Verso il nuovo esame di Stato?
di Aluisi Tosolini
Dopo la bufala generata dalla diffusione virale di un vecchio articolo del Sole 24 ore, tornano le indiscrezioni e gli annunci sull'esame di stato e sulla sua riforma.
Oggi lo fa il Corriere della Sera con un pezzo molto informato e chiaro. Sostenendo, tra l'altro, che i cambiamenti verrebbero applicati già da giugno 2017.
Gli esperti de La Tecnica della Scuola cureranno di certo approfondimenti e cercheranno conferme e nuove informazioni. Non spetta ad un articolo del Blog sostituirsi a loro.
Dal mio punto vista, seppure a caldo, un commento sembra possibile. In particolare sulla necessità, cui a mio parere risponde la proposta che andrà a breve in Consiglio dei Ministri, di mettere in correlazione le prove dell'esame di stato con l'impostazione della scuola derivante dalla legge 107/2015.
Si sia più o mneo d'accordo con la legge, è del tutto evidente che un esame di stato concentrato soprattutto sulle nozioni non è n alcun modo rispettoso dei percorsi formativi vissuti dai ragazzi che concludono la scuola superiore.
Penso soprattutto a due sole dimensioni (tra le tante meritevoli di approfondimento):
1. l'alternanza scuola lavoro: se negli ultimi 3 trenni di corso uno studente è chiamato a fare 200 o 400 ore di alternanza (a seconda che si tratti di un liceo o di un tecnico) è del tutto evidente che tale aspetto non può non comportare una rilettura dello stesso esame di stato. Non per promuovere un funzionalismo bieco ed inutile ma per favorire una posizione riflessiva e critica sul percorso che è nel contempo conoscenza della realtà, esplorazione della varietà e complessità del mondo del lavoro e delle sue difficoltà (in primis l'assenza di lavoro!), presa d'atto delle competenze, soprattutto delle soft skills, che oggi, nel tempo della quarta rivoluzione industriale e dei industria 4.0, devono connotare la formazione complessiva di una persona.
2. correlazione tra indicazioni nazionali e esami di stato. "Preside è inutile che tu insista con la necessità di progettare il percorso a partire dalla competenze: io devo tener conto che all'esame di stato la prova sarà nazionale e chi viene come commissario esterno vuole per lo più il programma solito". E' così che mi sento quasi sempre rispondere quando suggerisco ai docenti del liceo che dirigo di provare ad allontanarsi dalla sola logica delle conoscenze, dei contenuti, soprattutto in alcune discipline quali ad esempio matematica. Li capisco, non hanno tutti i torti: da un lato le indicazioni nazionali sono restate per lo più lettera morta o sono interpretate in modo del tutto sbagliato, ovvero come elenco di contenuti da svogere e quindi come i vecchi programmi ministeriali di un tempo. Dall'altro, il fatto di avere prove nazionali spesso non concepite (eccetto gli ultimi due anni, devo dire) secondo la logica delle competenze e docenti esterni a valutare studenti che non conoscono mettono il consiglio di classe sulla difensiva. Per tacere poi della pressione del contesto (genitori, immagine della scuola, ecc..) che preme per avere volti alti "a prescindere".
La proposta di cui parla il Corriere della sera (che è figlia della legge 107/2015 che al comma 181 punto i) scrive: adeguamento della normativa in materia di valutazione e certificazione delle competenze degli studenti, nonché degli esami di Stato, anche in raccordo con la normativa vigente in materia di certificazione delle competenze, attraverso: (...) 2) la revisione delle modalità di svolgimento degli esami di Stato relativi ai percorsi di studio della scuola secondaria di secondo grado in coerenza con quanto previsto dai regolamenti di cui ai decreti del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, nn. 87, 88 e 89) va, a mio parere, nella direzione giusta.
E potrebbe decisamente aiutare la scuola superiore a fare i conti con la complessa realtà che è fuori dai suoi cancelli e che richiede alla scuola la capacità di sguardi nuovi.