vari kataweb: Quel che serve è una riforma vera
I dati che fanno proporre al ministro della Pubblica istruzione Fioroni il ripristino degli esami di riparazione a settembre per gli studenti che non colmano i «debiti formativi», in realtà, più che su quegli studenti, la dicono lunga sullo stato della scuola
GIANFRANCO BETTIN
I dati che fanno proporre al ministro della Pubblica istruzione Fioroni il ripristino degli esami di riparazione a settembre per gli studenti che non colmano i «debiti formativi», in realtà, più che su quegli studenti, la dicono lunga sullo stato della scuola e, più in generale, della cultura italiana. A quarant’anni circa dalla «Lettera a una professoressa» di don Milani («la scuola ha un solo problema: i ragazzi che perde»), l’istituzione educativa più importante continua a non saper garantire la necessaria formazione ai suoi allievi, e neanche a saperli trattenere con profitto (e magari anche con piacere).
Fioroni depreca, giustamente, la troppo frequente inadepienza al debito accumulato da quasi la metà degli allievi. Di questi, poi, solo il 60 % frequenta i corsi di recupero e solo il 40 % con successo. E’ un dato allarmante, ma non nuovo. I «ragazzi che perde» sono da tempo, appunto, il problema centrale della scuola. Li si può perdere in modo traumatico, con le bocciature e con gli abbandoni, oppure in modo strisciante, perdendo non tanto i ragazzi e le ragazze ma la loro attenzione, la loro fiducia, la loro fantasia, la loro passione, espulse progressivamente e inesorabilmente dal cursus scolastico, dalla vita reale che fanno in classe e anche a casa con i libri e gli altri strumenti di studio e ricerca.
Il passaggio dalla scuola di elite alla scuola di massa non ha risolto questo problema, anche se ha posto le basi per una istruzione generalizzata, anche oltre la mera alfabetizzazione. La qualità di tale istruzione e soprattutto della relazione tra scuola e allievi conservano, però, e riproducono, tali criticità, acuite, in alcune discipline, dalla caratteristiche della tradizione culturale nostrana. Non è un caso se è soprattutto in matematica e in lingue straniere che si accumulano e non vengono saldati i debiti degli studenti. La carenza di vocazioni scientifiche e la difficoltà di assimilare le altre lingue viene da lontano e siamo ancora ben lungi dall’aver impostato una politica di riequilibrio.
Nella scorsa legislatura, col modernismo da straccioni e da ultrà strapaesani del liberismo che imperava, era in auge l’obiettivo delle 3 i: Inglese, Internet, Impresa. Il risultato è ora, desolante, sotto gli occhi di tutti. Di inglese e di internet i ragazzi e le ragazze si impratichiscono da soli, viaggiando per il mondo o nella rete. Quanto all’impresa, è ancora in gran parte un’avventura - una «impresa», appunto - che si tenta direttamente sul campo.
Gli esami di riparazione possono essere, come propone il ministro, uno strumento, come, in alternativa, possono esserlo i corsi pomeridiani o svolti in periodi in cui la scuola è in vacanza. Si studi la modalità più convincente. Ma la vera soluzione consiste in un percorso nuovo di modernizzazione, che integri in un nuovo equilibrio tradizione e innovazione, discipline umanistiche e scientifiche, valorizzazione e assimilazione della lingua nazionale (e di quelle locali) e apprendimento delle lingue del mondo, ma che soprattutto integri dovere e piacere, gusto della ricerca e senso della disciplina, spirito di avventura e metodo di studio. Insomma, una vera, radicale riforma.