vari kataweb: Università nuovo patto
È difficile sottovalutare l’importanza del «Patto per l’università e la ricerca» di cui hanno parlato nella recente conferenza stampa i ministri Fabio Mussi e Tommaso Padoa-Schioppa, alla presenza del premier Romano Prodi
VINCENZO MILANESI
È difficile sottovalutare l’importanza del «Patto per l’università e la ricerca» di cui hanno parlato nella recente conferenza stampa i ministri Fabio Mussi e Tommaso Padoa-Schioppa, alla presenza del premier Romano Prodi. Innanzitutto perché segna un radicale cambiamento di atteggiamento da parte del governo in carica nei confronti del mondo universitario, sinora assai poco considerato e, quando oggetto di attenzione, ritenuto meritevole pressoché esclusivamente di essere rimproverato di inefficienza e di inadeguatezza di fronte ai compiti importanti ad esso assegnati. Cambiato è anche il clima nei rapporti tra i due ministri, clima assai teso, e spesso caratterizzato da fasi decisamente burrascose, nei mesi passati, che si è invece ora assai rasserenato. Ma che cos’è, concretamente, questo «Patto per l’università e la ricerca»? E’, in buona sostanza, una proposta fatta al mondo accademico, oltre che naturalmente alle forze politiche e allo stesso Parlamento, di cominciare a dare attuazione all’impegno nei confronti degli Atenei, sancito con chiarezza per la prima volta da questo governo con il Dpef di quest’anno, approvato poco più di un mese fa, che già abbiamo commentato su questo giornale nelle scorse settimane. Un impegno a intervenire con una politica di maggiore sostegno alle Università, attraverso una maggiore assunzione di responsabilità da parte governativa in termini di finanziamenti aggiuntivi a quelli attuali, a cui deve però fare seguito un cambiamento di rotta in termini gestionali negli Atenei, nel senso di una maggiore e per certi aspetti diversa assunzione di responsabilità da parte loro. Gli strumenti operativi per realizzare questo «patto» sono indicati in un importante documento elaborato dalla Commissione tecnica per la spesa pubblica, presieduta dal professor Gilberto Muraro. Il nodo è quello, principalmente, delle spese per il personale degli Atenei, sia docenti che tecnici e amministrativi. Le indicizzazioni di tali costi non sono più aggiunte alle quote di finanziamento statale agli Atenei da ormai sette anni, e questo meccanismo è una sorta di «garrota» che sta strangolando i bilanci di ciascuno di essi, portando in parecchi casi i conti «in rosso». Da parte loro, gli Atenei fanno fatica a tenere sotto controllo la spesa complessiva di personale che cresce sotto le pressioni interne delle richieste di posti sia per docenti che per personale tecnico-amministrativo, che in molte università supera ogni ragionevole tetto «fisiologico» in percentuale sull’intero bilancio, andando oltre il 90% dei fondi erogati a ciascuna di esse dal ministero. Ecco allora il patto proposto: il governo si impegna a reintegrare nel bilancio di ciascun Ateneo le somme mancanti a causa delle indicizzazioni degli stipendi, a condizione che ciascun Ateneo si impegni a scendere al di sotto di «quota 90» come spesa complessiva per il personale. E tanto più un Ateneo sarà premiato in termini finanziari dal ministero, quanto più saprà ridurre i costi per il personale, ma riuscendo tuttavia a mantenere o addirittura ad accrescere il livello qualitativo della didattica e della ricerca che svolge.
Perdipiù, il ministero destinerà il 5% del Fondo di finanziamento ordinario, cioè dell’intero ammontare dei finanziamenti statali alle Università, agli Atenei che sono stati sinora penalizzati perché sottofinanziati rispetto ad altri, e a quelli che otterranno i migliori risultati quanto a qualità, appunto, della didattica e della ricerca. Questi risultati sono «misurabili» in parte già da ora, secondo un modello elaborato dal Comitato nazionale per la valutazione del sistema universitario, che potrà essere ulteriormente affinato nel prossimo futuro grazie ai dati forniti dal Civr (che è un altro organismo che ha valutato la qualità della ricerca negli ultimi tre anni in ciascuna Università). E senza dimenticare che è in fase di costituzione la nuova Anvur, l’agenzia che riunirà in un’unica struttura per la valutazione quelle ora esistenti. La proposta, come si vede, va decisamente nella direzione giusta. E sarà difficile che la Conferenza dei rettori non ne condivida l’impostazione, se vorrà essere coerente con le posizioni che ha sempre dichiarato di voler sostenere negli ultimi anni. Maggiore serietà e maggiore responsabilità nelle scelte di allocazione delle risorse negli Atenei, a fronte di una maggiore attenzione alle loro esigenze di finanziamento. Equità e rigore nella spesa, per «spendere meglio» sia in termini di efficienza ma anche, e va sottolineato, in termini di giustizia distributiva dei fondi pubblici tra gli Atenei italiani. L’Università di Padova si è già incamminata da anni nella direzione di un forte contenimento delle spese di personale (con una oscillazione intorno all’80% della propria dotazione ordinaria), ma continuando a primeggiare nelle valutazioni delle proprie performance sia per quanto attiene alla didattica che per quanto riguarda la ricerca. Ed è anche tra le Università sottofinanziate... Sono risultati, questi, che, se da un lato ci riempiono di legittimo orgoglio, sono costati non poca fatica e non pochi sacrifici. Ma sono risultati tangibili, e indiscutibili, di un «buon governo» dell’Ateneo che siamo fiduciosi verrà premiato nella nuova situazione che il «Patto per l’università e la ricerca» prefigura.
Vincenzo Milanesi