Videolezioni e compiti hi-tech Telefono in classe, ora si può
da venerdì prossimo, verrà istituito un gruppo di lavoro ministeriale apposito che studierà l'attuale uso degli smartphone durante le lezioni, per renderlo funzionale alla didattica
ROMA Rientra in classe dalla porta principale, lo smartphone, e addirittura sale anche in cattedra. Aiuterà i ragazzi a studiare come in un laboratorio, a ripassare la lezione a casa con i video di Youtube e a interagire con i docenti tramite le chat. La scuola che cambia, al passo con i tempi, lo fa anche attraverso internet e i social network, non resta che regolamentarne l'utilizzo. E per questo, da venerdì prossimo, verrà istituito un gruppo di lavoro ministeriale apposito che studierà l'attuale uso degli smartphone durante le lezioni, per renderlo funzionale alla didattica.
Una vera rivoluzione, promossa dalla ministra all'istruzione Valeria Fedeli, dopo 10 anni di esilio forzato. Perché il telefono cellulare, ad oggi, resta assolutamente vietato tra i banchi di scuola: la normativa risale al lontano 2007 quando l'allora ministro all'istruzione, Giuseppe Fioroni, mise gli smartphone al bando prevedendo sanzioni fino a 15 giorni di espulsione e alla non ammissione all'esame di Stato per tutti gli studenti trasgressori. Sia per evitare distrazioni sia per limitare i casi di cyberbullismo tra i banchi di scuola. A distanza di dieci anni si torna sull'argomento e si ribalta la situazione: lo smartphone può essere utilizzato in classe. Saranno anche i docenti a farlo.
LA DIDATTICACome mai? Semplicemente perché, in realtà, tutto questo già succede nelle classi italiane. Esiste un mondo, ben distante da quello del cyberbullismo, che dei dispositivi informatici ha fatto uno strumento didattico. Ed è qui che il Miur vuole intervenire, partendo dalla riforma della Buona Scuola e dall'applicazione del Piano della scuola digitale, per puntare sulla didattica innovativa e consentire ai ragazzi di utilizzare lo smartphone con tutte le sue potenzialità.
Tra queste, ovviamente, non sono previsti chat o video che vadano a violare la privacy degli studenti e dei docenti. Che cosa analizzeranno quindi i membri del gruppo di lavoro che sta per partire al Miur? Gli esperti avranno 45 giorni di tempo per studiare le buone pratiche messe a punto fino ad ora, in tante scuole italiane, e farle diventare esempi per tutti. Mettendo nero su bianco regole e indicazioni utili.
GLI ESEMPINella scuola elementare di via Berto a Roma, ad esempio, gli studenti possono sia usare tablet e smartphone - per guardare il video di una lezione del loro insegnante, scaricato sui dispositivi -, sia produrre e postate online su Youtube le clip per poterle condividere con i compagni grazie al metodo della flipped classroom, la classe capovolta, dove la lezione registrata e messa online viene ascoltata anche a casa.
Al liceo Severi di Salerno, lo scorso anno, gli studenti di seconda, terza e quarta dell'indirizzo Scienze Applicate hanno usato lo smartphone per esaminare il moto di caduta libera degli oggetti. Una sorta di laboratorio di fisica nel palmo di una mano. Con questo progetto, nel novembre scorso, il Severi ha partecipato alla rassegna sulle esperienze didattiche delle scuole italiane presso la Città della Scienza di Napoli. A Varese, invece, nella scuola media Vidoletti e al liceo artistico di Frattini, è stato adottato il metodo didattico del Byod, Bring your own device, che permette agli studenti di usare i loro dispositivi per scaricare la lezione di inglese, un testo di storia e la foto di un quadro, prendere appunti e annotare i compiti come su un diario. Non solo, l'uso dello smartphone viene incontro anche alle esigenze degli studenti con disturbi dell'apprendimento, il 20% dei ragazzi che frequentano il Frattini.
LA CRITICAUna scuola innovativa tutta da programmare, quindi, non senza ascoltare i pareri discordanti. «Non credo sia giusto far entrare lo smartphone in classe - ha spiegato la parlamentare Elena Centemero, responsabile scuola di Forza Italia - per non creare differenze tra i ragazzi tra chi può permettersi l'ultimo modello e chi invece non può acquistarne neanche uno. Sarebbe opportuno invece dotare le scuole innanzitutto della linea internet, non tutte ne sono provviste, e poi di tablet in comodato d'uso. Uguali per tutti».
Lorena Loiacono