Variante inglese e scuola: elementari e asili chiusi nelle zone rosse. Gli scenari
Gli esperti del Cts: più a rischio i bambini da 0 a 9 anni. E uno studio inglese conferma: l’Italia dimostra che ora i più piccoli sono più esposti. La stretta allo studio del governo
Gianna Fregonara e Orsola Riva
Il ministro Patrizio Bianchi dice che vorrebbe riaprire tutte le scuole al 100 per cento. L’ex ministra Lucia Azzolina si commuove quando pensa al momento in cui dovette chiuderle lo scorso marzo. Ma su studenti e prof (che in questi giorni cominciano ad essere vaccinati) incombe di nuovo una sorte incerta. E il rischio di nuove dolorose decisioni è tutt’altro che scampato. La sfida ha un nome preciso: variante inglese, che come ormai si sa, colpisce anche i bambini più piccoli contrariamente a quanto è successo finora con il virus proveniente da Wuhan. Anzi: questa volta i più a rischio sarebbero proprio i bambini della fascia 0-9, secondo quanto è emerso nelle riunioni del Cts che sull’argomento scuola però nelle ultime settimane non è più stato chiamato ad esprimersi. Se finora i più penalizzati sono stati gli studenti delle superiori, come ha riconosciuto anche Mario Draghi nel suo discorso al Senato, adesso il vero nodo sembrano essere diventate le elementari, che nei mesi scorsi - tranne che in Campania e in Puglia - erano rimaste sempre aperte, pur con quarantene e qualche disguido.
Allarme asili e scuole elementari
La settimana scorsa, l’esplosione di contagi legati alla variante inglese in provincia di Perugia e di Terni ha indotto la Regione a chiudere tutte le scuole nei 65 i comuni umbri coinvolti: non solo medie e superiori, ma anche nidi, materne e elementari. Di fronte alle proteste dei genitori, il Tar in un primo momento si è pronunciato a favore della riapertura del ciclo 0-6 anni, ma subito dopo il Consiglio di Stato ha confermato l’ordinanza regionale: vista l’«assoluta necessaria precauzione rispetto al contagio e alla necessità di non interrompere il piano vaccinale», tutte le scuole restano chiuse fino al 21 febbraio. Stesso provvedimento è stato preso a Pescara e Ancona dopo l’impennata di casi collegati alla variante inglese. Idem per i quattro Comuni lombardi dove dal 17 febbraio è stata decretata una settimana di zona rossa, simile a quella istituita la primavera scorsa a Codogno, con divieto di ingresso e uscita dai confini comunali, saracinesche dei negozi abbassate e, appunto, scuole chiuse dai nidi alle superiori. Del resto è proprio nelle classi che sono stati individuati i primi focolai di variante inglese. A Bollate, per esempio, comune a Nordovest di Milano che dista in linea d’aria 12 chilometri dal Duomo, tutto sembra essere partito da una scuola d’infanzia e da due primarie che erano già state chiuse la settimana scorsa dopo che 59 fra alunni, insegnanti e familiari erano risultati positivi al Covid. In Campania, l’esplosione di nuovi casi legati alla variante inglese ha già acceso un nuovo scontro fra il governatore Vincenzo De Luca - subito pronto a richiudere le scuole - e il sindaco di Napoli Luigi De Magistris, favorevole al massimo a interventi circoscritti e mirati. Mentre in Puglia l’assessore alla Salute Pierluigi Lopalco ha annunciato nelle ultime ore l’intenzione di mettere nuove restrizioni per la scuola «perché il virus colpisce i più giovani», ma ha precisato che resta in attesa di nuove indicazioni dal governo «perché la situazione pugliese è analoga a quella di tutte le regioni italiane dove le nuove varianti si stanno diffondendo».