappe di monitoraggio, che indichi quanti
bambini in più porteremo negli asili nido e nelle scuole dell'infanzia; quale incremento annuo
vogliamo raggiungere nel numero dei diplomati, quantificando le risorse che è necessario investire
in diritto allo studio, dal momento che causa rilevante della dispersione scolastica è la povertà delle
famiglie come intendiamo con risorse adeguate rafforzare l'autonomia delle Università e delle
istituzioni impegnate nella ricerca. Quanti adulti vogliamo portare in formazione. Monitorando
attentamente, per ogni obiettivo, i successi e gli insuccessi, incentivando le pratiche inclusive,
quelle che cambiano la cultura della scuola e della formazione in vista del conseguimento degli
obiettivi.
Non c'è per questo, nessuna scorciatoia possibile. La via maestra è un progetto nazionale
che sappia fare leva sulla capacità dei territori, sull'autonomia delle scuole, sulla valorizzazione del
lavoro e della professionalità degli insegnanti, sul contributo partecipativo dei genitori, su un nuovo
protagonismo e sulla creatività degli studenti.
Stabilito il quadro delle risorse e degli obiettivi, gli interventi legislativi necessari, il futuro
della scuola e della Università, la sua riforma reale, va messa nelle mani di chi nel sistema
dell'istruzione vive e lavora, sostenuti dalle istituzioni locali e da quanti sui territori hanno capito la
centralità del sapere per lo sviluppo e la coesione sociale del territorio.
Del resto già oggi le esperienze migliori, i tempi pieni più ricchi di proposte formative, le
scuole che sono riuscite a rispondere alla domanda di interculturalità poste dai figli
dell'immigrazione, gli istituti tecnici e professionali che hanno saputo progettare percorsi in
rapporto con le imprese, la formazione professionale che ha saputo diventare vera interfaccia fra
scuola e mondo del lavoro, sono state possibili dove è stato stipulato un nuovo patto tra sistema
dell'istruzione e della formazione e territori, col ruolo decisivo delle Regioni e del sistema degli
Enti locali. Ed è nel territorio che si è riusciti a mettere in rete scuole, Università, agenzie educative
pubbliche e private, organizzazioni del Terzo settore e del privato sociale, di rompere le
separatezze, di attivare tutte le energie di cui un'educazione per tutto l'arco della vita ha bisogno.
Al Governo nazionale spetterà di fissare i livelli essenziali, gli obiettivi fondamentali che il
sistema deve raggiungere, le norme generali che devono regolare l'insieme del sistema e quello di
affrontare, con adeguate risorse finanziarie, il dislivello di risorse a disposizione fra le istituzioni
formative del Nord e quelle del Sud, determinato proprio dalle diverse capacità delle
Amministrazioni locali e dei territori di concorrere al bilancio delle scuole e delle Università
dell'autonomia.

IL SAPERE AL PRIMO POSTO

NOTA INTRODUTTIVA
I documenti e le note allegate contengono approfondimenti e proposte specifiche sui vari
temi e insieme delineano alcuni elementi comuni e trasversali che configurano la struttura
essenziale programmatica dell'area "CONOSCENZA":
" La dimensione europea e la strategia di Lisbona
Piena condivisione della strategia europea di Lisbona, negli obiettivi individuati e nelle
modalità e percorsi per raggiungerli.
" Il sapere e la conoscenza come diritto essenziale di ogni persona e come investimento
strategico per lo sviluppo economico, sociale e culturale del Paese.
" In questo quadro la conoscenza, il sapere e la ricerca non devono essere coniugati come
politiche settoriali, ma cardini del rilancio della competitività, dello sviluppo economico e
della coesione sociale, come traino per fermare ed invertire il declino del Paese.
" Sia per l'Europa sia a maggior ragione per l'Italia gli obiettivi di Lisbona non sono stati
raggiunti e quindi è necessario concentrare le priorità programmatiche e le risorse in
questa direzione.
" Il paradosso italiano: nella economia della conoscenza abbiamo, rispetto agli altri paesi
sviluppati, il più basso livello di istruzione dei giovani e dei lavoratori; la più bassa
percentuale di laureati e di ricercatori; il minor livello di investimenti e di risorse
(fortemente ridotte dal Governo di Centro Destra); trovandoci in una condizione di grave
svantaggio, occorre imprimere il segno "+" a tutti gli elementi richiamati, mentre i processi
di riforma attivati dal Governo di Centro Destra vanno ad impoverire e irrigidire
ulteriormente i sitemi formativi (istruzione, formazione professionale, università), cioè si
caratterizzano ovunque per il segno "-"
Le proposte avanzate nei documenti allegati intendono porre al centro delle politiche e delle
scelte programmatiche i soggetti - le persone e le imprese.
In particolare:
" gli studenti e i giovani, per garantire a tutti l'accesso ai vari livelli dell'istruzione e per
sostenerli nel conseguimento del successo scolastico e formativo, raggiungendo alcuni
obiettivi quantitativi individuati nei documenti stessi. In particolare ci si propone di
accompagnare tutti i ragazzi, tutti e non uno di meno, al conseguimento di una qualifica
professionale o di un diploma di scuola superiore. Dunque al successo formativo e alla
valorizzazione delle esperienze di eccellenza, si indirizzano tutte le proposte di riforma
dell'istruzione, della formazione e dell'università e quelle relative al diritto allo studio e alla
cittadinanza studentesca contenute nei documenti allegati;
" i lavoratori, per elevare il livello delle loro conoscenze e competenze e per la loro
adattabilità ai processi di innovazione produttiva. In questo senso sono definiti gli obiettivi
anche quantitativi sulla formazione continua; e particolare attenzione va rivolta alla
formazione alta (post diploma e post università) al fine di rendere le persone, così formate,
promotori e sostenitori dei processi di innovazione;
" gli adulti, lavoratori e non, per elevare il livello di conoscenza diffusa nel sistema sociale,
base essenziale per produrre una maggiore richiesta di istruzione, di formazione, di
formazione alta, volano per diffondere ulteriore conoscenza. Lavorare cioè per superare il
divario negativo, purtroppo caratterizzante il nostro Paese, di un livello di istruzione e di
formazione diffuso estremamente basso;
" una particolare attenzione alla formazione degli stranieri immigrati, sia per quello che
riguarda l'integrazione nei sistemi scolastici dei ragazzi, sia per la alfabetizzazione e la
formazione degli adulti, lavoratori o non. Si tratta di processi di integrazione scolastica e
formativa di grande complessità, ma essenziali per più ampi processi di integrazione sociale
e per la piena valorizzazione delle risorse apportate dai lavoratori e dalle famiglie
immigrate;
" i soggetti deboli e svantaggiati, per sostenere l'integrazione scolastica, i percorsi
universitari e formativi, per favorire l'ingresso e un positivo inserimento nel mondo del
lavoro;
" le donne, per rafforzare le opportunità formative per le donne adulte (che rientrano nel
mondo del lavoro dopo impegni di cura familiare, che devono essere sostenute nei percorsi
di carriera e nella situazione di mobilità tra un'occupazione e un'altra), valutando
positivamente i passi in avanti straordinari fatti dalle ragazze giovani che hanno recuperato e
superato i loro coetanei maschi in relazione all'istruzione e alla formazione;
" le imprese, tenendo conto della prevalente caratterizzazione di piccole-medie imprese nel
sistema produttivo italiano;
" docenti e personale della scuola e dell'università
" ricercatori
Si propone, in sostanza, una chiave di lettura dei contenuti programmatici dei documenti allegati
attraverso la loro capacità di risposta e l'adeguatezza della stessa ai bisogni di apprendimento, di
valorizzazione delle competenze delle persone.
Le proposte avanzate intendono innovare i sistemi formativi, rendendoli più volti a
rispondere ai bisogni delle persone e dei sistemi produttivi e più aderenti alle strategie europee.
Potremmo ragionare di un sistema formativo in una accezione generale sistema dell'education
che si compone di sottosistemi:
" istruzione
" formazione professionale
" università
" sistema della educazione non formale
Questi sottosistemi sono tra loro autonomi, con proprie finalità, strumenti didattici, con diverse
modalità di certificazione delle conoscenze e competenze; devono interfacciarsi e relazionarsi tra di
loro, con il sistema della ricerca, con il mondo del lavoro. Essenziali a questo fine sono le funzioni
di programmazione dell'offerta formativa, governate in modo sempre più comune, individuando
le sedi territoriali idonee, finalizzate a dare risposte alte e di valore nell'ambito dei mercati
globalizzati, e capaci di rispondere ai bisogni dello sviluppo locale; la certificazione delle
competenze acquisite e il reciproco riconoscimento dei titoli e dei crediti formativi e lavorativi.
L'assetto istituzionale dei sistemi dell'istruzione, della formazione professionale e
dell'università, individuato nei documenti allegati, ha come riferimenti strategici - coerentemente
con il quadro delineato dal Titolo V della Costituzione - la dimensione europea e il radicamento
territoriale, nell'ambito di una normazione nazionale che li identifica come sistemi nazionali, al fine
di garantire il diritto essenziale di ogni persona all'istruzione e al sapere. Pertanto i principi
fondamentali, le norme generali e i livelli essenziali delle prestazioni, coerenti con le normative
europee, devono essere normati nazionalmente e articolati a livello regionale attraverso una
specifica normativa e attraverso azioni che configurano il governo regionale.
Nell'ambito dell'assetto federalista, di governo regionale e locale del sistema formativo,
vengono focalizzati alcuni assi programmatici comuni:
1. la valorizzazione della autonomia dei soggetti della formazione (scuole, università, soggetti
della formazione professionale, della ricerca), che è auonomia funzionale, volta al
raggiungimento delle proprie finalità;
2. la relazione tra autonomia, responsabilità e valutazione
3. centralità e quindi necessità di innovare la governance interna ad ogni autonomia, con
particolare riferimento agli organi di indirizzo ed attenzione ai temi della rappresentanza,
della responsabilità e della efficacia;
4. autonomia realizzata secondo un modello collaborativo, non competitivo; quindi autonomia
non come isolamento ma costruzione di reti, di consorzi, di accordi tra soggetti formativi
5. la relazione con le autonomie locali e con i sistemi locali (che includono le parti sociali
rappresentative del mondo del lavoro e dell'impresa, l'associazionismo e il volontariato) dà
valore e arricchisce di contenuti e di opportunità l'autonomia dei soggetti dell'education;
una relazione non caratterizzata da "invasione" o pretese di supremazia da parte degli enti
territoriali ma sul confronto, la progettualità comune, la definizione di intese che posssono
essere costruite sulla base di patti di carattere settoriale o territoriale; in questi patti si
porta a sintesi il principio di libertà di scelta propria dei soggetti autonomi e il valore
cogente della collaborazione verso obiettivi condivisi.
In sintesi un sistema di governance che abbia a riferimento linee strategiche, indirizzi, titoli di
studio e certificazioni europei; che si basi su sistemi nazionali di istruzione, formazione e ricerca,
delineati da norme generali di carattere nazionale; su un'azione di governo e di programmazione
regionale; e su sistemi di governance locali, nei quali si realizzi l'obiettivo di rendere le politiche di
istruzione e di ricerca qualificate e coerenti con i bisogni delle persone e motori di sviluppo
economico e sociale di carattere locale.
In tale quadro essenziale è la valutazione interna ai soggetti autonomi e quella di soggetti
esterni (authority o altro), elemento che sostanzia ed indirizza l'esercizio dell'autonomia e della
conseguente responsabilità da parte delle scuole, delle università e dei soggetti della ricerca.
Ogni intervento per qualificare scuola, università, ricerca deve, in via prioritaria, essere
rivolto alla valorizzazione del personale che vi lavora. "La risorsa umana", essenziale per
l'innovazione di tutti i sitemi produttivi e sociali (secondo la strategia di Lisbona), è ancora più
determinante nell'area del sapere, nei sistemi formativi e della ricerca. Non "peso" o "zavorra" da
ridurre, come sostiene la Moratti, ma attore primario di ogni processo di innovazione e riforma. In
questo contesto vanno definite le norme sullo stato giuridico, la formazione in ingresso,
l'aggiornamento continuo e sulla professionalità dei docenti, del personale non docente, dei
riceratori, sulla base dei contenuti proposti nei documenti allegati.
Attori e non passivi fruitori dei percorsi formativi sono gli studenti, per i quali le note
allegate delineano una vera e propria cittadinanza studentesca. All'interno di questa il diritto allo
studio assume una connotazione molto più ampia rispetto all'attuale: nelle schede si propongono un
sostegno non solo all'accesso per gli studenti a basso reddito ma al conseguimento del successo
formativo per tutti, un mix di interventi economici (borse di studio) e di servizi per lo studio e per la
vita dello studente, un legame forte tra le politiche giovanili e le politiche di diritto allo studio.
Importante è anche la riflessione da collegare con le proposte dei gruppi di lavoro "giovani" e
"città" sul valore della presenza studentesca nelle città universitarie, sulla qualità delle
relazioni e dei servizi.
Le proposte programmatiche relative alla conoscenza devono essere collegate e coordinate
con le politiche attive per il lavoro, in particolare con i percorsi di orientamento, di
accompagnamento e inserimento al lavoro e con le politiche per una buona e piena occupazione
sviluppate nell'area "Welfare e Lavoro".
Molte delle proposte contenute nei documenti allegati segnalano necessità di interventi di
carattere legislativo, che superino e cancellino la normativa introdotta dal governo di Centro
Destra e che diano attuazione alle innovazioni proposte. Si tratta di individuare, come viene fatto
nei vari documenti, alcuni interventi legislativi da approvare ed attuare in tempi rapidi, una volta
tornati al governo del Paese, pur nell'ambito di strategie di medio periodo. I sistemi formativi in
Italia hanno bisogno di riconquistare rapidamente punti di certezza, strumenti e risorse per
realizzare le necessarie innovazioni che vengono avanzate. Si propongono, pertanto, interventi
legislativi non di carattere generale ed ordinamentale, ma puntuali e finalizzati al sostegno delle
autonomie dei soggetti dell'education e della ricerca e al potenziamento dei sistemi locali.

SCHEDA n.1

L'ISTRUZIONE E LA FORMAZIONE
PER LO SVILUPPO DELLA PERSONA E DEL PAESE

Premessa

L'istruzione, la formazione, la ricerca di base e applicata rappresentano settori strategici e
priorità di intervento per rilanciare una prospettiva di sviluppo economico, sociale, civile e
democratico del nostro paese.
"L'Unione europea si trova dinanzi a una svolta epocale risultante dalla globalizzazione e dalle sfide
presentate da una nuova economia basata sulla conoscenza. Questi cambiamenti interessano ogni
aspetto della vita delle persone e richiedono una trasformazione radicale dell'economia europea.
L'Unione deve modellare tali cambiamenti in modo coerente con i propri valori e concetti di
società& anche in vista del prossimo allargamento." (U.E. Dichiarazione di Lisbona, marzo 2000)
"Il ritmo rapido e sempre crescente dei mutamenti rende urgente un'azione immediata da parte
dell'Unione per sfruttare appieno i vantaggi derivanti dalle opportunità che si presentano. Ne
consegue la necessità per l'Unione di stabilire un obiettivo strategico chiaro e di concordare un
programma ambizioso al fine di creare le infrastrutture del sapere, promuovere l'innovazione e le
riforme economiche, e modernizzare i sistemi di previdenza sociale e d'istruzione. (U.E.
Dichiarazione di Lisbona, marzo 2000)
"I sistemi di istruzione e di formazione professionale svolgono un ruolo centrale nella
diffusione delle competenze e delle qualifiche. Sviluppare l'Europa basata sulla conoscenza
costituisce una sfida fondamentale per i sistemi di istruzione e formazione professionale in Europa e
per tutti i soggetti interessati. A questo riguardo è importante garantire l'apertura e l'accessibilità del
mercato europeo del lavoro a tutti. (U.E. Bruxelles, ottobre 2002)
Le indicazioni dell'Unione europea costituiscono il riferimento politico e culturale in cui
inserire le prospettive e le scelte politiche in materia di istruzione, formazione e ricerca, come
condizione per il rilancio della nostra economia chiamata comunque a competere in un contesto di
mercati aperti e di concorrenza con paesi e aree geografiche che ci impone di sviluppare al massimo
e senza ulteriori ritardi le nostre capacità di innovazione dei prodotti e dei modi in cui produrli.
L'istruzione rappresenta una risorsa decisiva per lo sviluppo della persona, per la qualità della
sua vita e per lo sviluppo sociale, civile ed economico delle realtà locali e della nazione.
La persona che apprende per tutta la vita costituisce un punto di riferimento centrale per
l'iniziativa politica e per l'attività di tutti i livelli istituzionali in cui si articola la Repubblica.
La qualità delle attività di istruzione e formazione è il risultato dell'integrazione degli interventi
di diversi soggetti e livelli istituzionali.
L'adeguamento degli ordinamenti alle esigenze di una società democratica che punta sullo
sviluppo delle conoscenze per la sua crescita civile e il potenziamento della sua competitività deve
essere il risultato di un processo in grado di valorizzare le esperienze migliori del nostro sistema
formativo e di coinvolgere tutti i soggetti interessati, riconoscendo e sviluppando la professionalità
del personale, potenziando la libertà di insegnamento e rifiutando le logiche di precarizzazione del
lavoro.
Occorre riqualificare il sistema, portandolo agli standard internazionali più elevati, combattere
l'esclusione, le disuguaglianze di accesso e di percorso delle opportunità formative e superare i
pesanti squilibri territoriali. Ma è anche necessario individuare una strategia di governo dei
processi di innovazione caratterizzata da uno spostamento dell'iniziativa politica dagli interventi
normativi - laboriosi e dagli esiti incerti e non immediati - ad obiettivi concreti e al sostegno ai
processi in grado di produrre risultati nel breve e medio periodo, senza per questo rinunciare ad una
prospettiva di più largo respiro che va perseguita ricostruendo un rapporto di fiducia con i tutti i
soggetti direttamente coinvolti o interessati agli esiti dei processi formativi.

Obiettivi

Gli obiettivi immediati di questo processo, che per contenuti e metodo delineano una politica
scolastica radicalmente alternativa a quella dell'attuale maggioranza , e della legge 53/2003, sono
rappresentati da:
" lo sviluppo quantitativo del sistema dei nidi, di cui vanno potenziate le valenze educative,
con l'incremento del 15% all'anno dell'utenza attuale al fine di raggiungere l'obbiettivo del
33% previsto dal programma di Lisbona, coerentemente con i contenuti della proposta di
legge di iniziativa popolare presentata dai Democratici di sinistra;
" la generalizzazione della scuola dell'infanzia;
" la qualificazione degli elementi di continuità tra scuola dell'infanzia e del primo ciclo, anche
attraverso la generalizzazione degli istituti comprensivi;
" la valorizzazione dei modelli didattici del tempo pieno e del tempo prolungato, da realizzare
attraverso il riconoscimento della pari valenza educativa di tutte le attività previste, con il
conseguente avvio di una serie di provvedimenti che comportino il pieno riconoscimento
delle competenze delle istituzioni scolastiche autonome e l'inversione della logica dei tagli
agli organici e alle risorse finanziarie destinate alle scuole;
" la lotta ai fenomeni di dispersione scolastica e formativa, anche attraverso il potenziamento
dell'attività di orientamento e il sostegno alle famiglie e agli studenti in difficoltà mediante
il rilancio delle politiche sul diritto allo studio e per la qualità dell'istruzione;
" il prolungamento del periodo dell'istruzione obbligatoria fino ai 16 anni, nel quadro di un
processo di affermazione del diritto all'educazione per tutti sino a 18 anni - in modo da
assicurare a tutti il "tempo della scuola": per la formazione culturale, da consolidare e
rendere persistente e stabile; per l'acquisizione delle competenze culturali di base in grado di
sostenere la capacità di apprendere per tutta la vita - attraverso l'innalzamento dell'obbligo
di istruzione fino al biennio della scuola secondaria superiore, non unico ma unitario,
strutturato in modo da contemperare le esigenze del completamento della formazione
culturale di base, del potenziamento delle capacità di scelta e della propedeuticità ai percorsi
successivi, rispettosi delle diverse forme di intelligenza e dei diversi stili di apprendimento e
respingendo qualsiasi ipotesi di articolazione in canali separati di percorsi del II ciclo;
" la predisposizione delle condizioni per rendere effettivo e qualificato l'obbligo formativo
fino ai 18 anni, creando i presupposti per un effettivo riconoscimento dei crediti maturati al
fine del passaggio da un percorso all'altro e vietando, prima dei 18 anni, qualsiasi rapporto
di lavoro che non abbia una prevalente, certificabile (e sanzionabile in caso di
inadempienza) valenza formativa;
" la costituzione di Poli formativi - da realizzare con le istituzioni scolastiche e con le agenzie
formative accreditate - nei quali viene offerta una pluralità di opzioni formative, in grado di
valorizzare la cultura del lavoro, di prevenire i fenomeni di insuccesso scolastico, con una
particolare attenzione al disagio sociale, e di favorire il raccordo con la formazione e il
lavoro, tenendo conto della domanda sociale e delle prospettive occupazionali ed
economiche del territorio;
" il rigoroso rispetto delle prerogative e delle responsabilità delle scuole che devono
organizzare l'offerta formativa in piena autonomia, nel rispetto degli obiettivi definiti, delle
risorse assegnate, delle esigenze degli alunni e del territorio;

" la creazione di un sistema di formazione professionale che interagendo con il sistema di
istruzione sia capace di rispondere alle esigenze di transizione al lavoro dei giovani che
concludono i percorsi di istruzione e di rispondere alle esigenze di formazione continua
professionale della popolazione adulta, nel quadro di un sistema nazionale di apprendimento
lungo tutto l'arco della vita, che contrasti sia l'obsolescenza precoce delle professioni che
l'analfabetismo di ritorno, anche attraverso l'uso delle nuove tecnologie applicate alla
formazione;
" la salvaguardia del carattere unitario del sistema nazionale di istruzione, individuando gli
strumenti e gli interventi di tipo perequativo in grado di ridurre le disuguaglianze e gli
squilibri di carattere territoriale, economico, etnico e culturale, con una particolare
attenzione alla questione giovanile meridionale;
" la verifica sistematica della qualità del sistema, per innalzarne il livello complessivo e
condurre interventi a sostegno delle aree in difficoltà.
Questo è il modo concreto per cancellare la legge Moratti e per capovolgere le logiche che
caratterizzano la politica scolastica del governo in carica e della maggioranza che lo esprime.
Raggiungere gli obiettivi indicati richiede la ripresa degli investimenti per l'istruzione, la
formazione e la ricerca, con scelte in grado di eliminare il fenomeno del precariato, dannoso per la
qualità e l'autonomia della scuola oltre che per il personale interessato, e con la valorizzazione della
professione docente, da perseguire promuovendo e sviluppando la partecipazione e il confronto con
le diverse forme di rappresentanza sindacale e professionale della scuola.

Regioni, autonomie scolastiche e Autonomie locali

Le autonomie scolastiche e le autonomie locali, rappresentano articolazioni istituzionali
decisive per garantire il pluralismo culturale e territoriale di un sistema nazionale di istruzione che
deve mantenere il suo carattere unitario.
L'autonomia scolastica costituisce una condizione per il pluralismo culturale e territoriale del
nostro sistema di istruzione; spetta pertanto alle scuole il compito di definire il curricolo
obbligatorio per i propri alunni, anche attraverso accordi con le Regioni e gli Enti locali, in modo
da integrare la quota definita a livello nazionale con scelte che tengano conto dei bisogni formativi
concretamente rilevati, delle esigenze e delle attese espresse dalle famiglie, dagli Enti locali, dai
contesti sociali, culturali ed economici del territorio.
Spetta alle Regioni la funzione strategica di disciplinare, per quanto di competenza, le materie
dell'educazione, dell'istruzione, della formazione professionale e del lavoro in una visione globale
ed unitaria e programmare la diffusione e lo sviluppo dell'insieme dell'offerta formativa presente sul
territorio in modo da realizzare l'integrazione necessaria a garantire a tutti i cittadini un reale diritto
all'apprendimento lungo tutto l'arco della vita, sia nei percorsi formali tradizionali, sia in quelli non
formali, informali e nel lavoro.
Compiti di tale portata spingono verso la scelta di un esercizio coordinato ed unitario, a partire
dal livello regionale, delle competenze sull'educazione, sulla istruzione, sulla formazione
professionale e sul lavoro per operare nella logica di integrazione di sistema.
La certificazione delle competenze e il riconoscimento dei crediti rappresenta la condizione
necessaria per rendere certe, classificate e riconosciute in modo condiviso dai diversi sistemi, le
competenze acquisite dal cittadino nei diversi momenti e nelle diverse sedi in cui si realizza il suo
processo di formazione.
Gli obiettivi del Consiglio Europeo di Lisbona e delle Conferenze di Copenaghen e di
Maastricht per la costruzione di una società della conoscenza devono orientare le scelte della
politica scolastica nazionale e regionale, al fine di conseguire i risultati previsti per il 2010, in
particolare:
° Abbandono scolastico prematuro: dovrebbe pervenire nel suo insieme ad una percentuale
media non superiore al 10%;
° Studi in matematica, scienze e tecnologie : il totale dei laureati con specializzazione in
matematica, scienze e tecnologia dovrebbe aumentare almeno del 15% entro il 2010 e al contempo
dovrebbe diminuire lo squilibrio tra i sessi;
° Completamento del ciclo d'istruzione secondaria superiore: almeno l'85% della
popolazione ventiduenne dovrebbe aver completato un ciclo di istruzione secondaria superiore;
° Competenze di base: la percentuale dei quindicenni con scarse capacità di lettura
dovrebbe diminuire di almeno il 20% rispetto al 2000;
° Apprendimento lungo tutto l'arco della vita: il livello di partecipazione
all'apprendimento lungo tutto l'arco della vita dovrebbe attestarsi ad almeno il 12,5% della
popolazione adulta in età.
Il governo italiano, negli ultimi anni, non ha posto in essere nessuna delle azioni necessarie a
realizzare tali obbiettivi.
Le recenti elezioni regionali hanno messo in evidenza la contrarietà della maggioranza dei
cittadini italiani alle scelte effettuate dal governo Berlusconi. Sarebbe doveroso per le forze
politiche della maggioranza bloccare l'iter di quei provvedimenti che incidono profondamente sugli
assetti istituzionali, in particolare la riforma della Costituzione, e la riforma Moratti.
Le Regioni possono rappresentare lo snodo istituzionale in cui si realizza il rapporto tra
esigenze locali e la realtà europea e internazionale: il luogo di sintesi tra globale e locale. La nuova
configurazione della Conferenza Unificata impone l'esigenza di individuare contenuti e modalità di
esercizio delle competenze tali da qualificare complessivamente sia il sistema di istruzione sia
quello della formazione professionale e fornire, nel contempo, indicazioni utili per interventi di
carattere nazionale.

SCHEDA n . 2

L'AUTONOMIA SCOLASTICA E IL GOVERNO
DEMOCRATICO DEL SISTEMA DI ISTRUZIONE

L'assetto delle competenze in materia di istruzione, dopo la legge 59/97 e la riforma del Titolo
V della Costituzione, risulta profondamente modificato rispetto al quadro di riferimento
preesistente: le norme prevedono il superamento del modello centralistico e prefigurano un sistema
fortemente connotato dalla valorizzazione delle Regioni e delle Autonomie territoriali e funzionali.
Il pieno riconoscimento dell'autonomia, coniugato al principio della sussidiarietà, implica che
l'esercizio delle funzione e dei compiti dei diversi livelli istituzionali sia orientato da una forte
consapevolezza della centralità della persona con le sue esigenze e i suoi diritti che devono essere
garantiti attraverso un esercizio integrato delle competenze, rispettoso delle specifiche prerogative.
L'esplicazione delle potenzialità del nuovo modello richiede la costruzione di un coerente
quadro di relazioni e di nuove modalità di partecipazione in grado di coinvolgere non solo le scuole
e le autonomie locali, ma anche i diversi soggetti direttamente e indirettamente interessati agli esiti
dei processi di apprendimento/insegnamento, dal momento che il sistema di organi collegiali
distrettuali e provinciali, previsto dai decreti delegati del 1974, tutto orientato verso
l'amministrazione scolastica, risulta completamente superato in seguito al trasferimento di una parte
rilevante di competenze alle Istituzioni scolastiche, agli Enti locali e alle Regioni.
Nel nuovo quadro di competenze è difficile, se non impossibile, ipotizzare un intervento
normativo in grado di definire le relazioni tra soggetti autonomi e le modalità di esercizio delle
competenze ad esse trasferite. E' allora necessario che i diversi livelli istituzionali, coerentemente
con i principi di sussidiarietà, completezza, efficienza, economicità ed efficacia e degli altri principi
indicati nell'art. 4 della legge 59/97, stabiliscano procedure adeguate all'esercizio delle funzioni e
dei compiti ad essi attribuiti e concordino le modalità di interazione con gli altri soggetti che
concorrono a garantire un fondamentale diritto di cittadinanza come quello di apprendere per tutta
la vita. Le considerazioni che seguono hanno lo scopo di fornire alcune indicazioni per affrontare
questo compito.

Una Carta per la scuola dell'autonomia

L'autonomia scolastica non è solo un insieme di norme, ma è l'espressione di un sistema di valori e
di una cultura che considera la democrazia una condizione da difendere e sviluppare con ferma
intransigenza nella difesa dei diritti, nell'affermazione del principio di responsabilità, del primato
della legalità, della ripartizione dei poteri e dei loro limiti in uno Stato di diritto.
" Dal punto di vista normativo, l'autonomia scolastica è definita, in termini di finalità,
prerogative e vincoli, dalla legge 59/97 ed ha assunto rango costituzionale con la modifica
del Titolo V della Costituzione.
" Le prerogative delle scuole autonome, definite dal legislatore e ribadite dalla Corte
Costituzionale1, devono però essere praticate, consolidate e sviluppate.
" I rischi di negazione o riduzione dell'autonomia da parte degli apparati amministrativi o di
altri livelli istituzionali, da un lato, e di possibili involuzioni autoreferenziali, dall'altro, sono
particolarmente forti, specie in una fase, come quella attuale, caratterizzata da processi di
neocentralismo e da ipotesi di ulteriori modifiche costituzionali che, nella ricerca di un
nuovo rapporto tra Stato e Regioni, rischiano di compromettere, sia il carattere unitario del
sistema di istruzione, sia l'autonomia scolastica, attribuendo alle Regioni compiti di
definizione dei programmi e di organizzazione e gestione delle scuole.
" In questo contesto, la stesura di una Carta dell'autonomia non si pone l'obiettivo di definire
nuove norme ma quello di favorire la piena consapevolezza delle finalità e delle opportunità
offerte da quelle esistenti e di utilizzarne tutte le potenzialità sviluppando una cultura della
responsabilità e dell'esercizio democratico ed efficace delle prerogative che le norme
attuative della legge 59/97 hanno attribuito a Stato, Regioni, Province, Comunità montane e
Comuni e Autonomie scolastiche

" La Carta per la scuola dell'autonomia non vuole essere quindi un nuovo atto normativo,
ma una ricognizione delle prerogative già riconosciute alle istituzioni scolastiche dalla
Costituzione2 e dalla legge3 e una riflessione delle modalità concrete, efficaci e
democratiche, di esercizio di tali prerogative.
" L'esercizio consapevole delle competenze in materia di istruzione da parte dello Stato, delle
Regioni, delle Autonomie locali e delle Autonomie scolastiche deve avvenire nel pieno
rispetto dei ruoli e delle prerogative di ciascun livello istituzionale e con la disponibilità al
confronto con tutti i soggetti direttamente coinvolti o interessati ai processi formativi: per
questo la Carta per la scuola dell'autonomia affronta anche le problematiche relative al
governo democratico della scuola a livello regionale e locale.

" La Carta per la scuola dell'autonomia e per il governo democratico del sistema scolastico
rappresenta, quindi, una proposta a cui i soggetti interessati possono liberamente fare
riferimento o, in modo più significativo, adottare, sottoscrivendola.
" L'adozione della Carta per la scuola dell'autonomia da parte di scuole, comuni, province,
implica che i rapporti tra le istituzioni che la sottoscrivono saranno improntati al suo
puntuale rispetto.

L'autonomia scolastica e le competenze della articolazioni della Repubblica

L'articolo 114 della Costituzione, nella nuova formulazione, recita: " 1- La Repubblica è
costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato. 2- I
Comuni, le Province, le Città metropolitane e le Regioni sono enti autonomi con propri statuti,
poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione&". L'articolo 117 prevede: "La potestà
legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonchè dei vincoli
derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali."
L'individuazione delle competenze di ciascuna delle istituzioni costitutive della Repubblica e il
loro esercizio efficace richiede un lavoro interpretativo e normativo non indifferente:
" La definizione da parte dello Stato delle norme generali sull'istruzione; dei livelli essenziali
delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il
territorio nazionale; dei principi fondamentali a cui si deve ispirare la legislazione
concorrente.
" L'emanazione da parte delle Regioni della legislazione concorrente in materia di istruzione,
salva l'autonomia scolastica, e della legislazione esclusiva nella materia dell' istruzione e
della formazione professionale.
" L'esercizio della potestà regolamentare da parte della Regione nelle materie diverse da
quelle per cui è prevista la legislazione esclusiva;
" L'emanazione da parte dei Comuni e delle Province dei regolamenti in ordine alla disciplina
dell'organizzazione e dello svolgimento delle funzioni loro attribuite.
E' evidente che questo complesso quadro di riferimento, articolato e differenziato in relazione
alle diverse realtà regionali, provinciali e comunali non potrà essere definito in breve termine, tanto
più in una fase in cui il Parlamento è impegnato ad approvare un'ulteriore modifica costituzionale
che rimette in discussione il quadro delle competenze definite alla legge costituzionale 3/2001.
La situazione di transizione è destinata a protrarsi nel tempo. Le quattro letture parlamentari
previste per la riforma della Costituzione e il referendum confermativo già annunciato richiedono
tempi tecnici non brevi e lasciano margini di incertezza sugli esiti. L'approvazione o la bocciatura
del nuovo quadro delineato riproporrà poi problemi di interpretazione e gestione delle norme
costituzionali (quelle vigenti o quelle rinnovate).
Il sistema scolastico, per la sua missione e per le sue dimensioni, ha bisogno di certezze e la
situazione di instabilità attuale non può ulteriormente protrarsi senza gravi rischi di degrado di una
fondamentale funzione istituzionale finalizzata a garantire un fondamentale diritto di cittadinanza
In questo quadro complesso e, per alcuni aspetti controverso e confuso, è possibile, comunque,
in attesa di interventi normativi, nazionali e regionali, individuare criteri cui inspirare un sistema di
relazioni condiviso tra autonomie scolastiche e articolazioni istituzionali della Repubblica.
In coerenza con la già citata senteza n. 13 del 2004 della Corte Costituzionale4, è possibile
procedere ad una ricognizione delle competenze in materia di istruzione e formazione professionale
sulla base di quanto indicato dalla legge 59/97, dal decreto legislativo 112 e dal DPR 275.
La Carta per la scuola dell'autonomia e per il governo democratico del sistema scolastico
individua i criteri a cui le Regioni, le Province, i Comuni e le Scuole che l'adottano, intendono
ispirarsi per esercitare le loro competenze e per stabile le necessarie relazioni e interazioni con gli
altri soggetti aventi competenze in materia di istruzione e con i genitori, gli studenti, le
rappresentanze sociali, culturali e produttive del territorio.
In particolare i sottoscrittori della carta si impegnano a:
1. realizzare un sistema di governo territoriale a livello regionale e subregionale che consenta
l'esercizio condiviso e concertato delle funzioni di programmazione, organizzazione, monitoraggio
e verifica per le materie dell'istruzione, della formazione professionale e del lavoro, nel rispetto
delle competenze proprie alle istituzioni firmatarie;
2. definire una programmazione unitaria dell'offerta formativa a livello regionale e locale, fondata
sull'integrazione tra istruzione, formazione professionale e lavoro, realizzata con il concorso delle
parti sociali;
3. perseguire una strategia di interventi diffusi, mirati a qualificare il sistema formativo nel suo
complesso, anche attraverso la predisposizione degli atti normativi e regolamentari necessari allo
scopo, ferma restando la modalità di realizzare progetti pilota finalizzati ad introdurre innovazione
nel sistema;
4. costruire un sistema di supporto alle istituzioni scolastiche autonome, rispettoso di questa
autonomia.

Le conferenze di scuola
Nella definizione dell'offerta formativa le scuole devono tener conto di una sistema complesso
di riferimenti e relazioni: obiettivi nazionali; funzioni e compiti delle Regioni e degli Enti locali;
esigenze ed attese dei contesti sociali, culturali ed economici; esigenze ed attese degli studenti e
delle loro famiglie; bisogni formativi concretamente rilevati. Le scuole autonome, inoltre, hanno
l'obbligo di adottare procedure e strumenti di verifica e valutazione della produttività scolastica e
del raggiungimento degli obiettivi (l. 59/97, art. 21 c. 9).
Il mancato esercizio delle prerogative e l'assenza di legami forti con i contesti territoriali,
possono determinare un depauperamento dell'autonomia e della cultura che la deve sostenere, con
il rischio del riproporsi di logiche e pratiche centralistiche e di tentazioni autoreferenziali. E'
necessario, pertanto, sviluppare e consolidare una pratica dell'autonomia, in grado di individuare
rapidamente risposte adeguate al nuovo contesto, ai problemi già presenti e ai rischi.
Le relazioni tra istituzioni scolastiche autonome e realtà locali rappresentano una condizione
indispensabile per le scelte di politica scolastica demandate al livello locale e una risorsa strategica
per la scuola dell'autonomia. Alle proposte tendenti a risolvere in modo burocratico il rapporto tra
Scuole e Enti locali, in un quadro complessivo di mortificazione della democrazia, caratterizzato
dall'abbandono degli organi collegiali territoriali e di dequalificazione di quelli di scuola, occorre
rispondere prevedendo strumenti di partecipazione semplici e non burocratici.
Le Conferenze annuali di scuola, che gli Enti locali potrebbero sollecitare e favorire,
caratterizzate dalla presenza dei rappresentanti di tutti i soggetti aventi titolo a esprimere esigenze e
domande, possono rappresentare occasioni importanti per:
" l'acquisizione degli elementi utili a definire l'offerta formativa e per renderla pubblica;
" presentare il Piano dell'offerta formativa, motivando le scelte effettuate e il conseguente
accoglimento o non accoglimento delle richieste;
" rendere conto delle attività svolte e dei risultati ottenuti.

Le conferenze territoriali
Le Conferenze di scuola potrebbero, inoltre, rappresentare il presupposto per la costruzione
delle istanze di partecipazione indispensabili per un esercizio democratico ed efficace delle
competenze dei Comuni e delle Province, in particolare per quanto concerne:
" la redazione dei piani di organizzazione della rete delle istituzioni scolastiche e le
conseguenti operazioni di istituzione, aggregazione, fusione e soppressione di scuole in
attuazione degli strumenti di programmazione;
" gli interventi integrati di orientamento scolastico e professionale, di prevenzione della
dispersione scolastica e di educazione alla salute;
" le azioni tese a realizzare le pari opportunità di istruzione e formazione, a promuovere e
sostenere, la coerenza e la continuità in verticale e orizzontale tra i diversi gradi e ordini di
scuola.
Il passaggio di competenze, dall'Amministrazione scolastica alle Regioni, alle Autonomie locali
e alle Autonomie scolastiche, implica necessariamente il superamento delle vecchie forme di
partecipazione, orientate verso le articolazioni del Ministero dell'Istruzione e spesso asfittiche per
il prevalere di logiche burocratiche -, prevedendone di nuove, più efficaci, in grado di rispondere ai
fenomeni di disaffezione e di ricostruire un rapporto efficace tra amministratori e amministrati.
Saranno le Autonomie locali a individuare le soluzioni più adatte alle diverse realtà: Conferenze
territoriali provinciali, sub provinciali o comunali, piuttosto che Organi collegiali in senso proprio.
Le diverse esperienze e il confronto sui loro risultati suggeriranno poi quali iniziative diffondere e
consolidare e quali abbandonare.

Autonomia, libertà di insegnamento e responsabilità professionale
La libertà di insegnamento prevista dall'art. 33 della Costituzione, intesa come libera
espressione culturale e come autonomia didattica, va garantita a tutti i docenti delle istituzioni
scolastiche e formative del sistema educativo di istruzione e formazione, a tutela della libertà di
apprendimento di ciascun allievo.
L'esercizio di tale libertà è diretto a promuovere, attraverso un confronto aperto di posizioni
culturali, la piena formazione della personalità degli alunni; l'azione di promozione è attuata nel
rispetto della coscienza morale e civile degli alunni, delle norme costituzionali, delle norme generali
sull'istruzione, dei principi fondamentali e dei livelli essenziali delle prestazioni relativi
all'istruzione e alla formazione professionale.
Va garantita l'autonomia professionale nello svolgimento delle attività didattica, scientifica e di
ricerca, delle attività collegiali connesse con la funzione docente e nell'esercizio delle attività di
coordinamento didattico connesse con la funzione del dirigente scolastico.
Le articolazioni della Repubblica, definite dall'art. 114 della Costituzione, esercitano le loro
competenze nelle materie dell'istruzione e dell'istruzione e della formazione professionale, nel
rispetto della libertà di insegnamento, della autonomia professionale e dell'autonomia scolastica
richiamata dall'art. 117 della Costituzione.
L'autonomia delle istituzioni scolastiche è garanzia di libertà di insegnamento e di pluralismo
culturale e territoriale.

Il sistema di valutazione
Lo sviluppo di un sistema scolastico imperniato sull'autonomia delle scuole determina la necessità
di ripensare gli strumenti di governo del sistema, a livello centrale, regionale e di singola scuola. Se
in un sistema centralizzato il controllo del rispetto delle procedure poteva essere ritenuto strumento
sufficiente a garantire una certa omogeneità dell'offerta scolastica, in un sistema con una forte
responsabilità locale è necessario istituire un serio sistema di valutazione dei processi e dei risultati,
con il duplice obiettivo di:aiutare la scuola a migliorare la qualità dei suoi processi e dei suoi
prodotti e promuovere la rendicontazione all'esterno dei risultati ottenuti.
Il Servizio di valutazione deve aiutare il Centro ad innalzare il livello qualitativo complessivo del
sistema e le singole scuole a verificare i risultati raggiunti, così da procedere ad azioni di
riaggiustamento del proprio progetto formativo.
Sono dunque due le modalità della valutazione:
" l'autovalutazione, per una costante revisione dei risultati raggiunti nella propria attività
" la valutazione esterna, per governare in modo efficace un sistema scolastico basato sulle
autonomie, evitare la crescita di più ampie divaricazioni all'interno del sistema, sostenere i
punti deboli e valorizzare le eccellenze.
La valutazione dovrà verificare le conoscenze e le competenze raggiunte dagli alunni (rilevate
attraverso metodologie scientifiche in grado di produrre risultati attendibili), e l'efficacia del
sistema scolastico nel perseguire i grandi obiettivi strategici: l'equità, la lotta alla dispersione, il
raccordo con il mondo del lavoro e con l'Università, ecc.
Le responsabilità del sistema di valutazione si diversificano in relazione agli obiettivi conoscitivi
che si prefigge. Andrà dunque previsto un livello nazionale, rivolto alla verifica complessiva dei
livelli di apprendimento, al confronto internazionale, alla verifica del funzionamento complessivo
del sistema scolastico anche nelle sue articolazioni territoriali, un livello regionale, per verificare il
funzionamento delle istituzioni scolastiche e gli esiti nel mondo del lavoro, un livello di singola
scuola, per l'autovalutazione, che dovrà sempre dialogare con la valutazione esterna, anche sulla
base degli indicatori raccolti.
Il sistema di valutazione dei processi e risultati, sia pure con gli adattamenti del caso, andrà esteso e
generalizzato anche sul versante della formazione professionale.
Infine andrà restituita credibilità all'esame di maturità attraverso la reintroduzione delle
commissioni d'esame esterne. La garanzia offerta dalle commissioni d'esame esterne, insieme
all'utilizzo di nuovi strumenti di verifica, restituirà significato ad un esame che rappresenta un
presidio molto importante della qualità del percorso formativo, a tutela dell'effettivo lavoro svolto
dagli insegnanti e dagli studenti.
1 La sentenza n. 13 del 2004 della Corte Costituzionale afferma , tra l'altro che, pur non potendo risolversi l'autonomia nella incondizionata
libertà di autodeterminazione, essa esige "che a tali istituzioni (le scuole n.d.r.) siano lasciati adeguati spazi di autonomia che le leggi statali
e quelle regionali, nell'esercizio della potestà legislativa concorrente, non possono pregiudicare"
2 L'autonomia scolastica e la prima parte della Costituzione.
L'autonomia scolastica, per alcuni profili già riconosciuta dai decreti delegati del 1974, riproposta con forza all'inizio degli anni 90, prevista
dalla legge 24 dicembre 1993, n. 537 mai applicata, definita dalla legge 59/97 e dai regolamenti conseguenti, trova in effetti i suoi
presupposti e i suoi punti di forza nella prima parte della Costituzione.
"L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento" costituisce un'affermazione solenne (art. 33 Cost.) e un'acquisizione
culturale importante: la qualità di un'opera d'arte, i criteri per valutare e validare una scoperta scientifica o un metodo di insegnamento non
afferiscono alla sfera della rappresentanza politica e non possono essere definiti a colpi di maggioranza.
La libertà e la responsabilità professionale dei singoli docenti e della scuola tutta costituiscono i presupposti per un'autonomia
postulata anche dall'art. 2 Cost.: "La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni
sociali ove si svolge la sua personalità" e dall'art. 5 Cost.: "La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; &..
adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento".
Più in generale, la Costituzione definisce, direttamente o indirettamente, la missione generale della scuola.
L'articolo 3 rimanda agli obiettivi generali del sistema di istruzione: "È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine
economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e
l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese". Ed è fuori discussione che tra gli
ostacoli da rimuovere per garantire il pieno sviluppo della persona&, rientrano sicuramente quelli connessi alla mancanza di adeguati livelli
culturali. E' compito primario della scuola assicurare a tutti il raggiungimento di tali livelli.
La garanzia del diritto al lavoro, prevista dall'articolo 4, rimanda ancora alle competenze generali e specifiche necessarie per esercitare
tale diritto e, conseguentemente, al dovere delle Repubblica di assicurare percorsi di istruzione idonei ad assicurare a tutti gli strumenti
culturali necessari a compiere scelte consapevoli sia nell'immediato, sia nella prospettiva di una vita lavorativa sempre più connotata da
costanti e rapide innovazioni di processo e di prodotto.
3 L'autonomia scolastica e la legge
L'autonomia, richiamata e riconosciuta nella nuova formulazione dell'art. 117 della Costituzione riformata dalla legge 3/2001, non può
che riferirsi alla legislazione vigente al momento della modifica costituzionale e le prerogative riconosciute dalla legge possono essere
modificate solo con una nuova legge dello Stato.
La legge 59/97, all'articolo 21, definisce i connotati essenziali dell'autonomia, le sue finalità, gli ambiti decisionali e i vincoli.
Le Istituzioni scolastiche autonome hanno personalità giuridica, autonomia finanziaria, autonomia organizzativa, autonomia didattica,
autonomia di ricerca e sviluppo.
L'autonomia didattica è finalizzata al perseguimento degli obiettivi generali del sistema nazionale di istruzione, nel rispetto della
libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa da parte delle famiglie e del diritto ad apprendere (l. 59/97, art. 21 c. 9) .
Gli ambiti decisionali afferenti all'autonomia didattica riguardano la scelta libera e programmata di metodologie, strumenti,
organizzazione e tempi di insegnamento, da adottare nel rispetto della possibile pluralità di opzioni metodologiche, e in ogni iniziativa che
sia espressione di libertà progettuale, compresa l'eventuale offerta di insegnamenti opzionali, facoltativi o aggiuntivi e nel rispetto delle
esigenze formative degli studenti.
L'autonomia didattica implica che le risorse di personale vengano assegnate e gestite come organici funzionali di istituto, e
l'autonomia organizzativa consente il superamento dei vincoli sulle modalità di organizzazione e impiego dei docenti.
I vincoli che la legge pone all'autonomia didattica sono semplici e chiaramente definiti:
" il rispetto del monte annuale orario complessivo previsto per ciascun curriculum e quello previsto per ciascuna delle discipline ed
attività indicate come fondamentali di ciascun tipo o indirizzo di studi;
" l' obbligo di adottare procedure e strumenti di verifica e valutazione della produttività scolastica e del raggiungimento degli
obiettivi.
L'autonomia organizzativa è finalizzata alla realizzazione della flessibilità, della diversificazione, dell'efficienza e dell'efficacia del
servizio scolastico, alla integrazione e al miglior utilizzo delle risorse e delle strutture, all'introduzione di tecnologie innovative e al
coordinamento con il contesto territoriale (l. 59/97, art. 21 c. 8).
L'autonomia organizzativa consente il superamento dei vincoli in materia di unità oraria della lezione, dell'unitarietà del gruppo
classe e delle modalità di organizzazione e impiego dei docenti, secondo finalità di ottimizzazione delle risorse umane, finanziarie,
tecnologiche, materiali e temporali
I vincoli che la legge pone all'autonomia organizzativa concernono il rispetto:
" del monte ore annuale di attività didattica, previsto a livello nazionale, distribuito in non meno di cinque giorni settimanali;
" degli obblighi complessivi annuali di servizio dei docenti previsti dai contratti collettivi che possono essere assolti invece che in
cinque giorni settimanali anche sulla base di un'apposita programmazione plurisettimanale.
Alle istituzioni scolastiche autonome è riconosciuta, inoltre, l'autonomia di ricerca, sperimentazione e sviluppo che la esercitano nei
limiti del proficuo esercizio dell'autonomia didattica e organizzativa (l. 59/97, art. 21 c. 10).
Le istituzioni scolastiche possono realizzare, sia singolarmente che in forme consorziate, ampliamenti dell'offerta formativa che
prevedano anche percorsi formativi per gli adulti, iniziative di prevenzione dell'abbandono e della dispersione scolastica, iniziative di
utilizzazione delle strutture e delle tecnologie anche in orari extrascolastici e a fini di raccordo con il mondo del lavoro, iniziative di
partecipazione a programmi nazionali, regionali o comunitari. Possono, inoltre realizzare, nell'ambito di accordi tra le regioni e
l'amministrazione scolastica, percorsi integrati tra diversi sistemi formativi (l. 59/97, art. 21 c. 10).
Alle istituzione scolastiche autonome per il funzionamento amministrativo e didattico è attribuita una dotazione finanziaria senza altro
vincolo di destinazione che quello dell'utilizzazione prioritaria per lo svolgimento delle attività di istruzione, di formazione e di
orientamento proprie di ciascuna tipologia e di ciascun indirizzo di scuola. Tale dotazione si suddivide in assegnazione ordinaria e
assegnazione perequativa (l. 59/97, art. 21 c. 5).
4 Per l'individuazione degli ambiti di competenza della legislazione regionale "non è necessario definire interamente le rispettive sfere di
applicazione e il tipo di rapporto tra le "norme generali sull'istruzione" e i "principî fondamentali", le prime di competenza esclusiva dello
Stato ed i secondi destinati a orientare le Regioni chiamate a svolgerli. Nel complesso intrecciarsi in una stessa materia di norme generali,
principî fondamentali, leggi regionali e determinazioni autonome delle istituzioni scolastiche, si può assumere per certo che il prescritto
ambito di legislazione regionale sta proprio nella programmazione delle rete scolastica. E' infatti implausibile che il legislatore
costituzionale abbia voluto spogliare le Regioni di una funzione che era già ad esse conferita nella forma della competenza delegata dall'art.
138 del decreto legislativo n. 112 del 1998"

SCHEDA n. 3

ORGANI COLLEGIALI INTERNI
ALLE AUTONOMIE SCOLASTICHE

Le autonomie scolastiche, come ogni soggetto autonomo, devono avere propri organi di
governo, di indirizzo, attuazione e verifica.
Il sistema definito nel 1974 relativo agli organi collegiali interni1 ed esterni presenta ancora
elementi di validità nella rappresentanza e nelle relazioni fra i soggetti, ma deve essere innovato alla
luce della autonomia scolastica, della sua capacità decisionale e delle conseguenti responsabilità,
nella consapevolezza che si tratta di materia delicata e problematica, sia nel merito delle questioni
da affrontare, sia per l'individuazione degli strumenti normativi e i livelli istituzionali che hanno
titolo ad intervenire.
L'autonomia scolastica - in particolare per i profili relativi all'autonomia didattica, di ricerca
sperimentazione e sviluppo, di ampliamento dell'offerta formativa e per l' obbligo di adottare
procedure e strumenti di verifica e valutazione della produttività scolastica e del raggiungimento
degli obiettivi - richiede sicuramente una riorganizzazione delle modalità di esercizio delle
competenze attribuite agli organi interni alle singole istituzioni scolastiche.
Si propongono come elemento di discussione alcuni elementi di innovazione degli organi
collegiali interni alla scuola, nella consapevolezza che i 30 anni di esperienza degli organi collegiali
hanno evidenziato limiti e incongruenze, ma anche consolidato equilibri tra le diverse componenti
scolastiche; vogliamo pertanto valutare e raggiungere la convinzione che ogni cambiamento
produca effetti realmente positivi.
" Il Consiglio di scuola si configura come l'organo di indirizzo che dovrebbe portare a sintesi:
- gli obiettivi nazionali del sistema di istruzione,
- le esigenze e le attese degli Enti Locali e delle realtà sociali economiche e culturali del
territorio,
- le esigenze e le attese delle famiglie e degli studenti
- i bisogni formativi concretamente rilevati.
La composizione del Consiglio dovrebbe essere rispettosa delle funzioni e delle istanze da
rappresentare, cioè della comunità che insegna e che impara.
Il DS ha sicuramente il compito di assicurare il rispetto degli obiettivi nazionali.
Essenziale nell'elaborazione degli indirizzi è la rappresentazione delle esigenze e delle risorse
degli Enti Locali e delle diverse realtà istituzionali, culturali, sociali ed economiche operanti sul
territorio.
Attualmente tale funzione è attribuita al Dirigente Scolastico. Si propone che venga svolta
invece dal Consiglio di Scuola, essendo funzione essenziale per le autonomie scolastiche e per
l'arricchimento e l'adeguatezza dei POF.
Si ritiene preferibile che rappresentanti dell'organo di indirizzo si confrontino nelle sedi delle
Conferenze di Scuola e delle Conferenze Territoriali previste nel documento "Autonomia
scolastica e governo democratico del sistema dell'istruzione" in modo da valorizzare in pieno
l'autonomia funzionale delle scuole e l'autonomia territoriale degli Enti Locali che si
confrontano su "tavoli permanenti di carattere territoriale". Alternativa possibile è l'inserimento
di rappresentanti di Comuni, Province, Organizzazioni Sociali all'interno del Consigli odi
Scuola, includendoli quali soggetti di governo dell'autonomia. Tale decisione può essere scelta
dalle singole autonomie scolastiche, non delineata in via normativa generale, in quanto, in
questa ipotesi, si potrebbe configurare "una messa sotto tutela" delle autonomie scolastiche
stesse.
La presenza delle componenti docenti, genitori, studenti sembra, complessivamente, coerente
con le funzioni dell'organo, la cui presidenza, proprio al fine di ridurre al minimo le
sovrapposizioni tra indirizzo e gestione, dovrebbe rimanere ad un genitore.
" Il Collegio dei docenti rappresenta l'organo tecnico che, in prima istanza, ha il compito di
elaborare il POF e, successivamente, partecipa della responsabilità della sua attuazione per i
profili di carattere pedagogico-ditattico. E' necessario, pertanto, che esso sia organizzato in
maniera coerente con questi compiti e che esprima, al suo interno, una struttura di
coordinamento - il "Comitato tecnico-scientifico" - in grado di preparare le condizioni per la
delibera del POF. Il funzionamento ordinario, propedeutico alle delibere collegiali, richiede una
articolazione per commissioni e/o dipartimenti, sia per la elaborazione del POF, sia in relazione
alle competenze di ricerca e sviluppo, in modo che la collegialità sia un momento di assunzione
di responsabilità e non un atto formale.
L'articolazione in dipartimenti e commissioni rappresenta anche la condizione per una
attuazione efficace del POF e per un monitoraggio delle attività che consenta di rispettare
l'obbligo, previsto dal regolamento dell'autonomia, di adottare procedure e strumenti di verifica
e valutazione della produttività scolastica e del raggiungimento degli obiettivi. Per il
funzionamento interno del Collegio si può prendere spunto dall'organizzazione del Consiglio
nazionale della pubblica istruzione (CNPI)2
" -Per rendere l'organizzazione coerente, anche formalmente, con lo schema presentato all'inizio,
sarebbe auspicabile una struttura esecutiva, per l'attuazione del POF, nei suoi profili
didattici, organizzativi e amministrativi. Tale organo, presieduto dal DS, deve vedere la
presenza dei docenti (tutti o una parte) del Comitato tecnico-scientifico e dei docenti con
specifici incarichi organizzativi, a cui il DS ha delegato competenze gestionali- organizzative e
del DSGA per gli aspetti amministrativi.
" E' necessario, infine, prevedere una struttura per la valutazione interna. Tale struttura deve
avere prioritariamente il compito di migliorare la qualità dei processi formativi attraverso
l'analisi dei punti di forza e delle situazioni di difficoltà della propria realtà scolastica. Tale
compito può essere sostenuto e facilitato attraverso la proposta di adozione di alcuni indicatori
già sperimentati e condivisi dalle scuole di alcune realtà territoriali.
Interventi normativi
Una riforma degli organi collegiali di scuola, se si tiene conto dell'articolazione delle
competenze in materia di istruzione e del doveroso rispetto dei diversi ruoli istituzionali, implica
interventi a più livelli. La materia potrebbe essere affrontata attraverso una legislazione quadro
nazionale, riconducibile ai livelli essenziali e successivi interventi normativi a livello regionale e di
scuola.
Un'ipotesi possibile potrebbe essere la seguente.
o La norma nazionale dovrebbe individuare:
- gli organi obbligatori;
- la loro funzione;
- le loro eventuali articolazioni interne;
- le componenti che ne devono far parte e i rapporti quantitativi tra le diverse componenti
(componenti e rapporti non molto diversi da quelli attuali):
- il numero minimo e massimo complessivo dei componenti, anche in relazioni alle
caratteristiche di complessità e al numero di alunni della singola scuola.
Potrebbe prevedere anche le Conferenze annuali di scuola per acquisire le esigenze dei
contesti locali.
o Le singole istituzioni scolastiche dovrebbero stabilire, per ciascun organo, sulla base delle
indicazioni nazionali, il numero effettivo dei componenti e, conseguentemente, il numero di
ciascuna componente e i regolamenti di funzionamento interno. In assenza di una decisione
in materia continuano a valere le norme attualmente in vigore.
o Le regioni dovrebbero definire i regolamenti elettorali, indire le elezioni per il rinnovo degli
organi di scuola; dovrebbero definire, inoltre, gli ambiti territoriali funzionali alla
programmazione dell'offerta formativa e alla convocazione delle conferenze territoriali,
prevedere le conferenze di scuola.
Potrebbero proporre indicatori per l'autovalutazione di scuola.
o Gli accordi territoriali, previsti dal documento "autonomia scolastica e governo
democratico del sistema di istruzione", potrebbero regolamentare sia le conferenze
territoriali sia le conferenze di scuola e prevedere l'eventuale presenza di esterni con compiti
e prerogative da definire dalle singole scuole.
1 L'attuale assetto organizzativo delle istituzioni scolastiche autonome, che deriva dall'integrazione degli interventi attuativi della legge 59/97
con la preesistente normativa, può essere così schematizzato:
" Un organo di indirizzo (che delibera gli indirizzi e adotta il POF) - Il Consiglio di Circolo o di Istituto (Consiglio di scuola);
" Un organo tecnico-scientifico (che elabora il POF) - Il Collegio dei docenti;
" Un dirigente (legale rappresentante) - Il Dirigente scolastico;
" Una struttura esecutiva complessa che attua il POF costituita da:
" il DS responsabile della gestione unitaria;
" il Collegio dei docenti competente per i profili pedagogico - didattici;
" i docenti individuati e delegati dal DS per i profili gestionali organizzativi;
" il DSGA competente per i profili amministrativi e i servizi generali.
La struttura appena richiamata è caratterizzata dalla presenza di organi corrispondenti alle funzioni essenziali di indirizzo, di
elaborazione, di direzione e di attuazione. Per completezza del quadro vanno ricordati anche i Consigli di classe come momenti di
articolazione del Collegio e di partecipazione dei genitori e degli studenti (nella scuola secondaria superiore), attraverso rappresentanti eletti.
2 Il CNPI è articolato e lavora per commissioni, esprime un ufficio di presidenza (che, di fatto, coordina il lavoro delle commissioni) ed
elegge un vicepresidente che presiede il Consiglio in assenza del Ministro.


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